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Russiagate, il vero scandalo

Non tanto le tangenti quanto il rovesciamento della collocazione internazionale dell’Italia, questo il risvolto più pericoloso dell’affaire Metropol. A rischio la sicurezza degli italiani.

26 Luglio 2019 da Stefano Baccelli Lascia un commento

Aveva promesso togliere le accise sulla benzina, invece paghiamo salatissimo il carburante, in compenso dell’iperattivo Ministro dell’Interno, Vice Presidente del Consiglio, nonché Segretario della Lega, si parla oggi per ben altri “affaire” legati al petrolio. A sollevare il coperchio di una pentola piuttosto maleodorante sono delle intercettazioni rese pubbliche negli Usa, ma l’indagine era da tempo sotto la lente di ingrandimento dalla Procura di Milano, luogo simbolo in cui non pochi potenti hanno avuto filo da torcere. L’inchiesta della procura milanese vede, appunto, al centro la Lega e il sospetto di finanziamenti da Mosca. E come nelle classiche indagini sulla corruzione internazionale, si rincorre la pista dei soldi, parte dei quali potrebbe essere rimasta in Russia, confermando così la supposizione che l’affare si sarebbe concluso almeno in parte. Anche la sola promessa di denaro è comunque sufficiente per far scattare l’ipotesi di reato. Visto il grande sostegno del popolo, al leader che gli promette di combattere una guerra contro gli immigrati, questa roba faticherà a stuzzicare l’interesse della cosiddetta gente, ma l’impressione che si tratti di una bomba che potrebbe scoppiare in mano all’ineffabile alfiere del sovranismo, populismo e non si sa di quali altri ameni valori, è concreta. L’indagine, nata dopo un articolo dello scorso febbraio de ‘L’Espresso’, mette al centro l’incontro avvenuto il 18 ottobre 2018 all’Hotel Metropol della capitale russa, a fare scalpore è l’audio, pubblicato dal sito statunitense ‘BuzzFeed’, in cui si sente una voce attribuita a Gianluca Savoini, fondatore dell’associazione Lombardia-Russia, leghista ortodosso, indagato per corruzione internazionale. Savoini è anche un uomo vicinissimo a Salvini. Al centro dell’incontro d’affari, a cui prendono parte sei persone, ci sarebbe secondo la procura di Milano un’operazione sospetta di corruzione legata all’importazione in Italia di una grande quantità di petrolio che, nelle parole di chi starebbe trattando, in un anno dovrebbe far affluire 65 milioni di dollari nelle casse della Lega e permettere così al partito guidato da Matteo Salvini di affrontare la campagna elettorale delle ultime europee. Oltre a concentrarsi sui protagonisti dell’incontro coinvolti nel presunto affare, la procura – ad indagare sono i pm Sergio Spadaro e Gaetano Ruta insieme all’ aggiunto Fabio De Pasquale – si focalizza anche nel ricostruire l’ipotetico passaggio di soldi. La giustizia farà il suo corso, ma la patata bollente è già politica. Salvini, di solito strafottente e liquidatorio, è apparso timido e prudente. Ha evidentemente fiutato il pericolo. Le opposizioni, seppur con qualche timidezza, attaccano il leader della Lega e non mancano i mal di pancia tra gli alleati di governo. In ogni caso sulla stella di Salvini incombono nubi minacciose. Ceresa sul foglio non le manda a dire: “Lo sputtanamento nazionale con cui deve fare oggi i conti Matteo Salvini non riguarda solo il rapporto del ministro dell’Interno con un uomo che ha chiesto 65 milioni di euro ad alcuni emissari russi per finanziare la campagna anti europeista della Lega. Riguarda qualcosa di più importante e di più profondo che ha a che fare con lo sputtanamento non di un singolo partito ma di un intero paese, che a causa della linea politica di Salvini, e non di Savoini, ha scelto da mesi di rimettere in discussione il sistema di alleanze internazionali all’interno del quale si trova la settima potenza industriale del pianeta. Lo scandalo Salvini, più che Savoini, non riguarda dunque la vicinanza del vicepresidente del Consiglio a un possibile mariuolo, cosa tutta da dimostrare, ma riguarda la vicinanza, esplicita, marcata, evidente, del leader del partito più importante d’Italia a una serie di estremismi da cui il ministro dell’Interno fatica a svincolarsi. Lo sputtanamento di Salvini, e dell’Italia, ha a che fare con la scelta del politico più importante del nostro paese non di affidarsi a Savoini per costruire ponti d’oro con la Russia ma di affiliarsi alla Russia per costruire in Europa ponti d’oro ai nemici dell’Europa. Lo sputtanamento dell’Italia non è dunque legato a una semplice notizia di cronaca giudiziaria (l’indagine per corruzione internazionale ai danni di Savoini). È legato a un sentimento molto più profondo al centro del quale vi è la capacità dell’Italia di continuare a essere considerata un partner credibile non solo dai mercati finanziari ma anche dai tradizionali alleati”.

