Nei giorni immediatamente successivi alle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo sono iniziate le consuete e frenetiche trattative tra le forze politiche per definire i futuri assetti del governo dell’Unione Europea (UE). Nel Consiglio Europeo del 27 e 28 giugno dovrebbero essere approvati i vertici delle principali istituzioni (i cosiddetti Top Jobs) e cioè i presidenti della Commissione Europea, del Consiglio Europeo e l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza. Poi sarà la volta dei membri della Commissione Europea, che svolge l’effettiva funzione esecutiva, e prenderà compiutamente forma il governo dell’UE per la legislatura 2024-2029.
La maggioranza che ha governato nella precedente legislatura, composta da Popolari, Socialisti e Liberali, è uscita rafforzata dalle urne ma ciò è dipeso solo dalla crescita del Partito popolare europeo che ha più che compensato il calo dei socialisti di Scholz e dei liberali di Macron. Inoltre si è avuta una generalizzata avanzata delle destre.
Si pone quindi la domanda: con quale maggioranza dovrebbe essere governata l’UE? Anche con l’apporto dei conservatori guidati da Giorgia Meloni?
Nella campagna elettorale che si è appena conclusa i partiti politici hanno presentato i loro manifesti programmatici e i rispettivi leader hanno assunto precisi impegni con l’elettorato. Per esempio, la Presidente Meloni ha esplicitamente dichiarato che i conservatori non avrebbero mai fatto parte di una maggioranza inclusiva dei socialisti, auspicando la formazione, in Europa, di una maggioranza analoga a quella italiana composta da partiti di centrodestra. Una simmetrica intenzione hanno espresso gli esponenti del partito socialista e democratico escludendo, a priori, la formazione di intese con le destre, mentre i responsabili del Partito popolare europeo hanno assunto una posizione più interlocutoria erigendo comunque un muro nei confronti della destra estrema. Non solo. I conservatori hanno chiaramente espresso l’idea di un’Europa confederale che mantiene, sostanzialmente, il potere di veto degli Stati nazionali e hanno auspicato una drastica revisione del Green Deal mentre le forze della precedente maggioranza, sia pure con sfumature diverse, hanno confermato la preferenza per un’Europa sempre più federale, che riduce il potere di veto degli Stati nazionali e rinnova, ma non abiura, il Green Deal.
Dopo le elezioni, com’era prevedibile, i toni sono cambiati. In particolare, la Presidente Meloni ha rivendicato un ruolo maggiore dell’Italia nel governo europeo. Non è chiaro a cosa si riferisse. Le indiscrezioni giornalistiche evocano la nomina di un commissario di peso o una maggiore tolleranza nella procedura di infrazione per deficit eccessivo che sarà presto attivata. In ogni caso è un errore evocare la difesa dell’interesse nazionale. E non perché sia sbagliato tutelare l’interesse nazionale ma perché il modo peggiore per farlo è sbandierarlo. Riflettiamo solo un attimo. L’EU è un’istituzione sui generis composta da 27 Stati. Se ognuno dovesse assumere quella posizione, sarebbe il caos e la distruzione della casa comune. I membri della Commissione Europea non rappresentano i singoli interessi nazionali ma il comune interesse europeo, che consiste poi nell’armonizzare i distinti interessi nazionali. L’articolo 17, par. 1, del Trattato sull’Unione Europea, lo afferma solennemente: “La Commissione promuove l’interesse generale dell’Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine”. È nell’interesse dell’Italia ridurre il deficit pubblico eccessivo, utilizzare i fondi europei del PNRR per finanziare investimenti produttivi, avere una Banca centrale che preserva la stabilità dei prezzi scongiurando l’inflazione (la tassa peggiore, che colpisce soprattutto i poveri), predisporre una politica europea di aiuto allo sviluppo economico dell’Africa, avere una gestione comune dei flussi migratori, e così via. L’unico modo per difendere l’interesse nazionale è rafforzare (e non indebolire) le istituzioni europee.
Con quale maggioranza governare dunque l’UE? Con una maggioranza di veri e sinceri europeisti, disposti a proseguire nel lungo e difficile processo di costruzione di un’Europa sempre più “unita nella diversità” e fedele ai complementari principi di solidarietà e sussidiarietà. La Presidente Meloni, con onestà intellettuale, dovrebbe mantenere gli impegni assunti in campagna elettorale restando fuori da una maggioranza che comprende socialisti e democratici, consapevole che le istituzioni europee avranno comunque a cuore le sorti dell’Italia, come di ogni altro Paese. Oppure potrebbe intraprendere un cammino di avvicinamento alla prospettiva europeista allontanandosi dalla riva destra di un nazionalismo che tanto male ha fatto all’Italia e all’Europa.
Antonio Magliulo
Marco Vedovato
Concordo sul giudizio di fondo : La Meloni dovrebbe restare fuori dalla nuova maggioranza, per 2 motivi:
il primo per essere conseguente alle dichiarazioni pre elettorali.
il secondo perché restando fuori non si comprometterebbe con l’inevitabile insuccesso delle politiche europee.
la crescita di questa Europa di socialisti è popolari cresce (pil) costantemente meno del resto del mondo evidenziando un declino.
il fortino socialistialisti/popolari è destinato ad essere sempre più piccolo, e l’uomo destre fuori a crescere.
Luciano
prova