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Solo Riformisti

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Era tutto previsto

La pandemia in atto ha messo in evidenza, in tutto il mondo, la scarsa preparazione dei leader. Eppure da anni negli USA studi e ricerche hanno individuato cosa si deve fare in casi del genere. Tutto inutile.

7 Aprile 2020 da Luciano Pallini Lascia un commento

Su Foreign Policy del 1° aprile 2020 Mark Perry ha scritto un articolo che non può che accrescere le preoccupazioni dei cittadini nei confronti della capacità dei loro leader e delle loro istituzioni ad assicurarne la difesa contro le pandemie, quale che sia la loro origine, spontanea o un atto di guerra. 
Il 22 giugno 2001,  qualche mese prima dell’attentato alle Torri gemelle,  politici di alto livello e importanti dirigenti dell’amministrazione USA si trovarono nella Base Aerea Militare  Andrews nel Maryland per una esercitazione, “Dark Winter”, che simulava un attacco con  armi biologiche – una epidemia mortale di vaiolo – contro gli Stati Uniti Stati: tra i partecipanti il senatore Sam Nunn (che interpretava il presidente), l’ex consigliere della Casa Bianca David Gergen (consigliere per la sicurezza nazionale)

Scopo della esercitazione era valutare come i leader avrebbero reagito a un simile attacco.

Dark Winter non è COVID-19, una malattia che si è inavvertitamente diffusa per contatto umano, ovviamente. Ma la ricaduta della pandemia di coronavirus ha una singolare  somiglianza con la simulazione: “i leader bloccati  dall’incapacità di affrontare una crisi che non avevano previsto processo decisionale nazionale guidato dai dati e competenze del settore medico e della sanità pubblica; opzioni di gestione limitate dalla diffusione rapida e imprevedibile della malattia (e da una scorta limitata di vaccini); un sistema sanitario che non ha la capacità di affrontare le perdite di massa; aumento delle tensioni tra autorità statali e federali; la rapida diffusione della disinformazione su cure e trattamenti per l’epidemia (l’unico modo per curare il vaiolo è non ottenerlo); la difficoltà di controllare i voli non previsti di civili dalle aree infette; turbolenze domestiche scatenate dall’incertezza politica (con sporadiche rivolte – represse dalle unità della Guardia Nazionale – nelle grandi aree urbane mentre i negozi di alimentari vengono chiusi); e una crescente dipendenza dalla volontà (e dalla riluttanza) dei singoli cittadini di auto-mettere in quarantena per fermare la diffusione del contagio”.

“Saremmo stati molto più a nostro agio con un attentato terroristico”, dichiarò   Nunn in seguito al Congresso

Di fatto l’obiettivo dell’esercitazione non era di predire il futuro ma di drammatizzare le questioni che dovevano essere affrontate dal governo federale durante una crisi sanitaria a livello nazionale:   ciò che inizia come un focolaio di vaiolo  a Oklahoma City e poi in altre due aree urbane densamente popolate si trasforma rapidamente in  una crisi che si estende  all’intera nazione ed al mondo. Ai  i confini statali si affollano  coloro che fuggono dalla malattia, Canada e Messico chiudono i loro confini con gli Stati Uniti e le nazioni straniere pongono restrizioni ai  dei cittadini americani. In questo scenario non c’è   il crollo della democrazia americana, ma le istituzioni democratiche sono messe a dura prova

In sintesi l’esercitazione mise in luce  la  mancanza di preparazione da parte del governo federale di fronte ad una crisi di sanità pubblica

E’ stata una anticipazione dei problemi con i quali si stanno misurando gli USA e gli altri paesi occidentali in questi primi mesi del 2020:  la non familiarità dei funzionari statali con problemi di salute pubblica e con le opzioni mediche disponibili per affrontarli; la  mancanza di informazioni  adeguate nei primi momenti della crisi (L’epidemia è localizzata? Quanti sono gli infetti? Dove si trovano? Quali risorse sanitarie sono disponibili per curarli?); una scarsa conoscenza di come funziona il  sistema sanitario e come l’assistenza medica viene effettivamente erogata; l’indecisione che circonda la portata  delle ordinanze di quarantena (dovrebbero essere volontari o richiesti? Dovrebbero essere locali, statali o nazionali? Come dovrebbero essere applicati?); la necessità di fornire un incremento della capacità di risposta per alleviare  la pressione sugli ospedali e sul personale sanitario  perché le forze armate  possono costruire ospedali rapidamente ma dove si trova il personale? Infine serve  agire rapidamente e con decisione per identificare il virus pericoloso  e, soprattutto, per identificare chi è infetto e chi no.

