• Passa alla navigazione primaria
  • Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
  • Accesso autori
  • Utilizzo dei Cookies
  • Privacy Policy

Solo Riformisti

Uno spazio aperto al confronto, civile e concreto, e un’occasione di riflessione. Per restare ancorati alla realtà, senza rinunciare agli ideali, per rifiutare le posizioni ideologiche, per riaffermare i valori democratici.

  • Solo Riformisti
  • Gli autori
  • Politica
  • Economia
  • Esteri
  • Cultura
  • Opinioni
  • Programma Toscana
  • Archivio articoli

Greta, io li capisco…

Ogni generazione è figlia del suo tempo e per questo le sensibilità di oggi non potevano essere al centro degli interessi giovanili di ieri. Ma ora è la nostra generazione che deve creare le condizioni per il mondo di domani, quello a cui i ragazzi di oggi aspirano.

28 Settembre 2019 da Filippo Buccarelli Lascia un commento

Specie sui social, bisognerebbe seguire rigorosamente una regola: non intervenire a caldo, mentre le cose che si vogliono giudicare stanno accadendo. Si rischia di semplificare e, alla fine, di manifestare solo la propria ideologia.

Per quanto posso, almeno da un po’ di tempo, cerco faticosamente di attenermi a questo principio, non sempre riuscendoci. Ma stavolta lo faccio con una certa cognizione di causa. Sia perché trovo insopportabile l’atteggiamento di molti verso Greta Thunberg e verso le ragazze e i ragazzi che in queste ore stanno manifestando a milioni in tutto il mondo, sia perché – per quanto si creda – quanto sta accadendo non è affatto “a caldo”, compreso il dibattito politico e culturale che sembra infiammare la polemica solo oggi.

La questione del rispetto degli equilibri ambientali e di come tenere insieme sviluppo e natura è– se non vogliamo risalire a due secoli (ma, a ben pensarci, anche prima) −  nota almeno dalla fine degli anni Settanta, quando gli studiosi del così detto Club di Roma, in una serie di Rapporti, avvertirono che, se le società industriali avanzate avessero continuato a sprecare risorse non rigenerabili al ritmo tenuto a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, nel giro di cinquant’anni la terra sarebbe stata al collasso.

In questo campo, le previsioni sono sempre azzardate. I cinquant’anni scadono oggi e – se è vero che gli scienziati di tutto il mondo, con rare eccezioni – avvertono ora che quel collasso sta o è iniziato, è altrettanto vero che tanti di quegli avvertimenti erano più profezie che ipotesi probabilisticamente controllabili, che spesso, a parlare, non erano e non sono scienziati ma “futuristi” e che la gestione economica e politica del problema è ancora possibile.

A quei Report seguirono poi altre analisi e altri libri. Quelli ad esempio di Ivan Illich, per il quale “il piccolo era bello e ecologicamente (in senso lato) sostenibile) o, sul lato opposto – agli inizi degli anni Ottanta – i teorici della società dell’informazione, secondo i quali il potere sarebbe stato nelle mani di chi avesse avuto accesso a quei bit di nozioni (dunque, anche in quello dei parasubordinati dei call center), il telelavoro sarebbe stato la panacea per il decongestionamento del traffico e per la qualità dell’aria e finalmente si sarebbe compiuto il sogno positivista dei Auguste Comte: dal governo politico all’amministrazione razionale degli esseri umani. Per Andrè Gorz la completa robotizzazione del Regno della Necessità: il lavoro, avrebbe pienamente dispiegato il Regno della Libertà e dell’ozio (creativo?) e si sarebbe spianata finalmente la strada alla “decrescita felice” (mi son sempre chiesto perché Latouche non abbia mai parlato di “crescita felice”, problematizzando, come fece invece Pasolini, non la prima ma la seconda parola: forse, lui e Gorz non hanno mai letto attentamente le note del Terzo Libro de Il Capitale di Marx). In maniera simmetrica, “fulminati” sulla via dell’Intelligenza Artificiale – Jeremy Rifkin ad esempio, anni Novanta e Duemila – rispondevano ingenuamente a quei naif che la telematica di quarta generazione avrebbe fatto al contempo del consumatore un produttore (il prosumer) e del carnivoro un vegetariano, con la clonazione di saporiti pezzi di carna ma senz’anima.

