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Solo Riformisti

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Il secondo mandato a Mattarella, dopo quello a Napolitano, riaprono il dibattito sull’opportunità o meno di una riforma che introduca la repubblica presidenziale con l’elezione diretta del Presidente.Apriamo un confronto con le perplessità di un nostro collaboratore.

Il fascino del Capo

Il secondo mandato a Mattarella, dopo quello a Napolitano, riaprono il dibattito sull’opportunità o meno di una riforma che introduca la repubblica presidenziale con l’elezione diretta del Presidente.Apriamo un confronto con le perplessità di un nostro collaboratore.

30 Gennaio 2022 da Stefano Bargellini Lascia un commento

Mattarella bis: un ottimo presidente, un pessimo segnale.

Già nel 2013 fu evidente che i parlamentari non erano in grado di assolvere il loro principale compito istituzionale: eleggere il capo dello stato, come affidato loro dalla “costituzione più bella del mondo”.

La carica dei 101 traditori affossò Prodi e si fu costretti ad inginocchiarsi a Napolitano, oggi la storia si ripete con Mattarella.

Fallimento della politica che si mostra nuda proprio il giorno delle nozze.

Questo perché in realtà non si lavora per eleggere il migliore nella situazione data, ma appare invece evidente la mai sopita spinta a cogliere, anche nel momento più importante, più nazionale, l’occasione per dare una mazzata all’avversario politico ed una spallata all’alleato concorrente.

Così l’elezione del migliore è ciò che si proclama, ma ci si dovrebbe arrivare con qualcuno che ne esca vincitore e qualcun altro che se ne torni a casa con le ossa rotte, di qui la girandola di nomi, candidature che durano mezz’ora, sgambetti, colpi sotto banco, per la gioia di Mentana, certo, ma non per la salute delle istituzioni.

Si dice che Leone fu eletto solo alla ventitreesima votazione e quindi di cosa ci dovremmo scandalizzare? Ma era un contesto completamente diverso. Le istituzioni meno usurate, tutto il mondo più lento, la “crisi della politica” di là da venire, un saldo partito egemone indiscusso, il fattore “K” imperante.

Oggi non è più così.

Già fu inquietante aver costretto Napolitano che rimase in carica nove anni e ora si riparte con l’ottimo Mattarella che potrebbe arrivare a quattordici.

A cosa può portare tutto questo?

Un fantasma (“si aggira per l’Europa”) si sta delineando in maniera sempre più nitida: quello della “repubblica presidenziale”: facciamo eleggere il presidente direttamente al popolo.

Questo è uno storico cavallo di battaglia della destra, ma vedo che anche il senatore Renzi lo sta facendo suo e le quotazioni sembrano dilagare.

In fondo, se si deve affidare, con una elezione indiretta, la carica di capo dello stato che poi di fatto può durare anche quattordici anni, non è forse meglio un presidente che magari ne sta in carica cinque, ma eletto dal popolo?

Non voglio insinuare che quando la scelta si riduce in maniera secca a due nomi il popolo sceglie “Barabba”, si sarebbe comunque nella zona di rischio massimo perché quel “Barabba” in una “repubblica presidenziale” sarebbe anche capo del governo, salvo italici (in questo siamo bravissimi) ircocervi, ibridi e sarchiaponi istituzionali, non meno inquietanti e pericolosi.

Quello che siamo abituati a considerare l’Arbitro diventerebbe il Giocatore, anche se eletto dal popolo non mi lascia tranquillo.

Un’istanza imparziale e regolatrice è indispensabile e chi se l’assumerebbe? E poi bisognerebbe cambiare la Costituzione in maniera molto penetrante, anche in caso di semipresidenzialismo.

Mi andava bene la riforma elettorale proposta da Renzi (sono sempre stato per un vero maggioritario) e la modifica della costituzione (sono da sempre per il sistema monocamerale) anche perché vedevo il rischio della “repubblica presidenziale” allontanarsi per sempre. Ora è lo stesso Renzi che se ne fa sostenitore.