Le valutazioni tratte dalla esercitazione furono trasmesse alle figure chiave, tra questi il vicepresidente Dick Cheney, che alla presentazione (appena nove giorni dopo l’11 settembre) nel ebbe a dire “Questo è terrificante”,
Andrew Lakoff, professore di sociologia all’Università della California del Sud che ha studiato Dark Winter e il suo impatto, ha scritto  “Le lezioni della Dark Winter hanno plasmato la politica di preparazione biologica per i successivi  10 anni, ma è sempre difficile garantire che la preparazione si mantenga nel tempo.”

Lakoff   nel suo volume “Unprepared: Global Health in a Time of Emergency” dove  passa in rassegna le  risposte globali e nazionali alle epidemie,  dalla  SARS ad Ebola – ha dichiarato che è  preoccupante come  la crisi    simulata si sia oggi  riprodotta, in quella che  chiaramente non è una simulazione.

Un numero crescente di operatori sanitari, medici e politici citano non solo   Dark Winter ma altre quattro simulazioni condotte  negli ultimi due decenni che  avrebbero dovuto, evidentemente senza riuscirci, preparare funzionari pubblici per la pandemia di COVID-19.

  • ⎫ Nel 2005, “Atlantic Storm”, organizzato dal Center for Biosecurity presso il Medical Center dell’Università di Pittsburgh, ha simulato una pandemia internazionale  di vaiolo (al contrario dell’attacco terroristico interno al vaiolo previsto da Dark Winter).
  • ⎫ “The Pandaric SPARS 2025-2028”, condotto nel 2017, ha testato le risposte mediche allo scoppio di un nuovo coronavirus a St. Paul, Minnesota.
  • ⎫ “Clade X”, ospitato dal Johns Hopkins Center for Health Security nel 2018, ha simulato  un focolaio mondiale di coronavirus senza vaccino, destinato a preparare i funzionari dell’amministrazione Trump .
  • ⎫ Nell’ottobre 2019, “Event 201” ha simulato  una pandemia di nuovo coronavirus (“una pandemia di patogeni respiratori ad alto impatto”, come previsto dai suoi progettisti) che si è diffuso a livello globale come succede  attualmente con  COVID-19

Dell’ultima simulazione Event  201 è stato  si è molto parlato primo perché assai recente e poi perché promosso dalla Fondazione Bill & Melinda Gates: suo scopo era mettere in evidenza i problemi economici che una pandemia potrebbe causare.  Secondo la simulazione  “la pandemia (una malattia respiratoria che inizia in Brasile ma finisce per uccidere 65 milioni di persone in tutto il mondo) porterebbe a tensioni economiche fuori misura nelle catene di approvvigionamento mediche internazionali a meno che non vi fosse una più ampia cooperazione tra le organizzazioni sanitarie globali e il coordinamento tra i fornitori della catena di fornitura”.

La  risposta economica a un focolaio di coronavirus sarebbe stata ostacolata all’inizio  dalla mancanza di buone informazioni, che a loro volta avrebbero destabilizzato mercati e  generato instabilità monetaria.: una rappresentazione di quello che è successo con il Coronavirus.

Evidentemente i governi e la politica erano e sono in altre faccende affaccendati.

 

 

 

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Info Luciano Pallini

Laureato in Economia e commercio all’università di Firenze con il massimo dei voti e la lode, Luciano Pallini è stato dal 1970 al 1975 responsabile dell’Ufficio studi del Comune di Pistoia. Qui, dal 1975 al 1988, ha ricoperto diverse cariche elettive. Già componente del consiglio di amministrazione dell’Irpet e della S.a.t. “Galileo Galilei” di Pisa, svolge da trent'anni attività di consulenza alle imprese e di ricerca economica. Attualmente svolge attività di coordinamento del Centro studi Ance Toscana e del Centro studi della Fondazione Filippo Turati. Presiede inoltre l’associazione E.s.t. (Economia società territorio) con la quale realizza progetti di sviluppo basati sulle risorse locali, in particolare i beni culturali.

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