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L’arresto di Messina Denaro

Trenta anni fa non c’erano gli strumenti istituzionali e operativi per una piena cooperazione investigativa tra Milano e Palermo, per cui non fu possibile affrontare con con una visione unitaria Tangentopoli e mafia-appalti anche quando (spesso) le imprese nazionali coinvolte erano le stesse.

18 Gennaio 2023 da Marco Mayer Lascia un commento

L’arresto di Matteo Messina Denaro ripropone il grande tema del contrasto alla criminalità organizzata ed in particolare del contrasto della capacità delle mafie di lucrare illecitamente sulle risorse pubbliche, insinuandosi nel mondo delle società miste, degli incentivi alle imprese, degli appalti e delle forniture.

È difficile stabilire con precisione quanti profitti illeciti delle organizzazioni mafiose siano riconducibili alla spesa pubblica. Purtroppo il tema mafia, appalti, incentivi, autorizzazioni e concessioni varie è stato affrontato in modo frammentato.

Pur di evitare che il tema venisse accantonato, Giovanni Falcone volle formalizzare la famosa informativa dei ROS sugli appalti Stato-mafia quando le indagini erano ancora in una fase precoce e – come tutti sanno – l’indagine venne archiviata a ridosso della strage di via d’Amelio.

Al di là di questo specifico episodio è chiaro che operazioni tipiche di Tangentopoli erano un costume diffuso anche in Sicilia, con l’aggravante di una diffusa violenza criminale ancora non presente nel nord. In quella fase, il fenomeno era tuttavia già nazionale e coinvolgeva soprattutto Palermo, Milano e Roma.

Rispetto alle “spartizioni” decise a livello nazionale, il lavoro investigativo delle Procure era rigidamente compartimentato territorialmente. Da qui l’idea di Falcone di creare la DIA e la Procura Nazionale Antimafia.

Da allora ci sono stati progressi, ma la corruzione di funzionari pubblici ed esponenti politici non ha acquistato il significato e la rilevanza che le indagini su mafia e appalti stavano iniziando ad evidenziare.

Trenta anni fa non c’erano gli strumenti istituzionali e operativi per una piena cooperazione investigativa tra Milano e Palermo, per cui non fu possibile affrontare con con una visione unitaria Tangentopoli e mafia-appalti anche quando (spesso) le imprese nazionali coinvolte erano le stesse.

Peraltro, molti imprenditori “pentiti” preferivano rivolgersi ai PM del nord per evitare l’aggravante dell’associazione mafiosa.

Oggi, con i tanti miliardi del PNRR il tema si ripresenta con straordinaria attualità. Al di là della fondamentale cattura dei latitanti, l’azione investigativa è chiamata a compiere un difficile salto di qualità.

La “corruzione dei costumi” aziendali amministrativi e politici è oggi molto più sofisticata ed è molto più difficile stabilire il confine tra lecito e illecito, soprattutto per il ruolo ambivalente delle società di consulenza multinazionali e italiane che lavorano dietro le quinte, unendo abilmente attività di lobbying, progetti, lavori e subappalti.

Ci sono persino aziende cinesi e russe che si muovono nel campo della transizione digitale ed ecologica che aspirano ad accaparrarsi, magari in via indiretta, nelle supply chain una fetta di finanziamenti europei del PNRR. Sarebbe il colmo.

È un mondo da esplorare e su cui accendere I riflettori – oggi spenti – dell’opinione pubblica ben al di là dei possibili risvolti giudiziari. È in atto un clientelismo da PNRR su cui i media dovrebbero accendere subito i riflettori.

(questo articolo, già pubblicato da Starmag https://www.startmag.it/economia/arresto-messina-denaro-mafia-appalti/ È ripreso con il consenso dell’autore)

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docente al Master In Cybersicurezza di LUISS Guido Carli e al Cyber Defence della Scuola:di Telecomunicazione del Ministero della Difesa in partnership con
Università di Modena e Reggio Emilia

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