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Solo Riformisti

Uno spazio aperto al confronto, civile e concreto, e un’occasione di riflessione. Per restare ancorati alla realtà, senza rinunciare agli ideali, per rifiutare le posizioni ideologiche, per riaffermare i valori democratici.

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Adesso, ci vuole un partito riformista

Oggi più di ieri, bisogna rilanciare l’idea di un “governo di salute pubblica”, viste le aperture di Forza Italia e persino di parte della Lega, nelle parole di Giancarlo Giorgetti. È una proposta utile al Paese.

31 Gennaio 2021 da Luigi Corbani 1 commento

La grillizzazione del PD, variante contiana

Colpisce che i “riformisti” del PD siano stati in silenzio in questi mesi, mentre imperversava il bonzo orientale  (intervistato persino nella sua camera da  letto romana), investito di una funzione che nessun militante del PD gli aveva dato, un ruolo che si è preso per il vuoto di un partito “liquido” in cui gli organismi dirigenti non esistono e il loro simulacro formale non conta nulla.

Così si è compiuta una operazione folle, per bassa politica, per andare a sbattere contro il muro della realtà. Francamente non capisco perché i riformisti del PD non abbiano fatto sentire, forte e chiara, la loro voce contro un disegno strategico disastroso: la “grillizzazione”  del PD con la variante “contiana”.

Che senso ha mettersi nella posizione di “Conte o morte”, “Conte o elezioni” ? Per sostituire Bellanova con Polverini o  Bonetti con Mariarosaria Rossi (la “badante” di Berlusconi), Ciampolillo al posto di Marattin, o Causin (ha cambiato otto partiti in vent’anni) al posto di Rosato?

Riformisti con Italia Viva

Chiedo ai riformisti del PD: ci vuole un governo forte per la pandemia, per il Next Generation EU, ecc, ecc. o possiamo accontentarci di una riedizione del Conte, con una banda di   “smandrappati” raccolti come “aficionados” di Conte?

I riformisti dovrebbero dire che, senza un rapporto con Italia Viva , non si fa nessun governo. Anzi questo sarebbe il momento di rilanciare la coesione nazionale di fronte alla pandemia, la  unità nazionale per la  gestione di questa  straordinaria  ondata di risorse europee e per le riforme necessarie. Anche, per la gestione del debito pubblico arrivato ad oltre il 160% del PIL, grazie a un debito ulteriore di 150 miliardi, che sta provocando anche un malcontento diffuso, perché gestita male: tanti bonus e pochi investimenti.

Le elezioni anticipate: minaccia o auspicio?

Piaccia o non piaccia ai cultori della “vocazione maggioritaria” (non ho mai capito come questa richiesta di consensi elettorali potesse essere scambiata per una strategia  politica, mah?!), il Parlamento dura cinque anni e  le elezioni anticipate sono un fatto eccezionale, straordinario, fuori dalla prassi costituzionale normale.  Inoltre, si dovrebbe capire che le elezioni politiche, regionali, comunali ed europee hanno dinamiche particolari e risultati diversi:  gli italiani non votano alla stessa maniera.

Certo, le elezioni, che si svolgono  durante una legislatura di cinque anni, posso dare indicazioni sul trend dell’opinione pubblica, di cui tenere conto e aggiustare di conseguenza  il tiro dell’azione di governo. Non per nulla i costituenti avevano previsto una platea di elettori, attivi e passivi,  diversa fra le due camere e una durata diversa (il Senato durava sei anni), quindi con elezioni sfalzate nel tempo. Ma pensare di votare ogni volta che il clima politico del Paese cambia, è come decidere che il Parlamento si scioglie ogni anno.

Oggi, c’è il pericolo delle elezioni?  Solo una parte del centrodestra, può volere le elezioni anticipate. E in politica, vale il principio di non scambiare le minacce, magari per propaganda, per dei semplici  auspici. Le minacce di Conte “ o me o le elezioni anticipate” sono spari a salve, visto che  PD, 5S e Leu sono i primi a non volere le elezioni. Ma per impedirlo  – piaccia o non piaccia – hanno bisogno di Italia Viva, ben più del “gruppo di “aficionados di Conte”

Morire “contiano”?No, grazie

Ho passato una vita per non morire “democristiano” e adesso mi ritrovo a morire “contiano”, manifestazione degenerativa del trasformismo politico ?

Abbiamo bisogno di ben altro. Oggi più di ieri, bisogna rilanciare l’idea di un “governo di salute pubblica”, viste le aperture di Forza Italia e persino di parte della Lega, nelle parole di Giancarlo Giorgetti. È una proposta utile al Paese, per unire le forze e combattere al meglio l’epidemia ed affrontare con spirito costruttivo la ricostruzione del Paese, che ci consentono questi fondi europei.  Uniti per crescere e costruire una Italia comune ( o come si dice oggi, bipartisan)  nei suoi valori costituzionali e rinnovata.

