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Solo Riformisti

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L’eredità del PCI/14

Risponde Guido Guastalla, mercante internazionale d’arte. Il marxismo nella sua declinazione leninista ha scelto la strada della società senza classi, senza più contraddizioni, unificata dalla classe generale, il proletariato, dalla fine della dialettica e in definitiva della storia.

12 Gennaio 2021 da Guido Guastalla Lascia un commento

Quali sono i geni utili che dalla esperienza  del PCI si rintracciano  nella vicenda storica  italiana, contro quali vizi o derive può contribuire  ancora oggi a difendere la sinistra in primo luogo ma assieme la società e la politica italiana?

 Quali sono i geni dannosi  trasmessi in eredità  che hanno contribuito e  contribuiscono a frenare le potenzialità ed a condizionare il ruolo e l’azione della sinistra per  il cambiamento del Paese  ?

Pur provenendo da una famiglia borghese liberal radicale, aderii al PCI e prima alla FGCI,nel 1960, su basi culturali di studio della filosofia e del realismo politico da Machiavelli a Marx e poi Gramsci. Pensavo che la teoria dell’Egemonia ( su cui mi laureai con Badaloni ) avesse superato la visione totalitaria assunta sopratutto in Russia con il bolscevismo. Capii solo dopo che la visione universalistica ( che  è anche quella cattolica ) non prevede una permanenza della diversità nel tempo e nello spazio: c’è una reductio ad unum che ad esempio l’ ebraismo rinvia all’era messianica quando come dice Isaia le armi saranno sostituite dall’aratri e le bestie feroci vivranno insieme a quelle pacifiche!

Il popolo ebraico non si considera “ eletto” ma “scelto“, per servire e salvare l’umanità intera.  È la traduzione in eletto che ha di fatto confuso il significato della “scelta”, inoltre il pendolo fra “particolarità” e “ universalità” preserva questa visione di minoranza fra le minoranze da una visione imperiale che può essere di destra come di sinistra. Purtroppo il marxismo nella sua declinazione leninista ha scelto questa strada: la società senza classi, senza più contraddizioni, unificata dalla classe generale, il proletariato, dalla fine della dialettica e in definitiva della storia.

L’antropologia della superiorità che sia di classe, di razza o diversamente declinata non porta che al disastro e all’ inferno in terra. Diceva Kertesz, premio Nobel per la letteratura, a chi gli chiedeva quale fosse la differenza fra nazismo e comunismo:” il primo parte da principi malvagi e realizza il male, il secondo da principi buoni ma realizza anch’esso il male!”. Questo è ciò che danneggia la sinistra post comunista a realizzare un cambiamento “possibile” e “ necessario” del paese. In Italia non c’è mai stata una Bad Godesberg come in Germania!

 

Invertendo l’ordine delle domande dirò che della mia esperienza nel PCI non rinnego nulla e a soprattutto non rinnego le persone che ho conosciuto: grandi intellettuali e dirigenti ( da Badaloni, Luporini, Trombadori, Guttuso, Amendola, come in Toscana Bardelli, Chiti, e tanti altri ), come semplici militanti di base spesso altrettanto straordinari che mi hanno insegnato il rispetto e l’umiltà, la tenacia e la volontà concreta contro i discorsi a vanvera e le false ambizioni. Il partito gramsciano aveva insegnato che la storia non  è deterministicamente costruita, ma che la volontà può e deve intervenire per costruire una società migliore e più giusta, che i mezzi per realizzarla, per portare una classe subordinata ad essere classe dirigente  sono lo studio feroce, l’applicazione alfieriana ad impegnarsi nella proforma elevazione culturale ( cosa che avvenne nelle carceri fasciste ), la selezione meritocratica della classe dirigente, il suo apprendistato amministrativo e politico secondo un rigoroso cursus  honorum.

Tutte cose che sono state applicate fino ad un certo momento, cioè fino a quando il ‘68 ha spiazzato tutti ed ha fatto ritenere che si potesse fare un salto rivoluzionario, riducendo l’impegno e la fatica nella scuola, nel lavoro e in politica.. I risultati li vediamo oggi con il blocco dell’ascensore sociale e il ritorno ad una società immobile e immobilizzata nel l’ascesa dei più meritevoli!

Purtroppo abbiamo avuto una transizione rimasta incompiuta di cui oggi avvertiamo i limiti. Pessimismo? Diceva Gramsci, riprendendo Romain Rolland:” Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”. Forse  è ancora oggi la ricetta giusta!

Credo che la gente possa accettare un programma lacrime e sangue se gli si offre un orizzonte e una prospettiva

 

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Info Guido Guastalla

nato nel 1942 a Livorno, sopravvissuto alla Shoah, si è laureato in Filosofia con Nicola Badaloni, con una tesi su A. Gramsci e il tema dell’Egemonia.
Mercante internazionale d'arte ha lavorato con artisti come Marino, Guttuso, Miró, Manzú, Gentilini, Chagall e altri. Editore con la Casa editrice di famiglia S. Belforte & C. specializzata in cultura ebraica.

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