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Solo Riformisti

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Stanno allevando un mostro

Tutti contenti per l’accordo su Autostrade, anche i Benetton che vedono Atlantia apprezzarsi in Borsa del 24%. Peccato che la soluzione trovata alimenti il mostro del populismo che finirà per distruggere quel poco che resta della nostra liberal-democrazia.

8 Luglio 2020 da Giancarlo Magni Lascia un commento

L’Italia forse senza accorgersene sta scivolando verso una delle peggiori forme di peronismo che si siano mai viste. E le forze politiche, chi più, chi meno, ma sostanzialmente tutte, stanno facendo crescere un mostro che, se non viene fermato in tempo, divorerà, annullandola, la nostra società civile basata sul rispetto della legge e dei diritti individuali.

Tutto è iniziato nel 2018 con l’exploit grillino. Una gran parte di italiani, esasperati, anche con ragione, dalle inefficienze e dalla inconcludenza del nostro sistema politico ha “abboccato” al “tutto e subito” promesso dai pentastellati.

Da allora è stato tutto un crescendo che si è addirittura rafforzato con il passaggio dal Conte I al Conte II. Il culmine, almeno per ora, si è raggiunto con la vicenda Autostrade. I fatti sono noti. Subito dopo il crollo del Ponte Morandi i 5Stelle sono partiti lancia in resta non contro ASPI, o la controllante Atlantia, ma contro i Benetton principali azionisti di Atlantia. La tesi sostenuta da Di Maio e dal mitico Toninelli era che la concessione andava revocata subito in nome della giustizia popolare, anche se la revoca, fatta prima dell’accertamento giudiziario delle responsabilità, avrebbe comportato il rischio di una penale dell’ordine di oltre 20 miliardi.

Il mantra è andato avanti per quasi due anni. Nel frattempo il ponte è stato ricostruito e siamo arrivati ad oggi, alla vigilia della riconsegna del nuovo manufatto alla società Autostrade sempre controllata da Atlantia e i cui azionisti di maggioranza sono sempre i Benetton.

Non potendo reggere il contraccolpo della promessa, e mancata, revoca, i grillini hanno imposto al Governo l’accelerazione di una soluzione che, prima della riconsegna del ponte,  andasse comunque sempre nella direzione di “punire” i Benetton. Conte ha sposato in toto l’impostazione grillina tanto da dichiarare al Fatto Quotidiano che “i Benetton non hanno ancora capito che questo governo non accetterà di sacrificare il bene pubblico sull’altare dei loro interessi privati”.

Inutile dire che logica e diritto avrebbero voluto che sul banco degli accusati fossero messe le società Autostrade e la controllante Atlantia, che si accertassero fino in fondo, per via giudiziaria, le loro indubbie responsabilità e che solo allora si facesse decadere la concessione come conseguenza del giudizio espresso dal tribunale. Un procedimento troppo lungo però per la demagogia e il populismo che nel frattempo i grillini e i loro proni alleati avevano diffuso a piene mani.

Così, abbandonata la strada della revoca per gli alti costi della stessa si è arrivati alla soluzione che vedrà il passaggio del controllo di Autostrade da Atlantia alla Cassa Depositi e Prestiti, senza, per altro, conoscere il prezzo dell’operazione.

In pratica attraverso la Cassa Depositi e Prestiti stiamo assistendo di fatto alla statalizzazione delle autostrade italiane a alla nascita della nuova IRI, con Autostrade, l’Ilva e Alitalia.

Il ritorno allo stato-imprenditore, con le sue inefficienze, il suo clientelismo, il suo poltronificio e il suo prescindere dal mercato, è la prima, grande anomalia di questa vicenda. La seconda è il comportamento del governo che affermando di voler “punire” l’azionista di riferimento di una società quotata ha provocato forti oscillazioni del mercato. Le azioni di Atlantia sono scese del 15% quando si parlava della revoca e sono salite del 24% quando si è diffusa la notizia dell’accordo che era stato trovato. Una “punizione” che evidentemente la Borsa non ha giudicato tale e che, per la forte oscillazione del titolo, avrebbe meritato un’indagine della Consob che non si è fatta e non si farà.

Da considerare poi, come ha sottolineato l’ex Ministro Tria, che comportamenti del genere fanno scappare gli investitori esteri e ci avvicinano al Venezuela di Maduro più che ad una democrazia occidentale sviluppata.

Ma la terza anomalia è, se possibile, ancora più grave. Procedere ad estromettere in questo modo l’azionista di una società significa assoggettare le leggi al volere momentaneo degli uomini, cosa che è l’esatto contrario del principio, cardine di ogni liberal democrazia, che sono gli uomini ad essere assoggettati alle leggi.

Chi accetta questi comportamenti, non importa se per ignoranza, interesse, opportunismo o ignavia, contribuisce a far crescere nella società il mostro del populismo. Una volta che questo avrà fatto presa sulla maggioranza della popolazione procederà a distruggere tutti i fondamenti di una civile connivenza.

A quel punto sarà troppo tardi e il Paese, vittima della demagogia, pagherà un prezzo altissimo sotto tutti i punti vista. E il prezzo più alto lo pagheranno le parti più deboli della popolazione, proprio quelle che al primo apparire del fenomeno avevano creduto e sperato nel suo messaggio salvifico.

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Info Giancarlo Magni

Giancarlo Magni, giornalista professionista, ha seguito per anni, a Roma, la vita politico-parlamentare. Ha lavorato nella carta stampata, nelle radio e nelle TV. In RAI è’ stato vice-caporedattore del TGR della Toscana. Dal 2012 al 2017 è stato Vice-Presidente del Comitato Regionale per le Comunicazioni della Regione Toscana. Fa parte del Comitato Direttivo della Fondazione "F. Turati", una Onlus che gestisce Centri di Riabilitazione, Rsa e Centri per disabili. E' Presidente dell'ETS Raggio Verde che assiste minori e adulti affetti da autismo.

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