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Solo Riformisti

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La ricetta di Draghi

Dopo la squadra di governo ora l’attesa è per il programma di Draghi. Riprendiamo, sulle idee del Premier, un’intervista, fatta l'aprile scorso, di Luciano Pallini al Prof. Petretto che ci ha inviato un suo breve commento di aggiornamento che pubblichiamo in calce all’articolo.

13 Febbraio 2021 da Alessandro Petretto 1 commento

Mario Draghi sul Financial Times richiama gli stati ed i cittadini europei ad assumere decisioni all’altezza della sfida epocale rappresentata dal coronavirus. Di fronte alla recessione inevitabile ed alla perdita di reddito del settore privato è necessario un massiccio e rapido intervento di sostegno dello stato per garantire la vita delle imprese ed il sostentamento di tanti che perdono il lavoro, una sorta di helycopter money   per tutti più elegante?

Un elevato debito pubblico sarà per molti anni una caratteristica permanente delle economie europee, afferma Draghi: un Whatever it takes bis. Ma funzionerà? Serve spiegare al cittadino comune i contenuti,

Visto il già elevato indebitamento italiano, come deve essere strutturata questo ricorso al debito per evitare l’esplosione dello spread? Sarà la BCE a farsi carico della sottoscrizione di questi titoli? Ma le risorse disponibili – 750 miliardi – saranno sufficienti tenuto conto che solo l’Italia oltre alle nuove emissioni deve rinnovare circa 400 miliardi di titoli in scadenza, in parte in mano ad investitori stranieri? E che succede alla BCE che si riempie di titoli di stato con rating non elevato?

Draghi non entra nel merito dei meccanismi di finanziamento degli interventi proposti. Si limita ad annunciare un innalzamento generalizzato del debito pubblico e una riduzione di quello privato in capo alle imprese. Una bella lezione di economia di guerra che non pensavamo mai di dover ricevere. È un messaggio che fissa una priorità, lasciando ad intendere che le tecnicalità sulle tipologie di debito sono secondarie. Prima va affrontata la guerra.

Gli interventi espansivi della BCE vanno tenuti parzialmente distinti dall’emissione e sottoscrizione di debito europeo. Servono ad irrorare liquidità nel mercato. Saranno poi le banche di credito ordinario che modificheranno i loro portafogli per inserirvi i titoli europei “safe” a supportare le emissioni. I vecchi titoli pubblici saranno via via assorbiti dalla BCE.

Una delle ipotesi formulate da Draghi è che i tassi rimangano stabili per un periodo abbastanza lungo.  E se così non fosse?   Ci sono disegni geopolitici che da sempre puntano alla dissoluzione dell’Euro ed alla marginalizzazione dell’Europa: se la speculazione decide di attaccare – si è scritto in altre occasioni che la sua potenza di fuoco sarebbe diverse volte il PIL mondiale –la BCE sarebbe in grado di resistere?

A medio termine, l’inflazione crescerà, i tassi saliranno e i prezzi degli asset scenderanno. È importante che il titolo pubblico, quale sarà (se ci sarà) sia irredimibile perché il guaio sarebbe la necessità emettere debito nazionale privo di garanzia per il rimborso. Il ruolo della BCE sarà fondamentale anche per spuntare le unghie alla speculazione. E poi la speculazione è originata da istituzioni finanziarie che alla lunga non hanno niente da guadagnare dalle macerie del sistema finanziario europeo.

Attorno ad ipotesi di mutualizzazione del debito – anche solo di fatto come con l’intervento della BCE  – si sono formati due schieramenti: Germania con sua area di influenza da una parte  che spingono per l’applicazione del MES con le sue gravose condizioni per gli stati che ne accettano l’intervento, dall’altra parte  gli altri stati – meno compatti del primo gruppo- che chiedono un accesso al MES senza condizioni. È ipotizzabile una qualche forma di mediazione tra queste due posizioni? L’Italia potrebbe assumere impegni irrevocabili, ammesso che qualcuno ancora la consideri affidabile?  

La prima via alla mutualizzazione passa dall’applicazione del MES con plafond di capitali ampliato e condizionalità limitate. Però si devono mettere in cantiere le condizioni, a partire da una consistente fiscal capacity europea, per l’istituzione di un titolo europeo, magari inizialmente destinato a finanziare investimenti europei.

Per sostenere il suo progetto Draghi fa riferimento alle esperienze di Italia e Germania che finanziarono la Prima guerra mondiale a debito: senza parlare degli sbocchi politici tragici degli anni immediatamente successivi, il contraltare fu un incremento altissimo del livello dei prezzi, che fatto 100 il 2014 salirono a 264 nel 2018: furono sacrifici immensi degli italiani. È implicita nel progetto Draghi questa conseguenza sui prezzi per attenuare il peso del debito? Non può partire in Italia ed in Europa una fiammata inflazionistica che è missione centrale della BCE contenere? Si può dire che, con rammarico vero o finto che sia, l’Europa può andare avanti senza l’Italia?