Non è un mistero per nessuno che da quando i gialloverdi governano il Paese, l’Italia ha assunto una posizione antieuropea, mentre si è registrato un avvicinamento al triangolo Russia-Cina-Iran e più lontana dal Patto atlantico. I segnali sono continui, come le dirette Facebook del vero capo dell’esecutivo, ma sono di tutto il governo le scelte sulle crisi internazionali importanti come quella del Venezuela, con una posizione in antitesi agli altri partner. E che dire del memorandum, unici tra quelli del G7, stabilito con la Cina? Ed è comunque la Lega a dare i segnali più chiari di isolazionismo, dall’Europa per proporre in modo più o meno nebuloso una nuova alleanza con la Russia di Putin. Ad ogni atto di estremismo politico, ci sono sempre esponenti della Lega (Claudio Borghi e Alberto Bagnai sull’euro, Gianluca Savoini sulla Russia, Michele Geraci sulla Cina, Marco Zanni sull’Europa). L’atteggiamento di Salvini, che tanto piace a forze, come dire, discutibili, come Casapound e Forza Nuova, è senza dubbio di matrice estremista, che rende il Paese fragile ed insicuro, al netto dei vari decreti sicurezza bis, tris e quater.  E così l’Italia assomiglia sempre di più al “modello di democrazia” del Cremlino, cui si sorride, mentre si fa la faccia truce contro i “burocrati di Bruxelles”. In conclusione, senza accorgersene gli italiani sono più vicini alla Cina che all’America; alla Russia che all’Europa. E quindi anche a livello di intelligence siamo un Paese più fragile e percepito come inaffidabile. E meno male che la gente vota Salvini per sentirsi più sicura, visto che fa finta di fermare qualche disperato sul mediterraneo!

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Info Stefano Baccelli

Classe 1955, giornalista iscritto all’Albo professionale dal 1982. Già dipendente della Pubblica Amministrazione, ha svolto per molti anni il ruolo di economo nella Rsa Villone Puccini, per poi passare all’area della Comunicazione dell’Azienda Usl pistoiese. E’ stato tra i soci fondatori della Cooperativa Giornalistica “Settegiorni” e direttore responsabile dell’omonima rivista settimanale. Dal 1990 agli inizi degli anni 2000 ha ricoperto il ruolo di responsabile dell’ufficio stampa della Cgil di Pistoia e dal 2000 svolge il medesimo incarico alla Pistoiese Calcio. E inoltre autore dei libri: “Ho vinto”, intervista ad un malato terminale, “il Nonno”, libro/intervista sulla vita di un noto imprenditore, “Memorie”, pubblicazione storica per i 100 anni dello SPI/CGIL e “Barile tra storia e leggenda”, dedicato ad un borgo alle porte di Pistoia.

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