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Solo Riformisti

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Cattivi maestri. Canfora, l’Ucraina e la storiografia

Il fatto che milioni di ucraini non vogliano affatto essere inghiottiti nella Russia di Putin, che vogliano continuare a vivere come hanno vissuto in questi anni, per la sinistra è del tutto irrilevante: per loro è solo la guerra tra la NATO e la Russia.

13 Aprile 2022 da Sergio Benvenuto 3 commenti

Luciano Canfora, un prestigioso filologo classico, è divenuto una star televisiva da tempo per esprimere i punti di vista di quella che chiamerei la Sinistra Sacra. Intendo una sinistra che non ha quasi nessuna espressione elettorale ma rigogliosa in buona parte dell’intellettualità italiana, e che sunteggerei con la frase famosa di Nanni Moretti: bisogna dire qualcosa di sinistra. L’importante non è farsi eleggere, governare, ma esprimere la posizione corretta, ovvero quella di sinistra. Questa Sinistra Sacra – sacra nel senso latino di intoccabile, perché non viene toccata dalla realtà e dalla storia – è rappresentata da vari altri corifei ben noti al pubblico di massa.

In un articolo sulla pagina culturale del Corriere della Sera (20 marzo 2022), Canfora non si esprime direttamente sul conflitto ucraino, ma usa una sorta di parabola storica: il modo in cui Tucidide descrisse la guerra del Peloponneso (431-404 a.C.) tra Atene e Sparta, e che si concluse con la vittoria di Sparta. Canfora insiste sul fatto che Tucidide, pur essendo ateniese, parla del conflitto tra le due grandi potenze greche in modo distaccato, oggettivo, senza parteggiare per l’una o per l’altra. Tucidide riconosce che si tratta di una guerra tra potenze. Oggi si parla di “trappola di Tucidide” per indicare il fatto che una potenza finisce col fare la guerra a una potenza emergente per contenerne l’ascesa. Canfora usa questo come un apologo da interpretare: la guerra in Ucraina non sarebbe altro che una guerra guerreggiata che oppone due potenze, Stati Uniti (e magari anche Europa occidentale) e Russia. Parteggiare per l’una o per l’altra significa essere vittima o della propaganda “occidentale” o di quella putinica, mentre la Sinistra Sacra deve avere l’olimpica neutralità dello sguardo di Tucidide, e condannare ogni guerra come “trappola”.

Si tratta qui di una confusione di livelli che porta a conclusioni alquanto ciniche. E’ vero che lo storico non deve parteggiare ma descrivere i fatti e interpretarli, ma una cosa è scrivere la storia (anche se scrivere storia mentre si sta facendo, come fu il caso di Tucidide) altra cosa è agire da uomo e donna che vive in una certa città, che deve fare comunque delle scelte. Del resto Tucidide come uomo non fu affatto neutro, anzi, partecipò attivamente alla guerra, fu stratega della flotta ateniese contro quella spartana nell’Egeo settentrionale. Divenne “neutrale” per guai personali, perché avendo fallito il soccorso agli ateniesi nella battaglia di Anfipoli (424-422 a.C.), fu accusato di tradimento e dovette andarsene dalla città (o fu lui stesso a esiliarsi, gli storici ancora discutono su questo). Possiamo leggere quindi la neutralità scientifica di Tucidide anche come effetto di un’ingiustizia scottante da lui patita come persona. Comunque, almeno in una prima fase l’ateniese Tucidide fu tutt’altro che neutrale!

Oggi le regole storiografiche proibiscono i giudizi partecipativi. Uno storico che narri, mettiamo, la guerra civile americana (1861-1865) è tenuto a non qualificare i Confederati di “biechi schiavisti” né gli Unionisti di “cinici rappresentanti del capitalismo yankee”, anche se lo storico, come persona, può esprimere in privato proprio queste valutazioni. E’ una questione di contesti di discorso. Ora, se dovessimo seguire quel che dice Canfora, che la guerra è sempre tra potenze, avremmo dovuto essere neutrali tra Nordisti e Sudisti nella guerra civile. All’epoca una certa sinistra europea era proprio di questo avviso: capitalisti contro capitalisti, quella guerra non era “giusta”. Al che Marx reagì dicendo che invece bisognava assolutamente schierarsi dalla parte di Lincoln. Seguendo il filologo classico, il fatto che gli Unionisti volessero eliminare la schiavitù dei neri, e i Confederati volessero invece mantenerla, dovrebbe essere qualcosa di irrilevante: era solo lo scontro di due potenze cadute nella trappola di Tucidide.

