La forza delle parole è devastante. Prendiamone una, il neoliberismo, e cioè (recita la Treccani) “l’indirizzo del pensiero economico che si oppone alla riduzione della libertà di mercato operata dalle concentrazioni monopolistiche e dall’intervento statale”. Thatcher e Reagan, per intendersi.
Il neoliberismo, dicono i “saggi” chiamati da Enrico Letta al capezzale del Pd, è all’origine di tutti i mali, il motore della diseguaglianza, lo spietato meccanismo che arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri. Il neoliberismo, aggiungono, è stato il cancro della sinistra. Averlo adottato, dai tempi della rifondazione veltroniana del Pd, è la causa del suo declino.
Parole intellettualmente disoneste. La verità è che la sinistra italiana non è mai stata neoliberista. E che anzi l’Italia stessa non è mai stata neoliberista, nè liberista, nè liberale. Non l’Italia di Mussolini, che inventò il corporativismo. Non l’Italia democristiana, che ha spesso covato, da Dossetti in poi, un’anima anticapitalistica e “terzaforzista”. Non l’Italia berlusconiana, che era stata costruita da un tycoon monopolista.
E perciò non è neoliberista, nè liberista, nè liberale l’Italia di oggi, dove la Cassa Depositi e Prestiti ha le mani in pasta dappertutto, dove i servizi locali restano rigorosamente pubblici (e inefficienti), dove guai a parlare di concorrenza nella scuola, nella previdenza, nella sanità e perfino negli stabilimenti balneari.
Queste sono le verità che i “saggi” fingono di ignorare. Hanno trovato un nemico – una parola – e credono che tanto basti alla sinistra per ritrovare i propri elettori
(articolo pubblicati su nagora laboratorio di idee e ripreso con il consenso dell’autore)
Sergio
certamente un Paese ingessato con la propensione ad avere sempre qualcuno che gli risolve i problemi.
Andrea
Non tutti e non sempre..