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Anche le formiche si incazzano

Una manovra economica che punta solo a far cassa con tante micro-tasse. Quasi niente per lo sviluppo e la creazione di nuovi posti di lavoro. Tirare troppo la corda però può essere pericoloso.

3 Novembre 2019 da Roberto Riviello Lascia un commento

A leggere la lista delle micro tasse in arrivo con la manovra economica annunciata dal governo giallo-rosso, che vanno dalla sugar tax alla plastic tax, dalla tassa sulle auto aziendali a quella sugli immobili e persino sulle cartine e i filtri per sigarette, verrebbe da farsi il segno della croce e poi rassegnarsi al solito innalzamento della pressione fiscale.

Ma come si fa ad accettare con spirito di rassegnazione cristiana questo evidente tentativo di prenderci per i fondelli, per cui si sbandiera come un grandissimo risultato ottenuto una piccola riduzione del cuneo fiscale solo per i lavoratori con redditi fino a trentamila lordi; e contemporaneamente ci massacrano con queste micro tasse, perfidamente occultate nei recessi della manovra, e per giunta propagandate come tasse green? 

Ah sì, certo, se sono green, allora son benvenute? E poi, chi l’ha detto che se da domani le lattine di Coca-cola e di aranciata costeranno di più, noi smetteremo automaticamente di bere bevande zuccherate? Ha per caso funzionato questo provvedimento punitivo negli altri Paesi dove è già in vigore?

Se questi signori pensano che gli italiani siano degli allocchi e che non si accorgano che la loro manovra economica è tutto fuorché un piano per lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro, per cui le varie micro tasse servono solo a fare cassa per la spesa corrente, ebbene si sbagliano. Infatti, come diceva il titolo di un certo libro un po’ di anni fa, “anche le formiche, nel loro piccolo, s’incazzano”.

E allora, dagli oggi e dagli domani, può succedere che anche l’Italia si ritrovi un giorno in un situazione di tipo Cile, dove il governo ha provato ad alzare il prezzo del biglietto della metropolitana ma, siccome la misura era già colma, la gente è scesa in piazza ed è arrivato il caos.

Oppure, provando ad andare un po’ indietro nel tempo, viene da pensare alla storia di quelle tredici colonie inglesi nella seconda metà del Settecento. Allora la Corona inglese, sempre per fare cassa, iniziò ad imporre ai coloni tutta una serie di tasse odiose, proprio della stessa natura o quasi delle nostre attuali micro tasse, che sono tanto più odiose quanto più sono (falsamente) micro: c’era la stessa sugar tax del governo Conti bis, anche se non spudoratamente giustificata con la motivazione green; e poi la tassa sulle transazioni commerciali (Stamp act) e un’altra per pagare il vito e l’alloggio delle truppe inglesi (Mutiny act).

Ma quando, dulcis in fundo, nel 1773 arrivò il North’s Tea Act, che imponeva ai coloni di acquistare il tè soltanto dalla Compagnia delle Indie di Sua Maestà Giorgio III, allora essi iniziarono a ribellarsi. E il 16 dicembre 1773, giorno passato alla storia come il Boston Tea Party, assalirono, travestiti da pellirossa, i vascelli della Compagnia inglese e, in segno di protesta, rovesciarono in mare tutto il loro carico di tè.

Nel giro di un paio di anni iniziava la guerra d’indipendenza: la rivoluzione che avrebbe portato alla nascita degli Stati Uniti d’America. Ecco un esempio di cosa può succedere quando le formiche, nel loro piccolo, s’incazzano.

 

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Info Roberto Riviello

R.R. nel 1978 si è laureato in Filosofia nell'Università di Firenze ed ha sempre insegnato negli istituti secondari della Toscana. Ha scritto per la radio, il cinema e il teatro. Trascorre il suo tempo libero passeggiando in campagna. È appassionato di storia, arte e cucina.

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