Quando ero giovane, i miei professori di storia (all’epoca tutti di sinistra) mi insegnavano proprio questo: la civil war americana era la guerra del capitalismo industriale avanzato contro il capitale fondiario e schiavista del Sud. Una guerra interna al capitalismo. Perché per la sinistra come per il pensiero liberista (in questo del tutto omogenei) quel che conta è la lotta economica, i valori – fregnacce come la libertà, la lotta allo schiavismo, la democrazia, l’indipendenza, l’autonomia, la dignità, ecc. – non contano nulla, sono sovrastrutture, illusioni, alibi morali. Siccome i valori non contano nella storia, non c’è alcuna ragione per parteggiare per Atene o Sparta, per Lincoln o i Confederati, per Hitler o Roosevelt, per Putin o Zelenskj.

Ora, nel caso della guerra civile americana, non si vede però perché gli stati industrializzati del Nord dovessero sentire come incompatibile lo schiavismo agrario del Sud. Lo schiavismo non portava al Nord alcun danno, i due sistemi, da un punto di vista economico, potevano continuare benissimo a coesistere. Non potevano coesistere però i due sistemi etici: ammettere o meno lo schiavismo.

Siccome per la Sinistra Sacra la lotta oggi non è più tra buoni e cattivi – ovvero tra socialisti-comunisti da una parte e capitalisti dall’altra – ma ormai solo tra capitalisti, ovvero tra cattivi, si può guardare alla storia che ci scorre davanti con una distanza marziana, Essa non si sente implicata. Il fatto che milioni di ucraini non vogliano affatto essere inghiottiti nella Russia di Putin, che vogliano continuare a vivere come hanno vissuto in questi anni, per questa sinistra è del tutto irrilevante: per loro è solo la guerra tra la NATO e la Russia (anche se la NATO fa di tutto per non essere coinvolta nella guerra). Quel che pensano gli ucraini non rientra nella narrativa sacra. Analogamente, siccome la guerra civile americana era tra due “cattivi”, io schiavo nero, se fossi stato “di sinistra”, avrei dovuto essere neutrale, condannare la guerra perché ogni guerra è cattiva. E in effetti la guerra civile fu una carneficina in cui morirono circa 620.000 uomini, più americani che in tutta la 2° guerra mondiale.

Analogamente, se ero un ebreo tedesco o polacco, avrei dovuto essere neutrale come Canfora tra la Germania nazista da una parte e USA e UK dall’altra: non erano tutte società a capitalismo avanzato? Il neutralismo di una certa sinistra, che vive nella notte in cui tutte le vacche sono nere, è cieco, oltre che immorale.

Altri commentatori “neutrali” ricordano poi che le ragioni di una guerra, inclusa quella in Ucraina, sono complesse. Io sono stato sempre un fan della complessità, della teoria del caos, dell’effetto farfalla… Ma anche qui si confondono i piani. La complessità risulta a un esame dei processi storici, ma ci sono situazioni nella vita in cui dobbiamo compiere delle scelte semplici. Posso capire che siano molto complesse le ragioni per cui un giovane europeo della terza generazione di immigrati maghrebini, mettiamo, possa convertirsi all’Islam fondamentalista e diventare un kamikaze. Ma se il kamikaze mi corre incontro per esplodere con me, molto semplicemente gli sparo prima che mi raggiunga, se ho una pistola.

