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COVID-19 Coronavirus Vaccine and Syringe with flag of Italy Concept Image

Ecco perché scarseggia il vaccino AstraZeneca

Le difficoltà di approvvigionamento del vaccino di AstraZeneca sono una conseguenza di errori fatti sia dall’Europa che dalla stessa ditta. Rimane il fatto che la AZ sembra trattare il governo britannico con un ingiustificato occhio di riguardo.  

26 Marzo 2021 da Fabio Colasanti Lascia un commento

È chiaro che alla fine del primo trimestre del 2021 tutto il mondo è ancora  in una situazione di scarsità di dosi di vaccini anti-Covid.   Questo è normale.   Un anno fa non sapevamo nemmeno se a questa data avremmo avuto dei vaccini.

Le cifre della produzione mondiale di vaccini incitavano poi a una grande prudenza.   Nel 2019, la produzione mondiale di tutti i vaccini si aggirava attorno ai cinque miliardi di dosi all’anno (compresi i vaccini contro l’influenza).  Oggi chiediamo alle poche ditte che producono vaccini di continuare a produrre quei cinque miliardi di dosi – dei quali abbiamo sempre bisogno – e di aggiungerci le produzione di almeno altri dieci miliardi di dosi all’anno di vaccini anti-Covid.

L’Unione europea comunque non ha solo un problema generale di approvvigionamento di vaccini, ma ha anche e soprattutto un grosso problema con la AstraZeneca (AZ).   Quello che sta succedendo con le altre ditte rientra nei normali rapporti di fornitura di un prodotto assolutamente nuovo.   E il problema con l’AstraZeneca non è sulla qualità del suo vaccino, ma sui ritardi nella produzione del vaccino e nelle consegne.

Penso che la posizione della AZ sia completamente sbagliata quando insiste nel far ricadere sulle consegne all’Unione europea le difficoltà di produzione riscontrate nelle fabbriche situate nel territorio di questa.   Purtroppo, questo punto è stato indirettamente inserito nel contratto proprio dalla UE che ha chiesto che i vaccini per l’UE fossero prodotti nell’UE stessa (più UK).   Con questo la UE si è, per esempio, tagliata fuori dalla produzione del più grosso fabbricante di vaccino AstraZeneca che è in India.   Il Regno Unito non ha chiesto che le consegne nel RU venissero dalla produzione locale.

Nella situazione della lotta al Covid-19, risparmiare sul prezzo pagato e introdurre una norma “buy EU” sono preoccupazioni che avrebbero dovuto restare in secondo piano rispetto all’obiettivo principale che doveva essere solo : “avere tante fiale subito” a qualsiasi condizione e a qualsiasi prezzo.   Clemens Fuest e Daniel Gros, hanno pubblicato un paper sul sito del CEPS dove stimano in 2000 euro il valore economico per l’Unione europea di ogni singola dose di vaccino disponibile entro il 2021.

Non capisco però come la AZ possa essersi sbagliata sulle sue capacità di produzione in una maniera così clamorosa.  Stimare in maniera precisa la capacità di produzione di un prodotto nuovo è difficile, ma poter consegnare solo un terzo di quanto previsto è una cosa veramente grossa.   Sembra, da quanto affermato da responsabili della Commissione europea, che il problema sia dovuto al fatto che oggi sarebbero attivi nella UE un numero di siti di produzione molto inferiore a quello inizialmente previsto.

AZ ha fatto anche errori durante i trials in Europa.   In un webinar di un mese fa che ho seguito, Andrea Crisanti ha affermato che in tempi normali l’EMA avrebbe dovuto chiedere alla AZ di rifare alcuni trials.   Gli errori che questa aveva fatto in questi test erano significativi.   La FDA ha chiesto alla AZ di rifare un trial e adesso un istituto di ricerca americano ha messo in dubbio alcuni dati del nuovo trial.   Ma si tratterebbe di differenze che incidono sulla stima sul grado di efficacia del vaccino che sarebbe più alta di quella stimata fin ora, ma non così più alta come affermato dalla AZ.

Il blocco delle esportazioni di vaccini imposto da Donald Trump sta bloccando la distribuzione dei vaccini AZ prodotti negli USA.   Non possono essere utilizzati nel paese (la FDA non ha ancora autorizzato il vaccino), ne possono essere esportati.   Sembra che ci siano svariati milioni di dosi bloccate.   La CNN ha recentemente affermato che gli USA non hanno un grande bisogno del vaccino AZ.   Tanti sperano che nel suo intervento al Consiglio europeo del 25 marzo, il presidente Biden possa annunciare un alleggerimento dell’Executive Order di Donald Trump che permetta l’esportazione verso l’Europa di quantità significative di dosi di vaccino AZ già prodotte negli Stati Uniti.

L’Unione europea nelle settimane scorse ha fatto pressioni sull’amministrazione Biden perché abolisse il blocco imposto da Donald Trump.   Ma le sue richieste, che erano indebolite dal continuo parlare di blocchi delle esportazioni dalla UE di vaccini AstraZeneca, non hanno prodotto risultati fino ad ora.

Non riesco a liberarmi del sospetto che una ditta che sul vaccino avesse guadagnato qualcosa (la AZ è obbligata a vendere a prezzo di costo dall’accordo con l’università di Oxford) avrebbe fatto sforzi maggiori per evitare errori e per aumentare la propria capacità di produzione.   Per la AZ fare oggi cose non previste dai contratti significa utili più bassi di quelli che avrebbe realizzato se non avesse mai cominciato a produrre il vaccino.

