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Solo Riformisti

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La crisi pandemica e il divario Nord-Sud

La ripresa dovrà essere necessariamente inclusiva e all’insegna della coesione sociale e della convergenza territoriale per evitare che l’attuale crisi aumenti le diseguaglianze sotto tutti i punti di vista: tra persone, tra generazioni, tra territori. Articolo scritto con Marco Pini.

5 Dicembre 2020 da Valentina Meliciani 1 commento

Il rapido diffondersi dell’epidemia da Covid-19 ha portato una considerevole riduzione dell’attività economica e una forte crisi che ha colpito non solo l’Italia ma tutto il mondo. Nel nostro Paese, tuttavia, la crisi rischia di avere ripercussioni profonde non solo sull’economia nazionale, ma anche sul divario Nord Sud. A questo proposito, una lettura congiunta di alcune caratteristiche peculiari del Mezzogiorno, delle conseguenze differenziate sul territorio della prima serie di chiusure di marzo-aprile 2020 e dell’evoluzione dei divari territoriali in Italia nel periodo successivo alla crisi del 2008 ci inducono a pensare che, in assenza di appropriati interventi di politica economica, il divario Nord-Sud sia destinato a crescere ulteriormente.

L’arresto della produzione nei due mesi di marzo e aprile 2020 ha colpito in modo più marcato il Nord rispetto al Mezzogiorno (Tabella 1). Le imprese con una riduzione del fatturato di oltre il 10% nel bimestre marzo-aprile 2020 rispetto al bimestre marzo-aprile 2019 sono state il 71,7% nel Nord-Ovest, il 68,2% nel Nord-Est, il 69,4% nel Centro a fronte della percentuale più bassa riscontrata nel Sud (64,4%). Tuttavia, una serie di indicatori di “reazione” alla crisi ci suggeriscono che la resilienza è maggiore al Centro-Nord rispetto al Sud Italia. In particolare, una maggiore percentuale di imprese ha ripreso l’attività dal 4 maggio al Nord e al Centro (più del 40%) rispetto al Sud (il 35%), mentre è più elevata al Sud la percentuale di imprese cessate o che non prevedono di riprendere l’attività entro la fine dell’anno (3,8% contro valori intorno al 2% nel Nord). Inoltre, molte più imprese localizzate al Nord hanno saputo sfruttare la crisi come occasione di cambiamento e riorganizzazione favorendo l’accelerazione della transizione digitale e innovando. Tutto questo ci fa pensare che gli effetti di lungo periodo della crisi saranno più profondi e duraturi nelle regioni meridionali. Le recenti previsioni SVIMEZ (contenute nel Rapporto 2020) indicano una ripresa economica già nel 2021 decisamente più forte nel Centro-Nord rispetto al Mezzogiorno (+4,5% vs +1,2%).

Ma, guardando al recente passato, cosa è accaduto al divario Nord-Sud in seguito alla crisi del 2008-2009? Pur essendo questa crisi profondamente diversa dalla precedente sotto diversi aspetti (la precedente crisi del 2008 è nata nel settore finanziario americano e si è propagata al resto dell’economia globale incidendo sulla domanda, mentre la crisi attuale colpisce un numero maggiore di Paesi ed ha inciso prima sull’offerta, attraverso la chiusura forzata delle attività produttive, e poi sulla domanda in seguito alla diminuzione dei redditi e al forte peggioramento del clima di fiducia in generale), può essere utile osservare come la crisi del 2008-2009 abbia invertito la tendenza del divario Nord-Sud: fino ad allora in tendenziale, seppur modesta, riduzione da almeno la metà degli anni ‘90, per poi crescere negli anni successivi alla crisi, anche se con delle oscillazioni. Il grafico che mostra l’evoluzione del divario Nord-Sud in termini di PIL pro capite (Figura 1) ci suggerisce che nei momenti di recessione le aree più arretrate sono anche le meno resilienti e corrono il rischio di subire le ripercussioni maggiori soprattutto in un’ottica di medio e lungo termine. Oltre a questa considerazione, due fattori di debolezza potrebbero giocare a sfavore della ripresa nel Mezzogiorno: la percentuale di lavoratori irregolari (18% al Sud contro circa il 10% al Nord) e il digital divide (la quota di imprese con un livello di digitalizzazione basso o molto basso supera l’80% nel Sud d’Italia). In risposta all’eccezionalità della crisi pandemica il governo italiano, così come i governi degli altri paesi europei, ha messo in campo misure eccezionali a sostegno di imprese e lavoratori, ma queste hanno raggiunto principalmente i lavoratori regolari. Ci si aspetta, dunque, un incremento della povertà al Sud dove la percentuale di famiglie in povertà relativa aveva già superato la soglia del 20% nel 2019, il doppio rispetto alla media nazionale (21,1% contro 11,4%). La crisi attuale, inoltre, dovrebbe accelerare l’adozione da parte delle imprese di modelli organizzativi che sfruttano le tecnologie digitali e le imprese del Mezzogiorno potrebbero non essere pronte a cogliere questa opportunità.

Come evidenziato dal Next Generation EU, la ripresa dovrà essere necessariamente inclusiva e all’insegna della coesione sociale e della convergenza territoriale per evitare che l’attuale crisi aumenti le diseguaglianze sotto tutti i punti di vista: tra persone, tra generazioni, tra territori. Alla luce dei gap evidenziati del Sud rispetto al Nord, oltre alle più tradizionali forme di redistribuzione della ricchezza di contrasto alla povertà, sono soprattutto gli investimenti e, in particolare quelli nella digitalizzazione, a rappresentare la leva essenziale e determinante per far sì che l’attuale opportunità offerta dalle nuove tecnologie sia un’occasione per garantire una crescita di medio-lungo termine che restringa i divari territoriali. Dalle infrastrutture agli incentivi agli investimenti in tecnologie digitali da parte delle imprese, con un’attenzione particolare alle aree meno sviluppate, perché le simulazioni realizzate dalla SVIMEZ nel suo ultimo Rapporto (2020) sull’economia del Mezzogiorno mettono in evidenza come una ripartizione delle risorse del Next Generation EU in base al trend storico (22,5% del totale nazionale) non  sarà sufficiente a restringere i divari territoriali in termini di crescita, sia di breve che di lungo periodo (si avrà convergenza territoriale nell’ipotesi del 34% e ancor di più in quella del 50% delle risorse destinate al Mezzogiorno). L’impulso agli investimenti nelle nuove tecnologie dovrà necessariamente essere accompagnato anche da misure che incentivino gli investimenti delle imprese in formazione altrimenti la forbice Nord-Sud potrebbe allargarsi inesorabilmente, con il rischio di disperdere sforzi e risorse economiche.

(articolo pubblicato su LUISS OPEN 27 novembre – 3 dicembre 2020.Ripreso su autorizzazione della Prof.ssa Meliciani)

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Archiviato in:Redazionale

Info Valentina Meliciani

Professore ordinario di Economia applicata presso il Dipartimento di Impresa e Management dell’Università LUISS Guido Carli di Roma. Direttore del PhD in Management presso l’Università LUIS Guido Carli di Roma

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Domenico dice

    6 Dicembre 2020 alle 16:06

    Sta avvenendo che per diminuire la differenza Nord-Sud si stia rallentando il Nord, cosa che è molto più facile che aumentare il reddito del Sud (e non per colpa di molti abitanti del Sud).

    Rispondi

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