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Solo Riformisti

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Dopo la sconfitta del 2013   Pierluigi Bersani perse la leadership del partito. Per Matteo Salvini dipenderà da come si svilupperà la discussione nelle prossime settimane all'interno della Lega.

Salvini come Bersani nel 2013?

Dopo la sconfitta del 2013   Pierluigi Bersani perse la leadership del partito. Per Matteo Salvini dipenderà da come si svilupperà la discussione nelle prossime settimane all'interno della Lega.

30 Gennaio 2022 da Marco Mayer Lascia un commento

La rielezione del Presidente Sergio Mattarella con ben 759 voti  è una splendida notizia come ha giustamente detto Mario Draghi. Ha preso più voti di tutti i suoi predecessori salvo Sandro Pertini. Occorre innanzitutto festeggiare l’  elezione   del Capo dello Stato a larghissima maggioranza. Aggiungo  anche che   la posizione di Draghi a  Palazzo Chigi esce decisamente  rafforzata (e ce n’era bisogno)  e che Giuliano Amato é stato eletto all’unanimità Presidente della Corte Costituzionale. Provo a improvvisare a caldo a meno di 24 ore dalla proclamazione del Presidente Mattarella. quali sono le differenze e le similitudini      rispetto al Napolitano bis nel 2013.

All’epoca  a proposito della sconfitta di Bersani    ho potuto, invece,  fare   una analisi piuttosto approfondita. Un paio di mesi dopo la riconferma di Napolitano al Quirinale ho scritto un breve saggio sulla rivista Testimonianze fondata da padre Ernesto Balducci  e diretta da Severino Saccardi. Su Reset c’è   una versione on line  https://www.reset.it/articolo/la-sconfit… La versione cartacea si trova all’interno di un numero speciale della rivista dedicato ai 500 anni da Il Principe  : https://www.testimonianzeonline.com/2015…  Per inciso anche la riconferma di Giorgio Napolitano mi fece molto piacere. Nella mia esperienza politica giovanile nel PCI ero un convinto riformista -o migliorista per usare il termine   dispregiativo di  Michele Serra, del mio amico Sergio Staino e di altri giornalisti sull’Unità. Poi per la cronaca si sono quasi tutti pentiti;  peccato un po’ troppo tardi. Negli anni ottanta Pierluigi Bersani è  stato un mio collega Assessore Regionale e lo stimo. Molto brillante come Ministro e Presidente di Regione  nella vicenda del Quirinale non ha saputa cogliere gli umori e il clima di divisione  che erano maturati nel PD, un grosso problema per un leader politico nei momenti clou.

Con il risultato deludente della Presidente del Senato Elisabetta Casellati Matteo Salvini ha fatto un errore   simile a quello di Bersani (prima con Marini e poi con Prodi). Anche   Salvini non ha tenuto abbastanza conto né degli umori   interni della Lega (come dimostrano le dimissioni annunciate dal Ministro Giorgetti) , ma ancora di più delle profonde divisioni tra i partiti del centro destra  Per quanto riguarda la Lega non deve essere facile far convivere gli Zaia e i Durigon perché essi rappresentano realtà strutturalmente diverse tra di loro (da una parte l’intraprendenza dei piccoli e medi imprenditori, dall’altra il variegato mondo che ruota attorno ai sindacati romani di centro destra).

Nel 2022 la  sfida per il Quirinale è stata,  però,   diversa dall’epoca di Bersani per diverse ragioni  Prima di tutto si é svolta in un  contesto politico e sociale molto drammatico. Manca solo un anno alle elezioni politiche, all’epoca eravamo all’inizio della legislatura. Siamo da due anni in pandemia. L’insofferenza per la politica è cresciuta tra i cittadini italiani. I prezzi dell’energia sono schizzati in alto per le tensioni internazionali.  I rapporti della NATO e della UE con la Russia sono molto tesi dopo l’arrivo di 100.000 militari russi al confine con l’Ucraina. Persino la Cina (forse per l’imminenza delle Olimpiadi) è preoccupata che Vladimir Putin esageri con i suoi ambiziosi progetti di Grande Russia. Il Governo Draghi e tutte le istituzioni  nazionali,  regionali e locali  sono impegnate a far decollare i progetti relativi ai 200 miliardi europei del PNRR. L’incisività e la stabilità dell’azione di governo nel corso del 2022 è la priorità assoluta per salvare e rilanciare l’Italia.

Come ho sostenuto   sin dall’inizio  https://formiche.net/2022/01/draghi-quirinale-secondo-machiavelli/  considero un dato molto positivo che Mario Draghi possa continuare a Palazzo Chigi. Nel 2013 il nesso Quirinale/Palazzo Chigi era peraltro meno intenso di oggi. Sotto questo profilo a  determinare la sconfitta di Matteo Salvini ha contribuito anche la miopia   di Giorgia Meloni che peraltro é l’unica leader italiana con un ruolo di primo piano nei partiti europei.  Non ho sinceramente capito perché ha sottovalutato gravemente quanto fosse fondamentale non perder il momento.  Dedicare i prossimi mesi alla campagna per le elezioni politiche anticipate significherebbe perdere una irripetibile finestra di opportunità e tradire l’interesse nazionale. I prossimi sei mesi saranno decisivi perché il PNRR deve essere aggiornato entro il 30 giugno 2022.