Rimane il fatto che la AZ sembra trattare il governo britannico con un ingiustificato occhio di riguardo.   Alcuni giornali hanno riportato una storia interessante.   La Halix, una ditta olandese di Leida, ha firmato all’inizio di dicembre 2020 un accordo per la produzione del vaccino AZ.   Avrebbe quindi chiesto al governo olandese una sovvenzione per aumentare la sua capacità di produzione.   Il governo olandese avrebbe cominciato a riflettere sulla cosa.   Avrebbe poi deciso di rispondere in senso affermativo, ma si sarebbe sentito dire che la ditta non aveva più bisogno della sovvenzione, un investitore britannico avendo già fatto l’investimento necessario.   Secondo alcuni giornali olandesi, l’investitore britannico sarebbe stato il governo UK.   Che la Halix sia uno dei siti di produzione AZ che avrebbe dovuto produrre per la UE e che invece non lo stanno facendo ?

Il governo britannico non ha introdotto restrizioni legali alle esportazioni di vaccini dal Regno Unito verso altri paesi.   Ma ha dei contratti commerciali fatti prima dei nostri e ci ha probabilmente aggiunto uno con la Halix olandese.   La Task Force per i vaccini del governo britannico ha cominciato a lavorare e discutere con le ditte produttrici già nell’aprile 2020, molto prima che noi cominciassimo a fare i primi passi.   E il governo britannico ha sovvenzionato generosamente l’istituto Jenner dell’università di Oxford che ha sviluppato il vaccino AZ (in collaborazione con la IRBM di Pomezia).

Nel contratto tra la AZ e la UE c’è un articolo in cui la AZ dichiara di non avere impegni contrattuali che possano ostacolare le consegne all’UE.   Si può dubitare della veridicità di questa affermazione.

In ogni caso, tutto quello che oggi si può fare è organizzare una discussione a tre: UK, UE e AZ per cercare di ottenere una diversa ripartizione dei tagli nelle consegne AZ dei prossimi due/tre mesi a questi due clienti.   Questo può essere fatto solo sulla base di considerazioni politiche e di buon senso e, cosa spiacevole per l’UE, significa chiedere un favore al Regno Unito.   Altre azioni non sono immaginabili.   Il “fare la faccia feroce” come sta facendo Mario Draghi è per l’opinione pubblica italiana e, un po’, per cercare di arrivare in una posizione leggermente migliore a questo negoziato a tre.

Tutto il resto, compresa le richiesta di “un cambio di passo della Commissione europea” sono aria fritta.   Non vedo proprio che altro possa fare la Commissione europea.   La disponibilità di vaccini nei prossimi due/tre mesi non può cambiare molto.   Quello che viene dato in più agli uni è sottratto agli altri.

Non dimentichiamo che la stragrande maggioranza del mondo, industrializzato e non, sta in fila dietro di noi.   I tassi di vaccinazione nell’UE sono più bassi di quelli di Stati Uniti, Regno Unito e di cinque/sei piccoli paesi (soprattutto Israele e Emirati Arabi Uniti), ma sono ben superiori a quelli di tutto il resto del mondo, industrializzato o no.

Per fortuna, la Pfizer-BT sta producendo più del previsto.   Peccato che il suo vaccino non fosse uno di quelli sui quali il nostro governo ha inizialmente puntato di più (i tre più grossi ordini italiani sono andati a J & J, AstraZeneca e GSK-Sanofi).   E tutte le ditte, compresa la AstraZeneca, stanno facendo contratti con altre ditte per produrre su larga scala i vaccini già disponibili.   L’Unione europea, attraverso il commissario Thierry Breton, sta incoraggiando questi accordi.   Peccato che non abbia cominciato a farlo nell’estate/autunno scorsi.

Un paio di considerazioni ancora sull’AstraZeneca.   I contatti con questa ditta erano già cominciati da parte della “Vaccines alliance” formata da Germania, Francia, Italia e Olanda prima che si decidesse di agire a nome dei 27.   I negoziatori UE hanno quindi ripreso un negoziato che era stato iniziato dai quattro paesi che ho citato.   Non è vero che l’Unione europea abbia “puntato tutto” sul vaccino AstraZeneca come alcuni affermano.    Le dosi ordinate alla AZ sono nella stessa quantità di quelle ordinate alle altre cinque ditte con le quali sono stati sottoscritti i primi sei contratti.

Ricordo ancora che fino a gennaio i nostri media chiamavano il vaccino AstraZeneca, il vaccino anglo-italiano a causa del ruolo della IRBM di Pomezia.

Fare politica industriale significa correre dei rischi.   Delle volte le cose vanno bene, delle volte vanno male.

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Info Fabio Colasanti

Fabio Colasanti è un economista che ha lavorato per molti anni alla Commissione europea. Si è laureato in economia a Roma con il professore Federico Caffè e con Ezio Tarantelli. Ha lavorato per una ventina d'anni nella direzione generale per gli affari economici e finanziari dove ha lavorato sul Sistema monetario europeo, è stato coordinatore delle previsioni economiche della Commissione europea e poi responsabile della redazione dei documenti di analisi economica (rapporti annuali e raccomandazioni di politica economica).

Nel 1996 è diventato direttore alla direzione generale per il bilancio. Successivamente ha diretto la direzione generale per le imprese e poi quella responsabile per le telecomunicazioni, lo sviluppo delle politiche digitali ed il finanziamento della ricerca in questi campi.

Nel 2010 ha fatto parte di un gruppo internazionale incaricato di formulare raccomandazioni per il futuro dell'ICANN e per il suo ruolo nell'assegnazione degli indirizzi internet e dei nomi di dominio.

Dall'aprile 2010 a marzo 2016 è stato presidente dello International Institute of Communications (Londra, UK). Dal 2014 al 2020 è stato membro del Consiglio di amministrazione di Rai Way (società quotata in borsa). Dal 2011 è uno degli organizzatori del seminario di Villa Vigoni sull'euro.

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