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Letta e la Cina

Letta non è certo l’unico ad aver esperienza diretta in Cina. Ma l’opinione del segretario Pd suscita un interesse e una curiosità del tutto particolari. 

20 Luglio 2021 da Marco Mayer Lascia un commento

Quando ha lasciato l’incarico per assumere la leadership del Partito democratico, a mio avviso, Enrico Letta ha sbagliato a non raccontare la sua esperienza di co-presidente di ToJoy Western Europe, la consociata di ToJoy, gruppo cinese impegnato su molti fronti (dalla consulenza al marketing, dal brokeraggio alla promozione di joint-venture, fino al sostegno alle startup).

Il gruppo nato nel 1991 ha oggi 6.000 dipendenti, un centinaio di consociate e una vasta rete di uffici e antenne in tutti i continenti. ToJoy è una realtà innovativa a livello internazionale e punta sia a far entrare imprese cinesi in nuovi mercati esteri, sia a favorire l’ingresso in Cina di aziende straniere. Essa opera su un terreno impegnativo su cui si concentra l’attenzione della business community internazionale e degli organismi internazionali.

Su come fare affari in Cina è da tempi aperto un acceso dibattito; data la sua preparazione accademica e l’esperienza pratica dall’interno di una azienda cinese il contributo di Enrico Lettasarebbe di sicuro interesse.

Tojoy è anche impegnata nella realizzazione della Via della Seta, lanciata anni fa dal politburo del Partito comunista cinese, uno progetto strategico che suscita qualche preoccupazione negli Stati Uniti, nelle democrazie asiatiche e nell’Unione europea.

I media italiani si sono divertiti a ingigantire il ruolo di Massimo D’Alema, definito recentemente dall’Espresso come il canale privilegiato di contatto tra Roma e Pechino.

Non condivido l’indulgenza di D’Alema rispetto alla durezza del regime di Pechino, e in particolare non mi è piaciuto il suo silenzio sulla repressione degli studenti di Hong Kong. Ma sul piano pratico il suo ruolo di alfiere in Cina del vino italiano di qualità è encomiabile. In un mercato gigantesco, purtroppo caratterizzato da tanta contraffazione e numerosi (quanti abili) tentativi di imitazione, promuovere il vero “made in Italy” in Cina è fondamentale per l’Italia (e per le eccellenze del sistema moda e dell’agroalimentare in particolare). A livello macroeconomico è del resto imperativo riequilibrare i rapporti commerciali aumentando le nostre esportazioni oggi molto inferiori alle importazioni dalla Cina.

A differenza dell’ex leader diessino, la materia di cui si è occupato Enrico Letta è, invece, è decisamente più complessa. Nel campo finanziario e degli investimenti le relazioni della Cina con il resto del mondo sono sempre complicate e spesso caratterizzate da una insostenibile asimmetria. Non a caso i primi accordi tra Unione europea e Cina in materia di investimenti esteri (Cai) sono attualmente sospesi.

In che cosa consiste l’asimmetria? La spiegazione è semplice. In numerose occasioni non c’è reciprocità. Nonostante l’ingresso della Cina nel Wto nel lontano 2001. C’è, viceversa, una evidente disparità di trattamento tra imprese cinesi in Europa e imprese europee in Cina.

Prendiamo come esempio l’Italia: le imprese cinesi (e le loro controllate italiane) possono agire con grande libertà di iniziativa. Vale per Pirelli (ChinaChem), per i centri di ricerca di Huawei, per Wind3 (Hutchinson), per Hikvision, per il laboratori di cybersecurity di Zte a Roma e all’Aquila, per l’attività People’s Bank of China, per China State Grid, eccetera. Al contrario, per gli investitori italiani (come di altre nazionalità) comprare aziende o beni immobiliari in Cina è molto più complicato, talora semplicemente impossibile. Per i lettori interessati alla materia suggerisco di studiare la complessa evoluzione della joint-venture Faw-Volkswagen, iniziata addirittura nel 1991 e che tanto condiziona la politica tedesca.

Spero che Letta accolga il mio suggerimento e ci racconti il suo pensiero su come impostare le relazioni economiche e politiche e politiche con la Cina. Per quanto breve, dalla sua esperienza diretta in ToJoy avrà certamente tratto qualche insegnamento. Letta non è certo l’unico. Mario Boselli, Franco Bassanini, Pier Carlo Padoan, Marco Tronchetti Provera hanno un’esperienza più ampia e approfondita. Ma l’opinione del segretario del Partito democratico sulla Cina non può non suscitare un interesse e una curiosità del tutto particolari.

(Questa articolo con il consenso dell’autore è ripreso dal sito www.formiche.net)

 

 

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Info Marco Mayer

docente al Master In Cybersicurezza di LUISS Guido Carli e al Cyber Defence della Scuola:di Telecomunicazione del Ministero della Difesa in partnership con
Università di Modena e Reggio Emilia

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