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Solo Riformisti

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Ministro degli Esteri cercasi

La liberazione di Silvia Romano, ferma restando la gioia di tutti, apre molti interrogativi sulla nostra politica estera. Forse sarebbe meglio se Di Maio dedicasse più tempo alla guida del Ministero e meno alla ricerca di poltrone per i suoi amici.

19 Maggio 2020 da Paolino Casamari 1 commento

Siamo tutti felici che una vita sia stata salvata e che Silvia Romano sia tornata a casa. E speriamo che presto si possa festeggiare il rientro di padre Paolo Dall’Oglio ( sparito dal lontano 2013 nel caos siriano), di  padre Pier Luigi Maccalli, scomparso in Niger nel 2018 e riapparso in Mali, tenuto prigioniero con Nicola Chiacchio, rapito nel 2019.  Ma anche il rientro in Italia di  Silvia Romano  è vissuto come uno scontro tra due opposte fazioni che non sentono ragione e non vogliono cercare, con serenità, con equilibrio,  risposte ad alcune domande. Domande che vorrei rivolgere al Presidente del Consiglio, al Ministro degli Esteri, al Ministro della Difesa, alle commissioni parlamentari.

  1. L’aiuto turco (“i servizi segreti del Mit”) in Somalia, per la liberazione dell’ostaggio, è avvenuto per uno scambio di favori con la promessa italiana di un pieno via libera per Erdogan e la Turchia nella sua difesa di al-Sarraj e di Tripoli ? Così scrive Repubblica a firma di Marco Ansaldo, che sembra bene informato.
  2. Possiamo quindi sapere che cosa l’Italia intende fare per tutelare i nostri interessi energetici, gas e petrolio, che provengono dalla Libia? O pensiamo che l’Eni se la debba cavare da sola? Cosa che peraltro l’’Eni ha fatto di fronte alla aggressione turca verso le piattaforme petrolifere al largo dell’Egitto e di Cipro: lì erano intervenute le forze navali francesi a tutela della Total, con cui, con grande lungimiranza, l’Eni aveva stretto un accordo di collaborazione.
  3. Come intendiamo muoverci, in Libia, sull’uscio di casa nostra, dove in questi giorni gli Emirati Arabi, con l’appoggio dell’Egitto e dell’Arabia Saudita, della Russia stanno fornendo armi al generale Haftar?
  4. Risulta che la Turchia, con il finanziamento del Qatar (che peraltro possiede un quartiere di Milano, compresa la sede di Unicredit) abbia di fatto occupato la Somalia, ricostruendo porto, aeroporto, strade e illuminazione di Mogadiscio. Quindi la presenza della Turchia in tutta l’Africa del nord, dalla fascia subsahariana, al Corno d’Africa, dal Sudan, al Kenya e all’Uganda, dal Mali al Senegal, dalla Mauritania, all’Algeria, si accompagna alla presenza cinese in tutto il resto dell’Africa. E l’Italia dov’è?
  5. In questi anni molti leaders italiani hanno compiuto visite a Doha, in Qatar, che, a detta degli altri Paesi del Golfo e dell’Egitto, sostiene Hamas e la Fratellanza mussulmana. Tali visite a cosa sono servite?
  6. Ora, sarebbe interessante capire la strategia dell’Italia, l’attività del nostro Ministero degli Esteri non solo in Africa, ma anche nei confronti del Qatar e degli Emirati Arabi Uniti, del Bahrain. D’altra parte, i rapporti dell’Italia con i Paesi del Golfo, in primo luogo gli Emirati Arabi Uniti, non sono stati brillantissimi negli anni passati, vedi la vicenda dal 2014 al 2017 di Etihad/Alitalia.
  7. Visto che la Turchia si è mossa anche sul piano militare, organizzando uno dei più grandi centri di addestramento militare, forse viene in mente al governo italiano che è il caso di affrontare positivamente la proposta di Macron di una forza armata comune europea, che nei mesi scorsi è stata lasciata colpevolmente cadere?
