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Sposetti e i 100 anni del PCI

Il mitico compagno Sposetti chiede aiuto alla Lega per celebrare il centenario del PCI. Un gesto che rivela quanto ormai la politica abbia perso i suoi presupposti ideali.

25 Gennaio 2020 da Stefano Bargellini Lascia un commento

Certo, lo capisco benissimo, mettersi a scrivere su Ugo Sposetti di questi tempi: la brexit, il virus “cinese”, Trump e l’Iran, è un po’ da sconsiderati e, diciamolo, da intellettualoidi radical chic.

Con tanti problemi planetari, perché scomodare il giurassico locale?

Carneade al confronto era un gigante.

Ma forse è per una ormai pluriennale passione per la psicoanalisi che talvolta non riesco a non dare grande importanza ai piccoli dettagli (fuori posto), in fondo Freud da un “banale” lapsus scoprì un mondo intero, misterioso e inesplorato.

Quindi anche i dettagli contano … ed eccone uno.

“La Stampa” del 30 gennaio titolava in sesta pagina:

“Sposetti si affida a un leghista per salvare la storia del PCI”.

Piatto ricco mi ci ficco.

Il compagno Sposetti dei 101 “era tra coloro che facevano le telefonate per sollecitare un no a Prodi”, scrive Sandra Zampa a pag. 81 del suo libro” I tre giorni che sconvolsero il PD”, tanto per rinfrescare la memoria.

Il leghista che volentieri si presterebbe a quest’opera di “sputtanamento” del PCI (ma questo Sposetti evidentemente non lo capisce), di un partito glorioso, sarebbe tale Massimo Garavaglia, parlamentare della Lega e viceministro nel governo Conte I°.

Così Sposetti affranto: “Sto cercando di farmi dare 400 mila euro per il centenario del Partito Comunista Italiano. Solo Garavaglia può salvarmi, perché se aspetto i miei … Non vedo neanche un euro” (virgolettato dal giornale).

Soldi ottenuti grazie alla Lega per celebrare il centenario del PCI, come grattugiare pecorino romano sui gamberoni alla griglia.

Per me è impossibile non provare un senso di umiliazione a queste parole, ma non mi stupisco che altri ne parlino come di un fatto di ordinaria, reciproca amministrazione: oggi aiuti me domani aiuto te.

Per arrivare a questo straniamento delle cose però credo che dopo tanti anni in molti si siano ridotti a vivere la politica come un mestiere, la professione di una casta che autoassolve i propri comportamenti, roba da impiegati.

Il significato storico dell’evento sta a zero, che Gramsci sia morto per il carcere fascista e che il segretario della Lega vada a cena con Casapound non conta: c’è l’amico Garavaglia, un collega, un commercialista corretto e di buon cuore.

Ma come? la Lega è il nostro maggiore avversario in simbiosi con Fratelli d’Italia, entrambi nemmeno condannano il fascismo, che “ha fatto anche cose buone”, in più rischiamo che ce ne facciano conoscere la versione 2.0 e tu vai ad elemosinare soldi da loro per il centenario del PCI? Ma non ti rendi conto di quanto sarebbe sputtanante ed oggetto di facili ironie tutto questo? e lo declami anche in pubblico?

Quello che turba di più è l’aspetto “amicale”: il rapporto fra colleghi.

Di te mi posso fidare, sei uno corretto, oggi ho bisogno io e chiedo io, domani lo farai tu, siamo sulla stessa barca, storia del PCI e Lega, incompatibili, non c’entrano una mazza, noi siamo uomini del fare, la cerimonia, l’evento innanzitutto, grazie, grazie per averci sbloccato i soldi.

Non è un caso isolato, ma uno stile.

Consapevole di violare il discutibile principio del “de mortuis nisi bonum” ricordo che rimasi di sasso quando lo stimato Sandro Curzi nel luglio 2008 salvò il berlusconissimo Agostino Saccà dal licenziamento da parte della RAI con una improvvida astensione.

… uno stile per cui quando sento Bertinotti, ormai un pagliaccetto della politica, vantarsi ancora di aver fatto cadere il primo governo Prodi ed elogiare apertamente la Meloni per la sua correttezza, non mi stupisco più di nulla.

Ma questi episodi, che testimoniano più dei grandi eventi quanto alcuni abbiano ridotto la politica a mestiere di impiegati, spiegano anche più di ogni altra cosa la perdita della capacità di mobilitazione raggiunta dalla sinistra quando si fa, appunto, impiegata della politica … e se non ci fossero state le sardine addio.

 

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Info Stefano Bargellini

Stefano Bargellini, anni sessantotto, si è laureato nel 1976, con il massimo dei voti e lode, alla facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze. Dopo un breve periodo di insegnamento, è stato dirigente amministrativo presso il comune di Pescia e funzionario in quello di Pistoia. E’ da alcuni anni in pensione, ma non ha mai smesso di studiare né di interessarsi ai problemi politici e sociali

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