E pazienza se 5S e Fratelli d’Italia sono contrari, anzi, per certi versi meglio, poiché in tal modo si isolano le forze più “egoiste” del panorama politico. E non c’è bisogno di scomodare Draghi, in Parlamento si è palesato un senatore che interpreta questa esigenza  di unità e invita a superare screzi  e rivalità personali: Pier Ferdinando Casini.

Anche per Roma, credo che i riformisti possano spendersi subito per Calenda, senza aspettare che Bettini inventi qualche candidato o qualche staffetta che consegna alla destra la capitale.

Del resto, Conte alla fine si è dimesso perché i grillini non hanno voluto nessuna mediazione su Bonafede e sui temi della giustizia. Ma la colpa è di Renzi? O questo tema della giustizia (intercettazioni, prescrizione, separazione delle carriere, processo giusto, rispetto della difesa) non sarà oggetto della trattativa di governo ?

Un partito “spuma e schiuma”

Ora, questa minaccia  “Dopo Conte, il diluvio”  non mi pare possa andare bene ai riformisti del PD, e infatti in questi ultimi giorni vedo già prese di posizione di vari esponenti “riformisti” del PD.  Bene, dunque, ma non basta. La mancanza di una decisa azione per smarcarsi e smarcare il PD da una strategia , a mio parere, demenziale, non può essere giustificata dalla esigenza di  unità di partito, peraltro falsa e fittizia e a senso unico.  Ne sono controprova i fatti.

Un partito “liquido”, un partito “spuma e schiuma” è in mano a chi guida la danza sui giornali e sui mezzi di comunicazione, da Bettini a Orlando, da Boccia a Franceschini, da Provenzano a Zingaretti.  Sarebbe cosa buona e giusta che i riformisti entrassero in pista per chiedere, facendo pesare i  loro voti parlamentari, un governo più forte e che si riapra, come minimo,  il confronto con Italia Viva.

D’altra parte, a mio parere, la politica e gli obiettivi  dei riformisti, oggi e domani, in relazione alle elezioni e alle esigenze dell’Italia, non possono che essere quelli   di riunire un fronte che va da Renzi a Calenda, da Bentivogli alla Carfagna, alla Bonino  e raccolga quell’elettorato diverso, liberale, repubblicano, socialista e riformista che non ha oggi un solido, ideale, culturale politico punto di riferimento. E solo una azione dei riformisti del PD oggi può sconfiggere quei personalismi, quelle posizioni da primadonna, che ostacolano una unità necessaria per il fronte riformista.

Il momento per i riformisti è adesso

A mio parere è bene che Conte vada a casa, anche per le interferenze nel campo politico di una serie di forze incredibili. Ci siamo ritrovati con una nullità politica e una squadra di governo debole, quando non ambigua e incapace (basti pensare alla politica estera), ad affrontare una crisi mondiale e che ha colpito particolarmente il nostro Paese, dal punto di vista sanitario ed economico. E l’aspetto economico si è aggravato anche per la gestione personalistica, autocratica e mediatica della pandemia, senza adeguati interventi sanitari, promessi da Conte  con spavalderia in una intervista a “Otto e 1/2” “Siamo prontissimi”.

Condivido quanto scritto da Alberto De Bernardi e Alessando Maran su “Linkiesta” del 23 gennaio  in un articolo dal significativo titolo “L’alleanza contro gli stronzi. È arrivato il momento di un partito riformista alternativo ai sovranità e ai demogrillini”: 

“Per tirare fuori il Paese dal pantano, bisogna andare oltre il recinto delle formazioni attualmente in campo; bisogna superare le piccole identità e lasciarsi alle spalle incomprensioni e inutili personalismi. Su questo si misurerà la capacità di leadership. Come sempre, in fondo, uno statista supera il test cruciale della leadership – il criterio di Mosè – quando sposta la sua società da un ambiente che le è familiare a un mondo che non ha mai conosciuto. E se mai c’è stato un momento, quel momento é adesso.”

(questo articolo con il consenso del blog è ripreso da www.ilmigliorista.eu)

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Archiviato in:Redazionale

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Commenti

  1. bruno lambertini dice

    1 Febbraio 2021 alle 19:56

    sono d’accordo pressocchè completamente.
    Occorre una formazione nuova e “giovane “, nel senso che la sua direzione di marcia sia rivolta ad
    affrontare, con coraggio e visione dell’avvenire, con Ottimismo ,le sfide della modernità.
    Radici salde nelle diverse e feconde tradizioni riformiste del passato ma con la consapevolezza della
    totale novità dei problemi e degli strumenti per affrontarli.
    Altrimenti la nostra cara Patria non arresterà il suo inevitabile ( e pavento finale) declino.

    Rispondi

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