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La BCE cambia passo

Per chi si ricorda come l’austerità ha inciso negativamente su popoli e imprese dei paesi più in difficoltà, questo non è un passaggio secondario. Ma è una svolta che, se inserita in altri cambiamenti strategici, può essere definita senza dubbio “epocale”.

20 Luglio 2021 da Mauro Grassi Lascia un commento

La Banca Centrale Europea (Bce) ha annunciato e presentato la “revisione della propria strategia di politica monetaria” per i prossimi anni. Era dal 2003 che non accadeva. E da allora sono successe tante cose. Certo la profonda crisi finanziaria del 2008 con gli effetti sull’economia reale che, in particolare per l’Italia, ha lasciato ferite non ancora rimarginate. Ma più di tutto la Pandemia e la crisi economica indotta che hanno portato le Istituzioni europee ad un diverso approccio ai fatti economici e finanziari del vecchio continente. Diverso approccio che appare visibile nel Piano di rilancio e resilienza e nel diverso atteggiamento della Bce in tema di politica monetaria già iniziato sotto la direzione di Draghi ma rafforzato e reso più cogente nella fase attuale. Tanto che è difficile non vedere un cambiamento “strutturale” nella Governance delle Istituzioni e degli strumenti economici comunitari forse anche al di là di quanto previsto dai principi fondativi dell’Unione europea.

Ma questa revisione può interessare il cittadino e l’imprenditore che tutti i giorni si trovano ad operare in un contesto economico sempre più complesso e turbolento? È un “qualche cosa” da cui può dipendere il suo “futuro reale” oppure si tratta, come molte cose che accadono nelle discussioni a Bruxelles, di un qualcosa di distante e alla fine ininfluente sulla vita reale? La domanda, per come siamo stati abituati in tanti anni di Unione europea, ha un suo fondamento. Si era soliti dire, e certe volte pareva davvero accadere questo, che in Europa si discute della “dimensione delle mele o della curvatura dei cetrioli” e si lascia il tema della disoccupazione giovanile alle “tendenze del mercato”. Si tratta certo di una metafora, ma che conteneva senza dubbio qualcosa di vero.

In questo caso non si parla di “dimensione delle mele”. La revisione della strategia monetaria della Bce è una cosa importante che influenzerà nel profondo la Governance economica di tutte le Istituzioni europee. In primo luogo perché il clima europeo passa da una stringente, e rigida, impostazione à la Bundesbank ad una posizione molto più vicina alla gestione della FED americana. In parole povere si passa da una visione strettamente “austera” ad una decisamente “accomodante”. Per chi si ricorda come l’austerità ha inciso negativamente su popoli e imprese dei paesi più in difficoltà, fra cui la Grecia che pur con le sue colpe ha rappresentato l’agnello sacrificale, questo non è un passaggio secondario. Ma è una svolta che, se inserita in altri cambiamenti strategici, può essere definita senza dubbio “epocale”.

Il primo punto è quello relativo all’inflazione. La Bce nasce come “gendarme della moneta”. Essa ha un solo obiettivo. Ben definito senza alcuna possibilità di “trade off”, cioè di scambio con altri obiettivi rilevanti. Esiste un 2% di inflazione considerato come limite. Quando si tocca quel limite la Bce deve intervenire e bloccare l’ascesa dei prezzi. Senza guardare ad altro. La revisione pone il 2% come un obiettivo simmetrico, cioè che vale anche quando i prezzi sono più bassi e non solo più alti, e stabilisce la misura non più come “dato puntuale” ma come “tendenza di medio periodo”. Questo significa che quando i prezzi sono più bassi del 2% occorre fare una politica monetaria espansiva e che il limite viene considerato raggiunto non “una tantum” ma solo se si inserisce in un trend stabile. E’ difficile non accorgersi che siamo passati da una atteggiamento rigido e attento solo al valore della moneta ad un atteggiamento più accomodante e più attento anche ad obiettivi di crescita allorquando l’economia ristagna. Non siamo al modello FED che stabilisce una inflazione media del 2% e che compensa, entro un dato periodo, misure inferiori con misure superiori, così da accettare tassi di inflazione superiori se prima si sono registrati tassi inferiori, ma il passo verso quel modello è visibile e importante.

Può sembrare una innovazione da poco ma il cambiamento è invece grande. Avere come obiettivo simmetrico l’inflazione al 2% significa, specie per paesi come l’Italia, gravati da forti debiti certo pubblici ma anche privati, non far pesare l’alleggerimento del debito solo sull’effetto restituzione. Ma anche su un “ammortizzatore di fondo” che in qualche modo “accomoda” i debiti attraverso il cambiamento dei prezzi relativi. E’ ovvio che se questo accomodamento arrivasse, come è accaduto in alcune fasi della storia, a valori elevati si tratterebbe di una “truffa” a danno dei risparmiatori e dei percettori di redditi fissi. Ma se l’inflazione sta sul 2% appare un giusto, e direi utile, strumento per agevolare i soggetti indebitati. Che sono in primis lo Stato e le imprese investitrici. Si tratta cioè di due soggetti che, in un sistema che funziona, è bene abbiano un qualche aiuto della comunità generale a gestire il proprio indebitamento. Ovvio se questo deriva da impegni meritori (Stato) e a fronte di processi di investimento per la crescita e la sostenibilità (Stato e Imprese).

Il secondo aspetto della revisione è l’attenzione che la Bce porrà al sostegno al credito per le imprese “green” che si situano all’interno della “transizione ecologica” prevista nel PNRR. E’ forse la prima volta che una Banca centrale dà un indirizzo di sostegno finanziario di tipo “strettamente politico”: cioè l’attenzione delle imprese alla battaglia contro i cambiamenti climatici. E’ un passo importante che potrà portare anche a qualche contraddizione interna al sistema economico europeo (pensiamo quando questo indirizzo potesse sfavorire imprese come Shell, Total o Eni) ma che apre di fatto un mondo nuovo nella Governance di una Banca centrale.

Insomma i due più evidenti cambiamenti di strategia non sono poca cosa. Avranno effetti sulla vita e sulla economia dei paesi europei nei prossimi anni. Quasi certamente in positivo. Specie se a questi cambiamenti della “Banca” si sommeranno i cambiamenti delle Istituzioni Europee a favore di una gestione della politica economica più attenta ai grandi problemi che interessano i cittadini dell’Europa in particolare quelli appartenenti alle nuove generazioni.

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Info Mauro Grassi

Mauro Grassi. Nato e residente a Firenze 68 anni. Laureato in statistica e in economia a pieni voti. E' stato Direttore di ricerca all'Irpet (Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana) fino al 2000. Quindi Direttore Generale della Regione Toscana fino al 2011. Dopo una breve esperienza di Assessore all'Ambiente e all'Urbanistica al Comune di Livorno ha svolto dal 2013 incarichi di direzione presso il Ministero delle Infrastrutture e la Presidenza del Consiglio (Direttore di #Italiasicura). Attualmente svolge attività di Consulenza in campo ambientale.

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