Il saggista e storico Maxim Tandonnet su Le Figaro di oggi, 11 settembre, invita ad una lettura più attenta della decisione del Presidente Macron di nominare come primo ministro Michel Barnier, contestata perché non avrebbe legittimazione democratica, in quanto non rispettosa dell’aritmetica della rappresentanza parlamentare.
Non è la prima volta che in Francia un Primo Ministro (o Presidente del Consiglio) non è conforme alla volontà popolare espressa nelle elezioni per l’Assemblea Nazionale.
Nelle elezioni per l’Assemblea Nazionale. del 30 giugno e del 7 luglio 2024 la coalizione di sinistra (Nuovo Fronte Popolare) ha il maggior numero di parlamentari (183), davanti a Ensemble (168) e il Rassemblement National (143). Pur restando assai lontana dalla maggioranza assoluta (289 parlamentari), la sinistra unita ha rumorosamente rivendicato il suo diritto ad indicare un primo ministro espressione di quella parte politica. Si aggiunge a questo il fatto che il primo ministro nominato viene da una formazione, i repubblicani (LR), che, con una cinquantina di deputati, rappresentano meno di un decimo dell’Assemblea Nazionale…
Nella storia della democrazia francese, i rapporti di potere espressi nelle elezioni legislative non sempre condiziona la scelta del primo ministro.
Tandonnet fa riferimento a tre casi.
Il primo si verificò proprio 100 anni fa: l’’11 e il 25 maggio 1924, il cartello delle sinistre che riuniva i radicali e il SFIO (Partito socialista), aveva ottenuto una netta maggioranza parlamentare con 266 seggi contro 229 per il centro-destra. Ma due anni dopo, “di fronte alla crisi finanziaria e al fallimento di diversi presidenti del Consiglio di sinistra, il presidente Gaston Doumergue, senza alcun riguardo per l’equilibrio politico iniziale della Camera, nominò il conservatore Raymond Poincaré, con l’obiettivo di una politica di ripresa nazionale, primo ministro che durò fino al maggio 1932.
Più vicino nel tempo, le prime elezioni legislative della Quarta Repubblica si tennero il 10 novembre 1946. I risultati videro prevalere il Partito Comunista e i suoi alleati con 182 deputati, davanti al MRP (centrista), con 162, e infine, al terzo posto, il SFIO (Partito Socialista) con 102. Tuttavia, la designazione a capo del governo designato non toccò al comunista Maurice Thorez, o al l centrista Georges Bidault, ma a Léon Blum della SFIO (seguito all’inizio del 1947 da Paul Ramadier, dello stesso partito). Leon Blum, padre fondatore del socialismo liberale francese non ebbe il minimo dubbio sulla propria legittimità democratica: “Infatti, in una assemblea frammentata (come oggi), anche se la sua formazione era una minoranza, ha incarnato il punto di equilibrio permettendo l’esistenza di un governo perenne o meno precario possibile”
Il ritorno del generale de Gaulle nel 1958 in parte ha qualche somiglianza con la situazione attuale, senza voler mettere sullo stesso piano le circostanze, allora segnate da un alto livello di drammatizzazione. “Quando il presidente Coty inviò Charles de Gaulle a presidente del Consiglio il 30 maggio 1958, nel bel mezzo della guerra algerina e al culmine della crisi del regime, il generale era ben lungi dall’avere la maggioranza a priori nell’Assemblea nazionale. Solo 22 cosiddetti deputati repubblicani “sociali” dell’RPF erano stati esplicitamente eletti con un’etichetta gollista” Eppure l’arrivo del generale a Matignon si aprì la strada a un cambio di repubblica e una nuova era nella storia politica francese ( e per non farsi mancar nulla Il segretario generale del Pci Palmiro Togliatti pensava che de Gaulle ponesse le basi di una deriva autoritaria, eventualmente di un vero e proprio fascismo alla francese)
E quindi la nomina di Michel Barnier rientra nella tradizione storica e parlamentare nazionale. La legittimità democratica non è mai limitata al conteggio aritmetico del solo numero di voti (lo sappiamo bene in Italia, dove abbiamo avuto un Presidente del Consiglio- Giovanni Spadolini – espressione di un partito, il PRI, che aveva il 3% dei voti. La legittimità democratica si deve accoppiare con la legittimità storica, legata alle circostanze. Tandonnet conclude che “la scelta originale dell’attuale Primo Ministro non riflette una volontà popolare. Lo spiegano le circostanze di una crisi politica e sociale eccezionalmente grave. La sfida per Michel Barnier è trasformare questa legittimità storica, dall’ordine degli eventi alla popolarità popolare. La chiave del successo è la sua capacità di rassicurare con la sua personalità, di voltare pagina di un’era di SFRENATA comunicazione narcisistica, di offrire un volto radicalmente diverso dalla politica, di intraprendere le riforme attese dei francesi in materia di sicurezza, immigrazione, scuola, finanza e servizi pubblici: in breve, come Poincaré nel 1926, Blum nel 1946 o de Gaulle nel 1958, per ripristinare il legame con il popolo”
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