Da lunedì 18 maggio si è riaperto tutto. Le opzioni sul tavolo sono molteplici e una domanda aleggia nell’aria: ne usciremo? Gli ottimisti ci sperano, i pessimisti lo escludono. La verità, come sempre, è metà strada: sarà difficile, ma ce la possiamo fare. Saranno mesi molto importanti. Certamente i singoli Paesi non ce la potranno fare da soli. Anzi la pandemia si è incaricata di spiegare che siamo tutti cittadini del Mondo, sia per le malattie, sia per gli strumenti atti a combatterle. Non solo: si è capito che il virus si trasmette attraverso il contatto tra le persone. E non per nulla il distanziamento di sicurezza (bella questa definizione, recentemente coniata dal giornalista Cecchi Paone) appare la difesa più efficace contro il diffondersi dell’epidemia. Il Covid 19 ci ha però anche insegnato che senza il contatto e l’interscambio, se non si muore di virus si muore di fame. Ci sarà dunque da raccogliere le forze migliori e respingere chi rema contro, magari per lucrare sulle difficoltà, che sono, quelle sì, inevitabili. E che probabilmente non dovremo convivere solo con il Coronavirus, ma anche con il germe dell’intolleranza. Servirebbe una forte unità di intenti, mettendo da parte la campagna elettorale permanente, ovvero l’ultima delle priorità. Quel virus che in questi anni, da una elezione all’altra, ha inteso inquinare le coscienze, pare tutt’altro che indebolito. I Social pullulano di gente convinta che i nemici della nostra vita siano la globalizzazione e le migrazioni, piuttosto che la criminalità organizzata, l’evasione fiscale, le inefficienze, la burocrazia, quest’ultima senz’altro da semplificare. E che lo sviluppo sia una priorità che potrebbe essere colta proprio grazie al sostegno europeo e agli interventi dello Stato. Tutti gli studi rilevano che la maggioranza dei cittadini abbia una percezione distorta delle priorità e potrebbe non essere sbagliato attribuire alla propaganda della destra tale orientamento. Fatto sta che anche in Italia, le forze di estrema destra, che professano ideologie xenofobe e idee confuse riguardo la crescita, godano di ampio consenso. Alla gente piace sentirsi protetta dall’innalzamento di muri ideologici e fisici, piuttosto che guardare con coraggio alle nuove sfide. In questi giorni di lockdown, in cui lo spettro della miseria ha contorni più visibili, la stella di certa ideologia parrebbe essersi un po’ affievolita, ma potrebbe trattarsi solo di un effetto ottico. In Italia, secondo i sondaggi, i consensi per Salvini si sono spostati verso la Meloni, ma come insegna una formula matematica, cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Però c’è anche un buon livello di consenso verso un Governo Conte II, nato un po’ sgangherato, più per interesse che per amore, ma l’unica opzione commestibile in un Paese disorientato e impaurito, per le ragioni sommariamente descritte. Ecco così spiegata la rinnovata aggressività di chi sull’odio poggia la sua stessa ragione di esistere. Se qualcuno avesse espresso l’auspicio che la pandemia ci avesse reso più buoni, evidentemente sarà deluso. Basti pensare alla performance di quel leghista siciliano (!?) tal Alessandro Pagano, deputato della Repubblica. Con disinvolta arroganza, dagli scranni di Montecitorio ha insultato Silvia Romano, la cooperante italiana appena liberata dopo 18 mesi di prigionia nelle mani degli islamisti somali di al-Shabaab. L’ha accusata di essere una neoterrorista, traendo vergognose conclusioni e fomentando l’odio tra le sue truppe. Eppure la ventisettenne Silvia non ha pendenze con la giustizia. A differenza di Pagano. Nel 2018 quest’ultimo è finito indagato, insieme al segretario siciliano del partito, Angelo Attaguile, in un’inchiesta sul voto di scambio che vedeva coinvolta proprio la lista salviniana. E, quanto a protervia Pagano è secondo a pochi. Mesi fa, l’ineffabile leghista siciliano, si scagliava contro chi contestava a Salvini per l’uso disinvolto di simboli cristiani, affermando che il leader della Lega propagandava la religione. Nei giorni scorsi, sempre Pagano, sentendosi forse più cristiano e cattolico del Santo Padre, definiva ‘ostile alla religione’ il decreto che spostava più avanti la riapertura delle Messe. In fatto di intolleranza il solerte parlamentare, ex berlusconiano, ha preceduto di sole ventiquattro ore l’attacco leghista ad un’altra donna, stavolta il protagonista è nientemeno che il suo capo politico, Salvini in persona, che si è scagliato contro Teresa Bellanova. Che cosa ha fatto quest’ultima per solleticare l’aggressività dell’erede di Umberto Bossi? Si è commossa rivendicando una conquista di civiltà contenuta nel cosiddetto Decreto Rilancio, che espelle la schiavitù dal nostro Paese! Non una bazzecola! Lo ha annunciato con voce rotta dalla emozione, in una super ascoltata diretta tv. Teresa vedeva la luce in fondo al tunnel, dopo una vita spesa in difesa di quelli che lei stessa ha definito invisibili. Un risultato ottenuto dopo estenuanti trattative nel governo, in cui addirittura aveva minacciato di andarsene. E, conoscendone il carattere indomito, sicuramente lo avrebbe fatto. Una vita di lotte, che questa donna sessantunenne ha iniziato giovanissima come bracciante agricola, proseguita con l’impegno nella Cgil e approdata, appunto, addirittura alla guida del dicastero dell’Agricoltura. Lei che per lottare, lavorare e per le umili origini, ha potuto conseguire il ben misero titolo di studio di Licenza Media Inferiore. Per una vita ha