Gli strumenti a disposizione della politica economica, in particolare monetaria, oggi sono molto più numerosi e articolati di quelli del dopoguerra. D’altra parte, la contabilità delle morti ci dice che questa guerra sarà più disastrosa della Prima guerra mondiale. La ripresa dell’inflazione coinciderà con la ripresa del ciclo espansivo dell’economia reale e sarà benedetta. L’Europa senza Italia durerebbe poco, un perverso gioco del domino che porterebbe fuori via via altri paesi, fino alla Francia.

Ultima boutade sulla stampa è stata la proposta di stampare moneta, ovvero uscire dall’Euro: ci sono stime sull’impatto di questa opzione per restare al concreto su prezzi, pensioni e reddito fisso?

Sono state fornite da molti studiosi e sono tutte disastrose.

Sulla stampa e sui media italiani che riflettono il dibattito politico in un perverso circolo vizioso ad ogni rifiuto di richieste italiane – sui migranti, sul debito pubblico per dire– immediatamente si parla di fine dell’Europa: per il poco che conosco negli altri paesi il dibattito sull’Europa è normale, fatto di richieste, di dissensi ma senza questa atmosfera di Finis Europae: dal tuo osservatorio cosa si può dire? L’Europa finirebbe con l’uscita dell’Italia o se ne potrebbe fare anche a meno (e qualcuno sarebbe anche contento)?

Un pericolo grave per l’Italia viene da questo atteggiamento dei partiti politici e dell’opinione pubblica. Gli italiani devono convincersi che portare il rapporto debito/PIL al 135%, prima dell’epidemia, in un paese che aderisce ad un’unione monetaria è colpa grave, in assoluto, non perché si violano le regole del Patto di stabilità. Le esternalità negative che provocano danno agli altri paesi sono enormi e diffuse. È un comportamento che manifesta un egoismo nazionalista (sovranista) ben più marcato di quello che si imputa alla Germania. Non a caso in Germania si ricorda come un atteggiamento di disciplina fiscale ha consentito loro di intervenire massicciamente per contrastare questa crisi. Mentre noi ci baloccavamo con provvedimenti di spesa sciagurati per favorire il consenso elettorale di qualche modesto politico, a danno delle future generazioni, in Germania conservatori, progressisti, sindacati hanno tenuto un profilo di garanzia dei conti pubblici. Abbiamo perduto, allora, non oggi che siamo sotto attacco del virus, la fiducia dei partner. Detto questo, ora è il momento per mettere da parte queste rivendicazione delle formiche, perché il tracollo delle cicale travolgerebbe anche loro.

Dopo la l’incarico a Draghi per formare il nuovo governo il Prof. Petretto ci ha inviato questo commento che serve di aggiornamento all’intervista rilasciataci ad aprile scorso dopo la pubblicazione di un articolo dell’ex Presidente della BCE sul Financial Times. “Sembra passato un secolo rispetto all’intervista. Molte cose che Draghi auspicava si sono realizzate ma la pandemia ha dato il colpo di grazia. L’Europa è molto diversa e Draghi avrà l’occasione e gli strumenti per intervenire e fare ciò’ che servirà. Certo alcune dichiarazioni all’uscita delle delegazioni dalle consultazioni fanno accapponare la pelle…….una banca pubblica italiana, ancora reddito di cittadinanza, lo stato nelle PMI, limitazioni alla concorrenza….e altre facezie simili. L’unica è sperare che chi ha domato il direttivo BCE sappia controllare questi apprendisti stregoni, più di quanto non abbia fatto che prometteva di emanciparli”.

 

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Archiviato in:Redazionale

Info Alessandro Petretto

Professore emerito dell’Università degli studi di Firenze. Insegna Politica economica alla Scuola di economia e management di Firenze. E’ stato presidente della Commissione tecnica per la spesa pubblica del Tesoro e presidente della Società italiana di economia pubblica. E’ membro del Comitato scientifico dell’Ufficio Parlamentare del Bilancio.

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Commenti

  1. Alessandro Petretto dice

    8 Febbraio 2021 alle 15:24

    Sembra passato un secolo rispetto all’intervista. Molte cose che Draghi auspicava si sono realizzate ma la pandemia ha dato il colpo di grazia. L’Europa è molto diversa e Draghi avrà l’occasione e gli strumenti per intervenire e fare ciò’ che servirà. Certo alcune dichiarazioni all’uscita delle delegazioni dalle consultazioni fanno accapponare la pelle…….una banca pubblica italiana, ancora reddito di cittadinanza, lo stato nelle PMI, limitazioni alla concorrenza….e altre facezie simili. L’unica è sperare che chi ha domato il direttivo BCE sappia controllare questi apprendisti stregoni, più di quanto non abbia fatto che prometteva di emanciparli.

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