A partire dall’estate giornali e televisioni hanno cominciato a parlare della manovra di bilancio per il
- I media governativi (sempre di più) hanno elencato le prebende e le mance che il governo avrebbe
garantito per il prossimo anno. I media più vicini all’opposizione hanno ribadito la scarsezza dei fondi e
quindi le difficoltà per la spesa pubblica in sanità, istruzione, salario minimo e così via. Gli esponenti più
accorti dell’opposizione hanno anche rilevato il trucco perpetuato l’anno scorso dal governo con
interventi ad hoc per un solo anno, come la decontribuzione del cuneo fiscale e la riduzione dell’Irpef,
per riprodurre i quali nel 2025, o meglio per farli strutturali, richiedono circa 15 miliardi annui.
Nessuno o quasi indicava nella presentazione entro il mese del Piano strutturale di Bilancio alla
Commissione Europea il vero problema per la finanza pubblica italiana. Negli ultimi giorni si è cominciato
a presentarlo come un documento che sostituiva la Nota di Aggiornamento del DEF (NADEF) su cui
modellare la Legge di Bilancio per i prossimi tre anni. E poi ha preso la scena la sbornia dei decimali delle
revisioni ISTAT che potrebbero dare un po’ di fiato per il prossimo anno.
In realtà il PSB è qualcosa di diverso o del tutto nuovo in quanto scaturisce dalle nuove norme di
disciplina fiscale che l’Unione si è data. E’ un documento che impegna il governo, e il Parlamento che lo
approva dopo che è stato validato dalla CE, ad un piano di rientro dal debito di 4 anni, coerente con la
situazione di partenza del paese. Il piano sarà settennale per l‘Italia proprio per le difficoltà di partenza,
ma questo allungamento sarà concesso solo con un piano di riforme che ricalca quello del PNRR, ma con
provvedimenti più incisivi e operativi, decreti legislativi invece di fumose leggi delega.
Il piano di rientro sarà reso sostenibile dalla nuova Expenditure Rule, con un profilo di spesa pubblica
primaria (al netto di una serie componenti una tantum di natura congiunturale) che nel caso dell’Italia
prevede un tasso di crescita inferiore al tasso di crescita strutturale per ognuno dei sette anni. Basta fare
un po’ di conti con i livelli di crescita degli ultimi anni per capire che il piano impegnerà questo governo,
con una serie di spending review, fino alla fine della legislatura. Il prossimo governo, dopo le elezioni, lo
prenderà in carico o lo modificherà ma con opportune argomentazioni verificate dalla Commissione. Il
prossimo Consiglio dei Ministri sarà dedicato a questo documento, vedremo che risonanza avrà.
Torneremo sul PSB dopo la sua approvazione per analizzarlo con più dettagli.
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