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Solo Riformisti

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Una Lega non più Nord

La Lega si è trasformata in partito nazionale. Ora gli “ultimi” sono gli immigrati, non più i meridionali. E questo ha permesso a Salvini di espandersi anche al Sud.

25 Febbraio 2019 da Stefano Bargellini Lascia un commento

Incuriosisce e sconcerta molti il tributo di fiducia concesso dalle popolazioni del mezzogiorno a Salvini ed alla Lega non appena ha messo “Nord” tra parentesi. Ma come? Sono stati offesi per decenni in tutti i modi: il Vesuvio li doveva lavare col fuoco, Borghezio voleva vendere la Sardegna per risanare il debito pubblico. «Senti che puzza scappano anche i cani. Sono arrivati i napoletani…»: Salvini, Pontida 2009. E invece quest’anno sono partiti addirittura da Taranto (e non solo) con i pullman, hanno percorso migliaia di chilometri per arrivare a Pontida “tarantoleghisti” e sentirsi dire da Bossi (uno che ha rubato agli italiani 49.000.000 di Euro truccando i bilanci dei rimborsi elettorali) che comunque i meridionali vogliono sempre essere aiutati dal Nord.

Ciò nonostante Salvini riempie le loro piazze osannanti e prende i loro voti.

Perché?

Evidentemente la propaganda leghista tocca temi molto sentiti, o meglio, eccita strati antropologici profondi, primari, atavici, primordiali al cui cospetto il precedente antimeridionalismo si scioglie come neve al sole.

“Prima i Tarantini”, “Prima gli Abruzzesi”, “Prima i Sardi”.

Traduzione subliminale: ora anche noi da ultimi siamo stati promossi “primi”, gli ultimi (c’è sempre bisogno di qualcuno che sia ultimo) sono quelli che vengono da “fuori”, che hanno la pelle di un altro colore, noi siamo “dentro”. Il futuro ci fa paura, ma ora siamo “dentro”, tutti italiani, leghisti italiani. Finalmente ora ce la possiamo prendere con qualcuno che sta peggio di noi, “fuori” di noi, attribuirgli la colpa della nostra condizione, il furto delle nostre risorse, ora abbiamo un Capo che ci protegge, non siamo più solo “meridionali”, ma promossi italiani contro l’invasione dei neri.

I meridionali che votano Salvini evidentemente, proprio sui temi caldi della propaganda leghista, la pensavano da sempre come lui, solo che non condividevano il raggio di applicazione. Sembravano per l’uguaglianza, ma solo perché erano messi “fuori”, ora sono “dentro”. Il “razzismo” prima era applicato a loro, e certo questo non andava bene, ora finalmente si volge tutto verso altri, questo si va bene.

Ora abbiamo un Uomo “nuovo” come Capo. Nel populismo in primo piano c’è l’Uomo, non uno qualsiasi, ma quello in possesso di doti superiori. E’ grazie ad esse che Lui è il Capo, che detta la via e che soprattutto risolve i problemi, i nostri problemi, i miei in particolare. Ma il Capo è anche uno di noi, anche lui mangia, molto è vero, ma proprio quello che mangiamo noi. Ci ha accettati e ci apprezza: pastiera, cannoli, malloreddus. Il riconoscimento dell’altro passa anche attraverso l’assunzione del suo cibo, non è solo banale appetito, è furbo Salvini.

Nel populismo non ci sono questioni sociali, ma solo problemi di individui, di singoli, i popoli sono somme di singoli guidate da un Capo.

L’ideologia populista implica necessariamente quella del suddito, non c’è l’una senza l’altra. Il suddito non è consapevole, o anche se lo è non accetta che tra il Capo e lui esistano norme, regole, leggi, costituzioni, procedure amministrative. Il rapporto è tra il Capo ed il popolo (la somma dei sudditi) e in primo luogo tra il Capo e lui, il primo suddito. Hai bisogno di una casa? Hai commesso abusi edilizi? Non ci debbono essere regole, leggi, graduatorie, controlli. E’ il Capo che ti dà la casa, Lui che te la sana se sei dalla sua parte e tu gli baci le mani.

Ovviamente le leggi ci debbono essere e severe per respingere e reprimere i nuovi ultimi, quelli grazie ai quali noi, io, non lo siamo più. Ma anche queste leggi sono sentite come pronunciamenti del Capo che il suddito ripete per strada, non certo come deliberati del Parlamento.

Il populismo esalta sempre l’individualismo: siamo sempre io ed il Capo, più altri mille “io”.

Il populismo non ha senso se non c’è un nemico esterno o interno da combattere ed ora finalmente è stato trovato, ma non siamo più noi meridionali, non sono più io: il meridionale che vota Lega è stato promosso.”

 

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Info Stefano Bargellini

Stefano Bargellini, anni sessantotto, si è laureato nel 1976, con il massimo dei voti e lode, alla facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze. Dopo un breve periodo di insegnamento, è stato dirigente amministrativo presso il comune di Pescia e funzionario in quello di Pistoia. E’ da alcuni anni in pensione, ma non ha mai smesso di studiare né di interessarsi ai problemi politici e sociali

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