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Solo Riformisti

Uno spazio aperto al confronto, civile e concreto, e un’occasione di riflessione. Per restare ancorati alla realtà, senza rinunciare agli ideali, per rifiutare le posizioni ideologiche, per riaffermare i valori democratici.

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Da che parte stare

Molti, anche in Italia, tendono a giustificare la guerra scatenata da Putin. Una piccola guida alle opinioni prevalenti di chi assume una posizione di equidistanza da Russia e Ucraina.

28 Marzo 2022 da Lorenzo Colovini Lascia un commento

La mia opinione sul conflitto in corso è che gli ucraini facciano benissimo a resistere e che facciamo bene ad aiutarli, anche con le armi. Penso che l’operato di Putin sia dissennato. Il tutto per molti motivi, da quelli di alto profilo illustrati da Federico Moro in questa testata ad altri più terra terra (ma non meno sostanziali) che non sto a descrivere tanto sono evidenti.

Questa opinione è certamente prevalente nel Paese e in generale nel mondo occidentale. Tuttavia c’è una rilevante minoranza di osservatori e gente comune che non la pensa così. E siccome viviamo in un Paese dove si può fortunatamente esprimere la propria libera opinione, i giornali, le trasmissioni TV e i social traboccano di opinioni contrarie (del tutto legittime si intende). Fin qui tutto normale, di quella benedetta, sana, normalità di una società democratica. Vi sono altresì alcuni aspetti singolari.

Il primo è che i portabandiera di un’opinione difforme dal mainstream hanno un atteggiamento di petulante vittimismo, quasi che il mondo congiuri contro di loro e imponga un Pensiero Unico che nega la loro libera espressione. Non mi pare proprio: la variegata categoria dei “problematici” (la chiamerò così per brevità) è super rappresentata (non c’è quasi trasmissione TV in cui non ci si almeno un problematico) eppure a sentire loro l’informazione nazionale è a senso unico, è falsata, è miope e interessata ad una sola narrazione. Un po’ lo stesso piagnisteo che ci siamo sorbiti dai no vax.. anche costoro, una sicuramente netta minoranza nel Paese, clamorosamente sovrarappresentata nei media, eppure inesausta nell’autodipingersi come martire del libero pensiero.

Inoltre – e questo è il secondo aspetto singolare – i problematici non sono (solo) degli scappati di casa un po’ svalvolati ma annoverano tra le loro fila intellettuali e figure di primo piano in vari campi dello scibile (filosofi, giornalisti, insegnanti, storici, scienziati). E proprio perché personaggi abituati a essere circondati da deferente considerazione, non sono mica farina da far ostie. I problematici (lo ho constatato io stesso nei pochi scambi social in cui mi sono avventurato) sono molto assertivi: chi non la pensa come loro è praticamente un minus habens, uno che si beve le panzane del sistema (mentre loro no, a loro non gli conti mica la favola dell’orso.. loro guardano oltre, guardano le cause, loro hanno i curricula grondanti titoli e autorevolezza..). Va pure detto che troppo spesso loro stessi sono attaccati con epiteti livorosi e offensivi in una desolante gara a chi ce l’ha più lungo.

Poiché è nello spirito illuminista di questa testata argomentare in modo razionale, nel seguito illustro brevemente le molte argomentazioni dei problematici (che sono diverse e non tutte riconducibili a un solo pensiero, come è assolutamente ovvio e comprensibile) e tento di commentarle e confutarle. Lo farò inevitabilmente attraverso il filtro del mio convincimento e del mio modo di pensare – quindi del tutto arbitrario – ma forse può essere un esercizio utile. Comunque la si pensi.

  1. Tutta colpa degli Stati Uniti. Qui gioca il consueto riflesso pavloviano dell’antiamericanismo. Agli americani vengono attribuite le peggiori nequizie che avvengono nel mondo e quindi anche questa. Putin, povera stella, è solo un elemento necessitato della vicenda.

Detto che è vero che gli americani da decenni non ne combinano una giusta, è esagerato attribuire loro tutte le colpe (anche il martirio dello Yemen, che è una guerra “per procura” tra due potenze regionali, anche i casini della Libia e della Siria, che hanno sostanzialmente subito). Ma soprattutto: il fatto che in Iraq e Afghanistan sono morti sotto le bombe USA che c’entra nella fattispecie? Forse che gli errori USA assolvono Putin? In ogni caso, la (giusta) necessità di affrancare la politica europea dagli USA implica necessariamente che l’Europa si attrezzi per difendersi da sola e quindi aumenti le spese militari. Ma gli stessi che criticano gli Stati Uniti sono quelli che criticano ogni ipotesi in tal senso. 