Ci sono poi altre due differenze. Il primo è che Salvini non ha capito che doveva tentare una doppia mediazione: la ricerca di unità di intenti   tra i partiti della maggioranza e   contemporaneamente   tenere – per quanto possibile unito il centro destra. Il sentiero é impervio quando due partiti sono al governo e uno all’opposizione, ma la vicenda Casellati é stata gestita almeno apparentemente come se Salvini  fosse consapevole della complessità del processo di mediazione.  Questo fatto anticipa già  la seconda differenza a cui voglio accennare. Nel 2022 a differenza del 2013 non c’era nessun schieramento con la maggioranza tra i grandi elettori. Senza un allargamento (più o meno grande) era impossibile eleggere il Presidente della Repubblica. Nel 2013 i rapporti di forza erano diversi.

Ho insistito più volte, (raramente ascoltato anche nella comunità scientifica) che nei processi di mediazione più difficili per raggiungere un risultato positivo  é necessario tener conto che esiste una forte interrelazione tra competizione interna ad una entità  e competizione esterna con un’altra identità. In sostanza l’intreccio tra le dinamiche intra e dinamiche inter é fortissimo. Quando due entità (comunità etniche o religiose, partiti politici , ecc..) sono troppo divise al proprio interno é praticamente impossibile compiere progressi nelle iniziative di mediazione. .

Mi spiego con una analogia un pò forzata, ma che, a mio avviso, rende bene l’idea.

Immaginiamo insieme un leader palestinese che intraprenda un dialogo costruttivo con la controparte israeliana, ma che agisca senza  le seguenti condizioni politiche: a) avere una solida maggioranza nel suo partito (per esempio Al Fatah);  b) concordare quantomeno la strategia generale con il partito palestinese rivale (Hamas). Un identico discorso vale all’inverso anche per un leader israeliano che si avventuri in un negoziato senza il consenso nel suo partito e senza maggioranza nella Knesset.

Per la sfida del Quirinale è un pò quello che è successo ieri a Salvini. Non mi sembra che abbia seguito una strategia chiara per aggregare consenso nella Lega e soprattutto nella coalizione. Per Renzi era diverso poteva bloccare gli accordi tra Berlusconi e D’Alema perché aveva una maggioranza parlamentare. E poi, se proprio   al centro destra serviva una prova di forza per irrobustire la sua posizione negoziale con lo schieramento avversario perché Matteo Salvini non  ha tentato –  d’intesa con gli alleati –  la carta di Guido Crosetto che certo  non sarebbe stato eletto, ma  che per la sua “popolarità parlamentare”  avrebbe potuto superare e non di poco i voti  della che Casellati?

Dopo la sconfitta del 2013   Pierluigi Bersani perse la leadership del partito. Per Matteo Salvini dipenderà da come si svilupperà la discussione nelle prossime settimane all’interno della Lega. Certo non può far finta di niente. Non so se é una persona capace di dire pubblicamente: “qualcosa ho sbagliato” !. Oggi é il giorno dei festeggiamenti per la rielezione di Mattarella ed é davvero troppo presto per dirlo. Mi aspetto che  Giorgetti ed altri leader leghisti aprano una discussione politica di carattere congressuale.

Un altro aspetto politico, trascurato dalla grande stampa, ma su cui Lega e FdI dovrebbero riflettere attentamente é la linearità dei comportamenti internazionali. Il profilo atlantista e europeista (di cui ha parlato  Silvio Berlusconi) deve trovare riscontri in una coerenza di comportamenti maturati nel tempo.

Infine se il vero obiettivo di Salvini era mantenere Mario Draghi a Palazzo Chigi (un obiettivo che come molti italiani ho condiviso) avrebbe dovuto suggerire al centrodestra e poi al centrosinistra sin dai primi giorni una rosa vera composta da più personalità da condividere tra centro destra e centro sinistra in grado di non spaccare la maggioranza che regge il Governo Draghi. Lo stesso discorso come ho già accennato per Giorgia Meloni: Anche se capisco la convenienza elettorale non doveva insistere su elezioni anticipate durante il prossimo semestre che viceversa richiede il massimo di stabilità politica.

A mio avviso Giorgia Meloni non dovrebbe continuare il suo silenzio su temi internazionali di grandissima portata. Per esempio non dire una parola sulle strettissime relazioni di Victor Orban con la Cina oppure sull’ imminente visita di Orban al Presidente Putin mentre le navi militari della Federazone Russa attraversano il mediterraneo.    Il ripetersi di  scivolate alla Steve Bannon  farebbe sfumare la credibilità interna ed internazionale che la Meloni con grande impegno e fatica si é riconquistata negli ultimi anni in Italia e in Europa.

 

 

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Info Marco Mayer

docente al Master In Cybersicurezza di LUISS Guido Carli e al Cyber Defence della Scuola:di Telecomunicazione del Ministero della Difesa in partnership con
Università di Modena e Reggio Emilia

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