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L’autonomia differenziata e la Toscana

Non è saggio disarticolare un Paese ma è fondamentale rappresentare unitariamente una pluralità di condizioni e di culture da governare promuovendo eguaglianza diffusa e parità di chances. Se il gioco si fa duro, la Toscana assuma una funzione moderatrice

18 Gennaio 2023 da Roberto Barzanti Lascia un commento

Le valutazioni circa la possibilità di conferire alle Regioni a statuto ordinario che lo richiedano un’autonomia differenziata, o rafforzata, comprensiva di molte delle competenze – e al limite di tutte quelle elencate come concorrenti all’azione statale nell’ art. 117 della Costituzione – suscitano motivate perplessità e aspre polemiche, spesso interne alle varie formazioni politiche e a strati di opinione pubblica difensori a spada tratta del dettato costituzionale. Lasciando gli approfondimenti indispensabili all’animato confronto tecnico sui contenuti e sulle procedure decisionali, è utile soffermarsi sugli effetti probabili che si avrebbero se gli orientamenti formulati nella proposta del ministro Calderoli fossero attuati al massimo delle loro potenzialità. Già, perché preliminarmente è doveroso osservare (comma 3 dell’art.116) ) che si tratta di una facoltà accordata alle Regioni di richiedere il rafforzamento della loro produzione legislativa in taluni settori peculiari e non di un obbligo generalizzato di rendere speciale ogni Regione. Si sa che l’eventualità offerta a seguito della pasticciata riforma del 2001 è stata già colta da Lombardia e Veneto (con tanto di referendum) e che l’Emilia-Romagna l’ha fatta propria in modo più morbido e controllabile. Ora siamo ad una svolta, perché con il governo Meloni le ambizioni di stampo leghista sono state rilanciate, se non altro per conquistare una visibilità appannata e riproporre un obiettivo che si presta a varie declinazioni. È in sintonia con la fase politico-istituzionale che stiamo affrontando? Quali i vantaggi e quali i rischi? Per abbozzare una risposta seria sarebbe opportuno tracciare un bilancio del regionalismo per come si è andato concretizzando lungo l’arco ultracinquantennale dal suo esordio. Le tensioni esplose nel definire le misure antipandemiche non sono state certo un esempio di chiara divisione dei compiti e di efficace armonia operativa. Fatto è che, invece di smantellare il deprecato centralismo, le Regioni in genere hanno moltiplicato spinte e velleità di una subcentralizzazione di poteri che ha introdotto rallentamenti e filtri. Quanto alla Toscana, ad un primo elenco di una decina di ambiti per i quali  irrobustire la sua potestà legislativa, fa ora seguito l’enfasi posta su due questioni. Il presidente Giani ha dichiarato recente di insistere su due settori: i beni culturali e la geotermia, teorizzando che la Toscana detiene il 25% del patrimonio di beni culturali italiani. Vanto inaccettabile, perché la nozione amplificata a dismisura di bene culturale non consente affatto di dare base scientifica al  dato sbandierato boriosamente. E sarà da precisare che tra le rivendicazioni non ci dovrà essere la tutela, a meno che non si voglia inventare una via arlecchinesca dotata di criteri variabili a piacere. È evidente che la richiesta scaturisce da quel fastidio per le indicazioni soprintendenziali percepite come prescrizioni per creare solo ostacoli anziché concordati principi da osservare. Si è pire detto che l’autonomia differenziata è di sinistra. Anche in ciò bisognerà intendersi. Certo: di per sé, se attuata con parametri equitativi (con Livelli Essenziali di Prestazioni) e solidali nell’allocazione delle risorse, una maggiore autonomia non ha effetti secessionistici o volgarmente disgreganti. Ma incombono pericoli innegabili. L’eccesiva e impropria partiticizzazione dei governi regionali è sotto gli occhi di tutti, con le competizioni elettoralistiche conseguenti: quasi che ogni Regione dovesse essere una sorta di egoistica lobby territoriale. In un quadro globalizzato – anche se in modi parzialissimi e squilibranti – il problema è di costituire, in Europa, statualità contrassegnate da una convinta coesione interna. Non è saggio né tempestivo disarticolare un Paese o una nazione – se il lemma è più gradito –, ma è fondamentale rappresentare unitariamente una pluralità di condizioni e di culture da governare promuovendo eguaglianza diffusa e parità di chances. Se il gioco si fa duro e la cosiddetta autonomia differenziata diviene un irto passaggio ampiamente sostenuto, la Toscana assuma una funzione moderatrice. E si opponga a irrigidimenti e controversie che trasformerebbero una Repubblica rispettosa delle differenze in uno  Stato che allarga e sancisce storici, incolmabili  divari.

(questo articolo, pubblicato dal “Corriere Fiorentino” del 17 gennaio 2023, è ripreso con il consenso dell’autore)                                                                                                                    

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Info Roberto Barzanti

Roberto Barzanti (n. 1939) iscritto nel 1957 al Partito Socialista Italiano, dirigente della Federazione Giovanile Socialista Italiana, quindi membro del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria fin dalla sua fondazione nel 1964. Dal 1974 è esponente del Partito Comunista Italiano, del PDS, dei DS e pur aderendo alla prospettiva disegnata a Torino da Walter Veltroni nel giugno 2007 non confluì, nel successivo ottobre, nel Partito Democratico. Né ha fatto parte di altre formazioni politiche
È stato sindaco di Siena dal 1969 al 1974, quindi assessore nella giunta della Regione Toscana dal 1975 al 1979 con l'incarico degli affari generali e delle politiche europee. Successivamente è stato vicesindaco del comune di Siena fino al 1984.
È stato eletto al Parlamento europeo alle elezioni europee del 1984, e poi riconfermato nel 1989 e nel 1994, per le liste del PCI e del PDS. È stato vicepresidente del Parlamento europeo dal 14 gennaio 1992 al 18 luglio 1994.
Ha tenuto corsi su istituzioni e politiche audiovisive in Europa nella Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Pisa e nella Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Siena, laurea specialistica in radiofonia.
Risiede a Siena, dove è stato presidente della Biblioteca comunale degli Intronati dal 2012 al 2018 . Attualmente è presidente dell’Accademia degli Intronati e presidente onorario delle Giornate degli Autori, associazioni di autori del mondo del cinema.

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