Perché questa contrarietà?

Perché vi vedo un ammiccare molto rischioso a tratti antropologici nazionali poco rassicuranti.

Eleggo io il presidente! Cavolo! se non è democrazia questa! Si, Si, voglio essere io, scelgo chi mi pare e non come fanno ora quei parrucconi che si riuniscono e parlano, parlano, parlano, io, io … e se lo scelgo io è il migliore per forza e poi è anche capo del governo, così, diobonino, c’ha tutto il potere in mano e finalmente posso starmene tranquillo ad occuparmi delle cose che mi premono davvero.

Il bisogno di un capo, ma scelto da me, eterna illusione, ma dura a morire.

Si dirà che dal 25 luglio del 1943 sono passati quasi ottant’anni e che non si può stare sempre con la testa girata all’indietro, giusto.

Le impronte politiche del resto hanno vita relativamente breve (anche se da noi questo non sembra tanto vero), ma le stigmate antropologiche di un popolo durano secoli.

Quello di un uomo del destino, che però eleggo io (ma, guarda caso, tutti i dittatori hanno goduto dei più vasti consensi del popolo) è un “archetipo” che ci calza ancora come un guanto.

Tra l’altro perfettamente compatibile, anzi concausa, con quello strano concetto di libertà intesa come: “Io faccio quello che cazzo mi pare” (variazione moderna del “Me ne frego” fascista) che abbiamo sperimentato con la propaganda No-Vax.

Non a caso i No-Vax sono egemonizzati dalla destra che è tutta per l’elezione diretta del presidente.

Sembra a me, o nel nostro paese la destra non ha ancora fatto i conti con il suo passato. Quando nel 1994 Berlusconi sdoganò Fini questi considerava ancora Mussolini “il più grande statista del secolo”, poi ha cambiato idea, ma è anche scomparso dalla scena politica.

Inoltre non dimentichiamo che i fascisti furono amnistiati nel 1946 da un ministro comunista e poi gli “armadi della vergogna” sono stati per mezzo secolo in bella vista, ma girati contro il muro nei meandri di uffici pubblici.

Da questo punto di vista siamo un paese che dimentica con facilità, che fa scappare Kappler dal Celio nascosto in una valigia, un paese in cui il concetto malinteso di “perdono” viaggia sul microfono del giornalista che a pochi giorni da un efferato delitto pone quella domanda allo sciagurato superstite.

Anche il fatto che per quindici giorni la destra abbia fatto muro intorno a Berlusconi per candidarlo al Quirinale, un condannato in via definitiva (e non aggiungo altro perché l’elenco sarebbe troppo lungo) è ampia testimonianza dello spirito di una gran parte di popolo (forse la maggioranza?) che perdona, dimentica, anzi spesso ammira chi frega la legge.

Il fascismo nelle forme in cui lo abbiamo conosciuto non tornerà mai, ma una certa forma di “democrazia autoritaria”, di “democratura” è sempre un pericolo incombente e, secondo me, in Italia, per l’Italia, la “repubblica presidenziale” aumenterebbe il rischio di questo approdo.

Una scelta secca, un nome, che si tira dietro tutto un partito ed una coalizione, un presidente che è anche capo del governo; in pratica tutto affidato ad una persona, non mi sembra la trama adatta per noi, basterebbe cambiare qualche norma e ritrovarsi in Ungheria sarebbe un amen! O nell’America di Trump, ma il rischio Trump made in Italy non è mai campato in aria … e noi dovremmo saperne qualcosa.

 

 

 

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Archiviato in:Politica

Info Stefano Bargellini

Stefano Bargellini, anni sessantotto, si è laureato nel 1976, con il massimo dei voti e lode, alla facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze. Dopo un breve periodo di insegnamento, è stato dirigente amministrativo presso il comune di Pescia e funzionario in quello di Pistoia. E’ da alcuni anni in pensione, ma non ha mai smesso di studiare né di interessarsi ai problemi politici e sociali

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