Oggi, il tema si ripropone, e con le stesse radicalizzazioni. E già questo mostra che l’attenzione all’ecosistema non è affatto una moda passeggera gonfiata dai media che riescono a fare di una ragazza di sedici anni – per di più, sottolineano i suoi detrattori alla Orban, affetta da disturbo dello spettro autistico e senza gran voglia di studiare − una star ed un possibile premio Nobel. È piuttosto una delle grandi problematiche che – sviluppatasi nel corso del tempo come un fiume carsico – contraddistingueranno culturalmente, economicamente e tecnologicamente, l’epoca futura che per (nostra) fortuna gli occhi della nostra generazione non potranno vedere.

In questa nostra fisiologica impossibilità sta, secondo me, una delle ragioni per la quale − agli occhi di tanti adulti, di diverso credo politico – Greta, e i ragazzi che vi si ispirano, sono dei “gretini ma con la ‘c’ iniziale”, degli scansafatiche, degli ipocriti che predicano bene ma razzolano male perché usano smartphone e lasciano lattine e bottiglie di birra per terra. Ogni generazione, per definizione, è figlia del proprio tempo, e quelle di coloro che oggi scherniscono con tanta prosopopea sono nate e cresciute (e destinate a morire) in un tempo in cui i concetti di “la terra come organismo vivente”,  e di “diritti del creato: esseri umani e esseri viventi in genere, animali o vegetali che siano”, semplicemente, non rientravano (se non, appunto, come parole alla moda, fugaci come i pantaloni a zampa d’elefante o i capelli lunghi) nel loro orizzonte storicamente determinato di significato. Condivido solo in parte la retorica attuale della colpa e della responsabilità delle generazioni passate. Come puoi essere alla fine responsabile di qualcosa di cui sei non tanto inconsapevole quanto di fatto privo del senso ad essa corrispondente? Una tale accusa, quando fatta agli altri dagli ecologisti, mi sembra ingenerosa, quando rivolta a sé stessi dai “produttori” mi pare autoassolutoria.

A ben vedere, la generazione “presentificata”, senza futuro, non è quella dei ragazzi di oggi ma quella di noi ragazzi di ieri. Per noi, il benessere industrialista – alla luce della povertà passata – era a tal punto dato per scontato che abbiamo potuto concentrarci con maggior tranquillità sul presente, superando quell’etica del “differimento dei piaceri” tipica dei loro genitori. Per loro, invece – che siamo stati noi a socializzare proprio a quel valore del godimento del “qui e ora” – il presente appare svuotato, si rivela insomma una specie di simulacro il cui riempimento – abbiamo insegnato loro – è loro unica responsabilità personale, al premio della vertigine del successo individuale ma anche e soprattutto al costo del dramma del fallimento soggettivo. È un peso enorme, da cui ci si solleva solo o chiudendosi nell’afasia adolescenziale o nei mille idioletti giovanili parlati nelle loro tribù (e, agli orecchi di noi maturi, spesso incomprensibili), oppure tornando, appunto, a sognare un futuro, ad urlare questo bisogno profondo e a pretenderlo se necessario anche nelle piazze. Un futuro – ci dicono severamente – in cui a noi grandi non sarà concesso di entrare. Ma che solo noi grandi – in quanto titolari del potere di decidere ora − possiamo consentire loro di costruire e di rendere possibile, e di farlo − al di là di utopie e ucronie − in nuovi modi di fare economia, di lavorare, di relazionarsi, di far politica.

