• Passa alla navigazione primaria
  • Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
  • Accesso autori
  • Utilizzo dei Cookies
  • Privacy Policy

Solo Riformisti

Uno spazio aperto al confronto, civile e concreto, e un’occasione di riflessione. Per restare ancorati alla realtà, senza rinunciare agli ideali, per rifiutare le posizioni ideologiche, per riaffermare i valori democratici.

  • Solo Riformisti
  • Gli autori
  • Politica
  • Economia
  • Esteri
  • Cultura
  • Opinioni
  • Programma Toscana
  • Archivio articoli

Ma la globalizzazione è finita?

La sempre più netta divaricazione tra economia e politica rischia di pregiudicare una prospettiva di progresso. In Europa, soprattutto, il pericolo di una ripresa dei nazionalismi può comportare una regressione di non poca portata.

1 Maggio 2023 da Amedeo Lepore Lascia un commento

Il Financial Times ha osservato che le tensioni geopolitiche e il crescente protezionismo minacciano le prospettive dell’economia globale, rimodellando gli investimenti e gli approvvigionamenti mondiali, inibendo la produzione di ricchezza e procurando una maggiore instabilità finanziaria. Secondo la Banca Mondiale, poi, il disaccoppiamento tecnologico tra Occidente e Oriente e le restrizioni commerciali stanno nuocendo all’elaborazione delle conoscenze e al trasferimento delle innovazioni nei due emisferi. In questo quadro, tuttavia, è improprio sostenere che la globalizzazione sia finita. Oltre un secolo fa, prima della Grande Guerra, Norman Angell – un giornalista britannico, divenuto Nobel per la pace in ragione delle sue idee – scriveva che le interdipendenze economiche e finanziarie, nonché i movimenti di persone, beni e servizi, alla base della prima globalizzazione, avevano creato un complesso intreccio di relazioni internazionali. Perciò, “un’alterazione d’affari a New York provoca subito un disordine finanziario a Londra, e se grave, obbliga i finanzieri londinesi a cooperare d’accordo con quelli di New York per porre fine alla crisi: e questo non per altruismo, ma da parte di ognuno per la necessità commerciale di proteggere sé stesso”. Il brano proseguiva mettendo in risalto come questa condizione derivasse dall’impiego degli strumenti offerti dalle tecnologie dell’epoca: “la rapida posta, la diffusione istantanea di notizie finanziarie e commerciali per telegrafo, l’incredibile, universale progresso nella celerità delle comunicazioni che ha posto una mezza dozzina delle capitali di Europa in più stretto contatto finanziario, e le ha rese ben più dipendenti l’una dall’altra”. Nonostante ciò, l’umanità precipitò in un conflitto mondiale, provocato dall’insorgenza sempre più forte dello sciovinismo e della sete di conquista in seno al continente europeo. Dopo di allora, gli effetti dell’interruzione dei rapporti internazionali e delle distruzioni belliche cambiarono il volto del mondo, facendolo diventare torvo e chiuso. Nella contingenza attuale, si può riproporre uno scenario analogo? Innanzitutto, la globalizzazione più recente è diversa da quella della seconda metà dell’Ottocento, fondata sull’imperialismo europeo e caratterizzata da costi più elevati, che la rendevano un fenomeno espressione in gran parte di élites. Inoltre, nonostante la seria contrapposizione in atto, dovuta all’invasione russa dell’Ucraina e al “disaccoppiamento” tra Stati Uniti e Cina, gli scambi mondiali hanno ripreso il loro corso dopo la pandemia e la crisi energetica. In particolare, come ha notato Joseph S. Nye Jr. dell’Università di Harvard, la riduzione dei flussi commerciali da e per la Cina è meno sensibile di quanto appaia. Le importazioni degli USA dal Paese di Mezzo sono aumentate del 6% rispetto a quelle pre-COVID, mentre la loro diminuzione di quattro punti tra il 2018 e il 2022 è stata ampiamente compensata da transazioni – spesso originate dalla Cina – intermediate da Vietnam, Bangladesh e Thailandia, che si sono innalzate più dell’80%. Basterebbero queste cifre, per indicare che la globalizzazione non si è conclusa, ma si è disposta quasi ad arcipelago, ripercorrendo temporaneamente la strada tracciata dall’economia-mondo di Fernand Braudel. Si tratta, infatti, dell’economia di una parte del nostro pianeta, capace di dimostrarsi autosufficiente in quanto dotata di propri meccanismi di funzionamento e formata da un universo in sé compiuto, complementare a quello di altre parti di un mondo gerarchizzato “in un ordine geograficamente disegnato”. Questa configurazione, tuttavia, si presenta come una fase di passaggio verso una riglobalizzazione selettiva, in grado di contemperare la riorganizzazione degli assetti geopolitici e il rilancio delle interdipendenze economiche internazionali con un legame inedito tra intervento pubblico e mercato. Questa è una delle possibilità che si aprono al futuro dell’umanità. Eppure, la sempre più netta divaricazione tra economia e politica rischia di pregiudicare una prospettiva di progresso. In Europa, soprattutto, il pericolo di una ripresa dei nazionalismi e di una disarticolazione del quadro unitario maturato in risposta alle ultime crisi può comportare una regressione di non poca portata. L’aspetto più preoccupante non risiede solo nell’involuzione del contesto politico, ma nella diffusione di una cultura di esasperato individualismo, di un’aggressività sociale e di una rincorsa a posizioni di micropotere, a scapito di valori condivisi e di un disegno collettivo. Il Direttore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini, in un ampio e approfondito intervento su “Globalizzazione e frammentazione”, ha evidenziato che elementi di frattura iniziano a essere percepibili, portando a un rallentamento della globalizzazione (slowbalisation), scaturito anche da “un graduale cambio di rotta delle politiche, che nei paesi avanzati sono divenute meno incondizionatamente favorevoli alla libera circolazione di beni e persone”, sebbene sullo scenario mondiale “la riduzione della disuguaglianza realizzata negli ultimi decenni è stata in realtà straordinaria e il contributo della globalizzazione a questo fenomeno innegabile”. La scelta dell’Unione Europea, condivisa dall’Italia, di predisporre un indirizzo di autonomia strategica aperta potrebbe contrastare il processo di scomposizione che sembra delinearsi sul versante politico, ma potrebbe non essere sufficiente senza una riproposizione più generale del multilateralismo e della cooperazione tra continenti e nazioni diverse tra loro. Sempre la Banca Mondiale ha sottolineato che, nella cornice odierna, occorre “uno sforzo politico collettivo di tipo erculeo per riportare la crescita nel prossimo decennio alla media del precedente”. All’altezza di problemi di questa dimensione si deve collocare l’impegno per comporre la scissione incombente tra politica ed economia e il tentativo di evitare all’umanità un destino drammatico, frutto dell’incertezza e della disgregazione, come quello della prima parte del Novecento.