combattuto la piaga del caporalato, una vera e propria forma di schiavitù, che sottopone i lavoratori a trattamenti incivili. A questa condizione sono costretti anche lavoratori italiani, oltrechè un numero importante di extracomunitari non regolarizzati. Si piangono i morti anche tra i nostri connazionali, come la quarantanovenne bracciante Paola Clementi, deceduta di infarto per la fatica nel 2015. A lei è dedicata la legge contro il caporalato varata dal Governo Renzi nell’ottobre 2016. In un contesto così virtuoso, è una pena scendere nello squallore di ciò che andremo a descrivere. Eppure ci tocca farlo. Il leader indiscusso dell’opposizione di destracentro a forte connotazione di estrema destra, Matteo Salvini, ha infatti ironizzato sul momento di commozione di Teresa. Come? Alla sua maniera: partendo dal presunto disprezzo sociale che lui stesso ed i suoi spin doctor si incaricano giornalmente di fomentare. “Si piange per gli immigrati – ha cinguettato – mentre a piangere sono gli italiani!”. Slogan che sicuramente fa presa. A nessuno infatti sfugge che la pandemia rischia di mettere il Paese in ginocchio! Ma è proprio questo a rendere la frase ancora più grave. Il leader della Lega punta sul fatto che a gran parte della cosiddetta opinione pubblica poco importa approfondire, basta tenere alto l’odio contro gli immigrati e il gioco è fatto. In un Paese normale la notizia dell’emersione degli invisibili commuoverebbe tutti. Invece Salvini, paragonando le lacrime della Bellanova a quelle della Fornero (guarda caso un’altra donna), fa incetta di like. Come tante sue esternazioni che fanno leva, oltrechè su forme malcelate di intolleranza, anche ad una sorta di misoginia sociale. In ogni caso la gravità di certi atteggiamenti va oltre. L’aggressività e l’offesa paiono essere diventate manifesto politico. Non per nulla Salvini si è fatto ritrarre con una t-shirt con la scritta: “Offence best defence” (L’offesa è la miglior difesa). La t-shirt in questione è commercializzata da Blackbrain (“Mente nera”), che ha in catalogo prodotti su cui campeggiano simboli fascisti come lo stemma della Decima Mas e il motto delle SS tedesche (Meine Ehre heißt Treue): sulla pagina facebook dell’azienda c’è anche una foto in cui è lo stesso Salvini a mostrare il capo d’abbigliamento, come un protagonista di uno spot pubblicitario (Salvini, spot alla t-shirt della destra nera. In catalogo anche la Decima Mas e le SS, “Il Fatto Quotidiano”, 30 luglio 2018). Non sorprenda dunque che il cattivismo dell’estrema destra raggiunga anche le città italiane e perfino un centro come Pistoia, medaglia d’Argento al Valor Militare per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività partigiana. Lorenzo Galligani, capogruppo di Fratelli d’Italia, il partito che esprime il sindaco della città, ha scritto un post sulla sua pagina Facebook, successivamente rimosso, ma non abbastanza presto per impedire che qualcuno si organizzasse per fare il cosiddetto “screenshot”, in particolare la parlamentare pistoiese del Pd Caterina Bini, che lo ha riproposto, per disapprovarlo. L’offesa è la maggior difesa, forse anche per il giovane esponente meloniano. Sentite cosa scrive: “Circa la mia contentezza incondizionata per il ritorno della povera Silvia Romano ho già parlato. Circa quell’orrore di tovaglia verde da fondamentalista che le hanno messo addosso e che questi buffoni maledetti (Conte e Di Maio) hanno permesso che tutto il mondo vedesse in diretta mondiale come maxi spot per il terrorismo internazionale penso una cosa soltanto: il mio sogno sarebbe che i nostri servizi scovassero nelle loro capanne sudice e puzzolenti uno per uno i rapitori, i collaboratori, i mediatori, i santoni e gli ideologi e li ammazzassero come cani rabbiosi, possibilmente insieme ai loro famigliari fino al sesto grado (per evitare ulteriori possibili insorgenze dell’infezione), possibilmente di notte, possibilmente lasciando le loro carcasse da subumani bene in vista. Di modo che tutti gli altri subumani che stessero pensando di rapire un italiano pensando di onorare il Corano ci pensassero bene. Cordialità”. Dare di buffoni maledetti al Presidente del Consiglio ed al Ministro degli Esteri, è sempre grave, ma ancor di più ancor più se espresse da un rappresentante delle Istituzioni. E le successive frasi di odio non meritano commenti eppure dopo soli 28 minuti, poco prima che il post fosse rimosso, c’era già 80 reazioni, tra “mi piace” e faccine, 45 commenti e 17 condivisioni. Evidentemente in tanti approvano che si possa decidere chi giudicare senza processi e ammetta la pena di morte anche allargata ai familiari dei condannati. E che si possa impudentemente offendere le Istituzioni. Dopo 48 ore arrivano le “scuse” del consigliere (nonché capogruppo) Galligani, che “ammette” di aver commesso un “errore”. “Le scuse non possono bastare e non bastano – ha commentato il segretario Pd Comunale di Pistoia, Maurizio Bozzaotre, che chiede anche una presa di posizione dei partiti di centrodestra, che però non arriva. Giunge invece la reazione dei pistoiesi, che hanno stigmatizzato certe frasi, raccogliendo in poche more oltre ottocento firme. In tutta evidenza c’è anche un’altra Pistoia e un’altra Italia. Ed è con queste “altre” che affronteremo le pestilenze, anche quelle non strettamente sanitarie. Non sappiamo se andrà tutto bene, ma sappiamo che ancora una volta ci vorrà l’apporto della Resistenza!
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