È un po’ come se quelle ragazze e quei ragazzi ci restituissero, in cambio, quel senso di avvenire che abbiamo perso di vista. E ci dessero così l’opportunità di completare la nostra vita.

Condividi:

  • Tweet
  • WhatsApp
  • Stampa

Archiviato in:Apertura

Info Filippo Buccarelli

Filippo Buccarelli è Professore incaricato e ricercatore a contratto presso l’Università di Firenze. Si laurea nel 1995 presso la Facoltà "Cesare Alfieri" di Firenze con una tesi sui nuovi conflitti sociali postindustriali. Nel 2001 - dopo le prime esperienze didattiche e di ricerca presso la stessa Facoltà - è dottore di ricerca in sociologia generale presso la facoltà di scienze politiche di catania, con una tesi sulle nuove culture del lavoro. Dallo stesso anno, è professore Incaricato presso la facoltà di psicologia dell'ateneo fiorentino (sociologia del lavoro e delle organizzazioni), e dal 2003 presso quella di Scienze Politiche (sociologia della devianza, sociologia dei comportamenti devianti, storia della sociologia, sociologia corso avanzato). dal 2003 al 2006 è stato responsabile di ricerca dell'area studi sociali di asel-agenzia servizi economie locali di prato, e dal 2007 svolge attività di coordinamento scientifico dell'osservatorio sociale della provincia di pistoia per conto del dipartimento di scienza della politica e di sociologia dell'università di Firenze.

Post precedente: « Voto ai sedicenni?
Post successivo: Casa (ex) dolce casa italiana »

Interazioni del lettore

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Barra laterale primaria

Iscrizione alla newsletter SoloRiformisti

Inserendo i propri dati sarà possibile ricevere la nostra newsletter nella propria casella di posta elettronica.

Bastian contrario

La cuccagna

19 Maggio 2023 | Il Bastian Contrario

Il terzo polo è esploso, Conte é moribondo e i problemi deve risolverli la Meloni…

Chi sta meglio di Elly?

(by Roberto Zei)

 

Italia una Repubblica fondata sul debito pubblico

11 Maggio 2023 | Il tocco di Alviero

Il vitello d’oro

24 Aprile 2023 | Il tocco di Alviero

Everything everywhere all at once

27 Marzo 2023 | Il tocco di Alviero

Il paradosso ecologico della guerra

13 Marzo 2023 | Il tocco di Alviero

La trappola di Tucidide

24 Febbraio 2023 | Il tocco di Alviero

Per un pugno di PIL

13 Febbraio 2023 | Il tocco di Alviero

Salvi per un PIL

30 Gennaio 2023 | Il tocco di Alviero

Goodbye 2022 non ci mancherai

18 Gennaio 2023 | Il tocco di Alviero

Per chi suona la campanella

16 Dicembre 2022 | Il tocco di Alviero

Crisi continua

26 Novembre 2022 | Il tocco di Alviero

Ultimi commenti

  • Silvano su Italiasicura, le “fake news” grilline
  • Maria Acomanni su Italiasicura, le “fake news” grilline
  • Giorgio Linguaglossa su Lettera aperta a Carlo Rovelli
  • Silvano Dalpasso- Urbanista territorialista su Cattolici e Partito Democratico
  • Il macigno del debito pubblico - Rinascimento Europeo su Il macigno del debito pubblico
  • Maria Acomanni su Da promessi a falliti sposi
  • Gloria Pianigiani su Partito unico liberaldemocratico: la pazienza è finita
  • Maria Acomanni su Partito unico liberaldemocratico: la pazienza è finita
  • pisistrato su Il Franchi non è il Colosseo
  • La politique migratoire du gouvernement Meloni à l’épreuve de la tragédie de Cutro - Un premier test grandeur nature ? - La Grande Conversation su Immigrazione, la verità dei numeri
SoloRiformisti.it. Periodico di area riformista del Circolo SoloRiformisti. | E-Mail: redazione@soloriformisti.it