(questo articolo, già pubblicato dal quotidiano Il Mattino, è ripreso con il consenso dell’autore)

Condividi:

  • Tweet
  • WhatsApp
  • Stampa

Archiviato in:Economia

Info Amedeo Lepore

Professore Ordinario di Storia Economica presso il Dipartimento di Economia dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, dove è titolare dei corsi di Storia Economica, di Storia dell’Impresa e della Finanza, di Evoluzione del Capitalismo, delle Tecnologie e della Finanza. È docente di Storia dell’Economia e dell’Impresa alla Luiss Guido Carli di Roma. Ha svolto insegnamenti in diverse Università italiane e straniere. È componente del Consiglio di Amministrazione e della SVIMEZ (Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno). È socio dell’Accademia Pontaniana, nella Classe di Scienze Morali. Fa parte di Comitati scientifici e di Redazione di varie riviste nazionali e internazionali. Ha ricevuto riconoscimenti internazionali per la sua attività di studio e di ricerca. Ha pubblicato volumi e saggi, in Italia e all’estero, su temi riguardanti la storia economica italiana ed europea; la storia d’impresa, della contabilità e del marketing; la storia del pensiero economico. I suoi attuali ambiti di ricerca riguardano la storia dell'economia euro-atlantica, il processo di globalizzazione nei suoi vari aspetti, l’impatto sull’economia della pandemia di Covid-19, l'evoluzione dell'impresa, la storia del dualismo economico italiano. Ha svolto anche ruoli istituzionali legati alle sue competenze economiche, da ultimo come Assessore alle attività produttive della Regione Campania.

Post precedente: « Anatre putiniane
Post successivo: Chi ha paura della Borsa? »

Interazioni del lettore

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Barra laterale primaria

Iscrizione alla newsletter SoloRiformisti

Inserendo i propri dati sarà possibile ricevere la nostra newsletter nella propria casella di posta elettronica.

Bastian contrario

Il tema

1 Giugno 2023 | Il Bastian Contrario

Ci piace portare insieme ai nostri amministratori il PD verso un futuro che, grazie anche alle nuove norme europee, sempre di più investa e costruisca dei cicli positivi, diciamo, della circolarità uscendo dal modello lineare. E’ questo il tema.

Ah, ecco…

(by Elly Schlein)

A tutto debito

29 Maggio 2023 | Il tocco di Alviero

Italia una Repubblica fondata sul debito pubblico

11 Maggio 2023 | Il tocco di Alviero

Il vitello d’oro

24 Aprile 2023 | Il tocco di Alviero

Everything everywhere all at once

27 Marzo 2023 | Il tocco di Alviero

Il paradosso ecologico della guerra

13 Marzo 2023 | Il tocco di Alviero

La trappola di Tucidide

24 Febbraio 2023 | Il tocco di Alviero

Per un pugno di PIL

13 Febbraio 2023 | Il tocco di Alviero

Salvi per un PIL

30 Gennaio 2023 | Il tocco di Alviero

Goodbye 2022 non ci mancherai

18 Gennaio 2023 | Il tocco di Alviero

Per chi suona la campanella

16 Dicembre 2022 | Il tocco di Alviero

Ultimi commenti

  • Luigi su Sanità pubblica, cosa non funziona
  • Giulio Di Donato su Lettera aperta a Carlo Rovelli
  • Silvano su Italiasicura, le “fake news” grilline
  • Maria Acomanni su Italiasicura, le “fake news” grilline
  • Giorgio Linguaglossa su Lettera aperta a Carlo Rovelli
  • Silvano Dalpasso- Urbanista territorialista su Cattolici e Partito Democratico
  • Il macigno del debito pubblico - Rinascimento Europeo su Il macigno del debito pubblico
  • Maria Acomanni su Da promessi a falliti sposi
  • Gloria Pianigiani su Partito unico liberaldemocratico: la pazienza è finita
  • Maria Acomanni su Partito unico liberaldemocratico: la pazienza è finita
SoloRiformisti.it. Periodico di area riformista del Circolo SoloRiformisti. | E-Mail: redazione@soloriformisti.it