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Virus e globalizzazione

Paradossalmente, contro la globalizzazione il germe di dimensioni infinitesimali fa molto di più e più in fretta di tutti i gruppi di Al Qaeda e dell’Isis messi insieme.

24 Febbraio 2020 da Pietro Ichino Lascia un commento

Una dozzina di anni fa assistei nella mia Facoltà alla conferenza di un politologo inglese che, per illustrare la vulnerabilità del processo di globalizzazione, propose l’ipotesi – all’epoca oggetto di riflessione da parte dei servizi USA e britannici – dello smarrimento di un ordigno atomico dell’esercito pachistano, delle dimensioni di uno scaldabagno. Sarebbe bastato un episodio relativamente modesto come questo, suscettibile di verificarsi anche solo in conseguenza di una banale disfunzione amministrativa, per paralizzare il commercio mondiale con i controlli ai quali ogni container, ogni autocarro, ogni stiva di nave e di aereo avrebbero dovuto essere sottoposti, in tutti gli scali di partenza e di arrivo, stante la possibilità che l’ordigno fosse caduto in mano a un gruppo di terroristi. Oggi, invece che un ordigno atomico è sfuggito al controllo un virus patogeno; e l’effetto rischia di essere molto più grave di quello del caso di scuola paventato dai servizi di intelligence. Paradossalmente, contro la globalizzazione il germe di dimensioni infinitesimali fa molto di più e più in fretta di tutti i gruppi di Al Quaeda e dell’Isis messi insieme: riesce a far ricostruire precipitosamente in pochi giorni frontiere e barriere di confine tra nazioni, anzi addirittura tra città di uno stesso Paese, per abbattere le quali ci sono voluti secoli. La speranza è che proprio questo risorgere improvviso di frontiere e barriere ci faccia percepire l’importanza del bene della libertà di movimento e di cooperazione senza confini, di cui ci eravamo assuefatti a godere. E ci spinga a dotarci dello strumento più efficace contro il virus: cioè di un organo di prevenzione sanitaria di livello continentale, dotato dei poteri e degli strumenti adeguati alla funzione, in attesa di poter fare altrettanto al livello mondiale con il necessario potenziamento dell’OMS. Perché mondiale è la dimensione del problema. Così il processo di globalizzazione uscirà dalla crisi più forte di prima.

 

 

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