  • Colpa dell’allargamento della NATO. Argomentazione corollario della precedente. È tutto un proliferare di cartine in cui si vede l’espansione della NATO tra un “prima” e un “adesso”. Quasi che spieghino e giustifichino quello che è avvenuto. Si dice che Putin non poteva permettere l’espansione della NATO ai confini della Russia e che era stato “promesso” a Gorbaciov, al momento della dissoluzione dell’URSS, che la NATO non si sarebbe espansa. Crozza ha addirittura sostenuto il parallelo con i missili URSS a Cuba nel 1961 (prontamente lodato da Travaglio, chi altri?, come uno “che sa la storia”): così come gli americani si sono giustamente incazzati dei missili a Cuba, altrettanto giustamente Putin si incazza dei missili sul Dnjepr.  Insomma, quella di Putin sarebbe sostanzialmente una legittima autodifesa.

La replica è quasi banale. 1) i Paesi che si sono aggiunti alla NATO, i baltici e i satelliti ex Patto di Varsavia lo hanno chiesto loro! Non sono stati costretti a farlo. E chissà mai perché lo hanno chiesto.. 2) aggrapparsi a una promessa, peraltro non formalizzata, di 30 anni fa non ha alcun senso. Diverse le condizioni e diverso il mondo. 3) il parallelo dei missili a CUBA dimostra esattamente il contrario di quello che si vuole sostenere. Perché nel 1961 gli USA si sono sì “incazzati”, hanno vigorosamente protestato e minacciato contromisure ma NON sono andati a bombardare l’Avana! 4) la minaccia che costituirebbe l’Ucraina nella NATO viene dipinta come inaccettabile perché porterebbe la NATO ai confini con la Russia. Peccato che la NATO ai confini della Russia (peraltro a un tiro di schioppo da S. Pietroburgo) ci sia da un pezzo, con le repubbliche baltiche e senza che per questo vi sia stata alcuna minaccia derivante da questo. I missili oggi presenti in Europa sono una frazione minimale di quanto ai tempi della Guerra Fredda ed in ogni caso possono già arrivare ovunque, non certo ci sarebbe bisogno dell’avamposto ucraino.

  • Irenismo assoluto. La guerra è il peggiore dei mali, terribili sofferenze, morti e distruzione aspettano gli ucraini e quindi, sostanzialmente, devono arrendersi e assoggettarsi al più forte vicino (anzi non dovevano proprio reagire sin dall’inizio). E, corollario immediato, è un errore assoluto mandare loro armi per difendersi perché questo non fa che prolungare i giorni di agonia. La tesi ha parecchie varianti. Chi dice che gli ucraini non devono rompere i coglioni e accettare supini il loro destino di sottomissione. Chi più pudicamente dice che si devono affidare ai negoziati.

La nobiltà dell’irenismo e insieme i limiti dello stesso sono un tema vasto e irrisolvibile. Su Luminosi Giorni https://www.luminosigiorni.it/2015/12/la-pace-universale-utopia/ ne parlavamo qualche anno fa. A margine, qualche osservazione. Non essere irenisti assoluti non significa essere dei sadici o degli stolti che non vedono la devastante implicazione di una guerra. Significa prendere atto appunto che la reazione alla violenza è a volte l’unica possibile risposta per la salvaguardia dei diritti umani. Quindi bisogna essere coerenti e ammettere che l’adozione dell’irenismo incondizionato ha parecchie contraddizioni (robette come negazione della democrazia, diritti umani, precedente devastante per il futuro..), non nascondersi dietro un ipocrita “bisogna affidarsi ai negoziati”. Ma quali negoziati di grazia? Gli unici negoziati concepibili sono proprio quelli a seguito di una resistenza sul campo. Posto naturalmente che una volta aperti davvero i negoziati anche la parte ucraina dimostri ragionevolezza (e ad oggi non sembrerebbe così). Su un punto, peraltro, l’allarme dei problematici ha un deciso fondamento: l’invio di armi di cui non si avrà il controllo in futuro è un rischio molto alto. Ma, ripeto, è un prezzo che non si poteva non pagare perché non inviare armi di fatto è imporre agli ucraini la resa incondizionata.

(il resto dell’articolo è possibile leggerlo su www.luminosigiorni.it)

 

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Info Lorenzo Colovini

Nato a Venezia nel 1959, vi ha sempre risieduto tranne alcuni periodi per lavoro. Laureato in ingegneria elettrotecnica nel 1984 all’Università di Padova, sposato con due figli gemelli (ormai 25enni) lavora all’Enel, settore Distribuzione, da 1987. Ha svolto per circa 20 anni incarichi nel territorio per poi passare ad attività di carattere nazionale nel International Business Development, lavoro che lo porta a passare molto tempo all’estero. Sempre come business developer di Enel, ha vissuto a Pechino per circa un anno e mezzo (2008-2009). Collaboratore fisso della testata on line Luminosi Giorni, rivista di cultura politica con particolare attenzione a temi dell’area veneziana. Fa parte del Direttorio di UNAeUNICA, associazione trasversale nata per contrastare l’ipotesi di divisione del Comune di Venezia nelle due parti di acqua e di terra.

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