  8. Incombe sempre il problema dei tre milioni di siriani profughi che la Turchia usa come strumento di ricatto verso l’Europa, la quale non mi pare abbia ancora definito una posizione sulla Siria e sulle vicende turco-siriane. E l’Italia cosa ne pensa?
  9. Sarebbe utile anche conoscere quale politica l’Italia intende svolgere nel Mediterraneo, magari anche d’intesa con quei Paesi dell’Unione Europea che insistono in questa parte del mondo, che diventa sempre più rilevante negli equilibri internazionali.
  10. Sarebbe interessante sapere anche che apporto, quale contributo l’Italia ha dato e intende dare per una politica europea comune verso l’Africa, magari anche per impostare una strategia sulla emigrazione africana e sulla immigrazione in Europa.
  11. Ovviamente non sapremo mai, ufficialmente, quanto è stato il riscatto pagato. Trapelano cifre che vanno dai due ai quattro milioni, comprensivi anche delle “provvigioni” degli intermediatori. “I rapimenti di personale occidentale, insieme al contrabbando e al traffico di droga, costituiscono secondo gli organi specializzati delle Nazioni Unite che operano nel settore, uno dei tre maggiori cespiti di entrata per i gruppi terroristici islamici presenti in Nordafrica, nel Sahel e nel Corno d’Africa.– scrive Jacopo Torri su “Limes” – In parecchi Stati dell’area i nostri cooperanti sono conosciuti con il soprannome di Walking Money, “denaro che cammina”. Un “denaro” che prima o poi qualcuno provvederà a ritirare dalla banca. Si sono create col tempo vere e proprie filiere, per cui l’ostaggio appena rapito viene immediatamente rivenduto a una banda più grande che a sua volta provvederà a rivenderlo quanto prima; così via sino a farlo confluire nelle mani di un vertice terroristico perfettamente attrezzato per svolgere o seguire una trattativa in piena sicurezza. Non soltanto l’Italia ma buona parte dei paesi occidentali hanno dovuto prima o poi fare i conti con questa situazione, ritrovandosi costretti a scegliere tra accettare le richieste economiche dei rapitori o rischiare difficili azioni di forza dall’esito incerto.”
  12. Tenuto conto di questa situazione quali misure intende adottare il governo italiano per il futuro, poiché“ Se l’Italia dovesse risultare (come sta avvenendo) l’unico grande paese occidentale disposto a pagare, i rapimenti finirebbero tutti con l’indirizzarsi inevitabilmente verso cittadini del nostro paese. – scrive Jacopo Torri su “Limes” –Ciò consente ai rapitori di evitare i rischi connessi al sequestro di un americano, un francese o un inglese”.
  13. Forse è il caso di chiedere alle ONG, che operano in Africa, di concordare le loro attività in zone coperte da una presenza italiana ed europea, diplomatica e/o militare.
  14. O forse – come dice Jacopo Torri – è anche il caso di imporre la stipula di assicurazioni che coprano il rischio dei sequestri da parte di tutte le organizzazioni che inviano cooperanti italiani in zone difficili e agitate.

Mi illudo che il Ministro degli Esteri faccia il Ministro degli Esteri, ma in realtà   è più interessato alle nomine dei suoi  amici nelle aziende pubbliche e a negare la regolarizzazione degli immigrati che raccolgono i pomodori a casa sua in condizioni schiavistiche.

(questo articolo è stato ripreso dal sito http://www.ilmigliorista.eu con il consenso dell’amministratore del sito)

 

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Commenti

  1. Emanuela dice

    16 Maggio 2020 alle 10:56

    Articolo chiaro, ben scritto e documentato.
    le domande poste sono legittime e ciascun cittadino italiano dovrebbe porle, sfrondate dalle componenti emozionali o ideologiche, non solo al Governo Italiano e al suo Ministro degli Esteri ma anche e soprattutto all’Europa, se esistesse.

    Rispondi

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