Il mondo visto da questa Sinistra Sacra è un mondo piatto, a due sole dimensioni, come Flatlandia di Abbott: quel che conta nella storia sono i conflitti di potere e l’economia. Punto. Il mondo in cui vive questa sinistra è senza spessore, senza incroci, senza buchi, perché in una forma bidimensionale non ci possono essere buchi. Non si accetta il fatto che nella storia ci siano tanti altri fattori, anche quelli che chiamiamo “morali”. Non si ammette che Lincoln credesse veramente nella fine della schiavitù come un marchio di civiltà: se ha scatenato una guerra così sanguinosa – si dice – era per non perdere potere. Eppure c’erano delle ragioni morali, non solo economiche, anche tra i Confederati: anche chi non possedeva alcuno schiavo si arruolava per il Sud in forza del principio dell’autodeterminazione dei popoli. In effetti, il conflitto tra Nord e Sud era anche un conflitto tra due priorità morali: per il Nord la priorità era liberare gli schiavi, per il Sud la priorità era la propria indipendenza. E’ la stessa priorità che rivendicano vari irredentisti: baschi e catalani in Spagna, scozzesi in Gran Bretagna, certe aree del Donbass in Ucraina. Si diventava terrorista basco per ragioni economiche? La storia è anche storia di valori. Anche Tucidide, quando divenne stratega ateniese, si batteva per dei valori – la lealtà alla propria patria, suppongo. Quando viviamo, non siamo gli storici accademici di noi stessi.

Postilla

In una trasmissione televisiva (Atlantide de La7, 23 marzo) Canfora torna in scena e non si smentisce. Afferma che ci sarebbe bisogno di una nuova Yalta per ridare ordine al mondo.

Innanzitutto si tratta di una visione storica da rotocalco, perché ormai si sa che a Yalta (1945) non si è deciso un bel nulla – anche perché Stalin non mantenne quasi nessuna delle promesse fatte a Churchill e Roosevelt. Di fatto il mondo si è diviso secondo le linee disegnate dalla presenza degli eserciti occupanti. Ma anche se veramente a Yalta si fosse stabilito l’ordine mondiale, come di solito si crede, l’auspicio di Canfora è che tra i tre potenti interlocutori ci sia anche Putin! Sarebbe come dire che a Yalta hanno deciso le sorti del mondo UK, US, URSS e Hitler. Non si rende conto che ormai Putin è bruciato come interlocutore per metà dell’umanità (l’altra metà, costituita essenzialmente da Cina, India e Iran, gli dà ancora credito). Se una sorta di Yalta ci sarà, sarà certo nel dopo-Putin.

Non dimentico in questo caso di essere psicoanalista. L’auspicio di Canfora, nella sua assurdità politica, non rivela sotto sotto un desiderio di far sopravvivere Putin come leader della Russia? Putin piace a molti, di sinistra e di destra, perché sfida quel mondo di tolleranza politica nel quale viviamo, e si vede che per molti questa tolleranza è intollerabile.

 

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Filippo La Porta dice

    13 Aprile 2022 alle 11:01

    Bravissimo, caro Sergio. Così sbagliava Brecht – cattivo marxista – a dire che i campi di sterminio nazisti nascevano dagli affari che con i campi di sterminio si facevano. Non si considera il fattore morale, nè la “follia” umana. Questa (supponente) sinistra “sacra” a ben vedere è più nietzscheana che marxista.
    Filippo

    Rispondi
  2. Gianfranco Gramola dice

    13 Aprile 2022 alle 17:16

    Un gran bell’ articolo, complimenti!

    Rispondi
  3. gian piero fiorillo dice

    14 Aprile 2022 alle 16:24

    non vedo alcuna articolazione critica degli argomenti di Canfora, solo una serie di attacchi volta a screditarlo sul piano personale (star televisiva, visione storica da rotocalco ecc.) e morale (il tentativo di un giudizio non passionale viene bollato come cinismo); infine l’autore, non dimenticando di essere psicoanalista, spiega il desiderio nascosto di Canfora: a uno psicoanalista non la si fa!
    Un gran bell’articolo, non c’è che dire, complimenti!

    Rispondi

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