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Solo Riformisti

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Non basta citare con continuità il PNRR per essere tranquilli e soddisfatti del futuro. Ricordiamoci che 210 miliardi in 6 anni, ammesso che siano tutti “aggiuntivi” della spesa pubblica, sono intorno a 35 miliardi all’anno. Importanti ma non stravolgenti rispetto al sistema economico nazionale.

Rimettere l’economia al centro dell’agenda politica

Non basta citare con continuità il PNRR per essere tranquilli e soddisfatti del futuro. Ricordiamoci che 210 miliardi in 6 anni, ammesso che siano tutti “aggiuntivi” della spesa pubblica, sono intorno a 35 miliardi all’anno. Importanti ma non stravolgenti rispetto al sistema economico nazionale.

10 Agosto 2021 da Mauro Grassi 1 commento

Come ha passato l’ultimo mese la politica? Mese importante, perché se consideriamo Agosto un “giusto” mese di riposo e di passaggio, Luglio è il mese della preparazione e della messa a posto delle cose in vista del rientro. E il rientro non sarà una cosa semplice per il paese.

Bene, lo abbiamo passato prima in un dibattito assurdo sulla legge Zan. Ideologie contrapposte non hanno consentito ad una legge di buon senso di passare e ci hanno tenuto in una lotta di trincea inutile, dannosa e improduttiva. La cultura di accettazione e valorizzazione della differenza non ha fatto un passo avanti. Tutto rimandato. Si vedrà.

Ora, da una quindicina di giorni, si parla di giustizia. Tema importantissimo. Sono fra i tanti cittadini che hanno firmato i sei Referendum dei radicali e quindi ne comprendo l’importanza sia per la cosa in sé sia per gli effetti che può avere sul sistema economico del paese. Ma ho qualche perplessità nel considerare il tema Giustizia come centrale per la ripersa economica. Non siamo il paese delle corporation. Da noi non prendiamo un avvocato per ogni iniziativa economica che facciamo. Ricordo lo stupore di Akio Morita, fondatore della Sony, quando andò negli Usa per fondare la Sony America e, sceso dall’aereo, gli fu posta la domanda. “ha già scelto il suo avvocato?”. E lui di rimando “ma non ho commesso alcun reato!”

Siamo il paese della piccola impresa, dei distretti industriali, degli imprenditori familiari. Ed è su questa struttura di impresa che dobbiamo porre attenzione per un vero rilancio economico. E che il problema economico stia lì al centro delle preoccupazioni è una cosa certa ma ancora non diffusamente percepita.

Tutti stiamo plaudendo alla crescita presunta del 2021 intorno al 5%. Più alta del 3,6% previsto per la Germania. Il fatto è che la Germania ha avuto una decrescita nel 2020 pari alla metà di quella italiana. Ed è quindi plausibile che il “rebound” sia più limitato. Ma andiamo al 2022 cioè a due anni dal grande freddo prodotto dalla pandemia.

 

CRESCITA PIL AL 2022
 PIL 2020==100
Cina 116,9
Usa 108,3
Germania 102,7
Area EURO 102,0
Francia 101,4
UK 101,1
Japan 100,9
Spagna 100,2
Italia 99,6

 

L’Italia sarà l’unico fra i grandi paesi a trovarsi ancora sotto il Pil del 2020 a fronte di un’area Euro, che pur se molto al di sotto di Cina e Usa, starà di due punti percentuali al di sopra. La differenza dell’area Euro con la Cina è scontata. Ma quella con gli Usa forse ci parla di un “bazoka monetario e fiscale” del vecchio continente gestito, pur a fronte di una evidente svolta rispetto alla cultura “austera” di stampo teutonico, con il “fermo” al braccio rispetto all’approccio americano.

Insomma l’economia e la ripresa dovrebbero essere maggiormente al centro dell’Agenda politica italiana. E non basta citare con continuità il PNRR per essere tranquilli e soddisfatti del futuro. Ricordiamoci che 210 miliardi in 6 anni, ammesso che siano tutti “aggiuntivi” della spesa pubblica, sono intorno a 35 miliardi all’anno. Importanti ma non stravolgenti rispetto al sistema economico nazionale.

E allora ci vuole di più. E ci vuole certamente una maggiore attenzione alla struttura istituzionale ed economica dei soggetti che fanno l’economia del paese. Sì, dei soggetti. Che devono non solo agire secondo programma. Ma che per agire secondo programma devono modificare il “software di funzionamento”. Cioè la cultura e l’approccio.

In primo luogo il soggetto Pubblica Amministrazione. Oggi la PA in Italia ha pochissima cultura di impresa. Se un imprenditore chiede una autorizzazione si trova di fronte un “tribunale” che cerca di scoprire i punti deboli del suo progetto. E non un soggetto che cerca di migliorare, insieme a lui, la proposta. Ci vuole una PA che che studia e approfondisce per arrivare al “come” e non che si erge a censore e giudice per decretare solo il “se”.

Quindi l’impresa. Oggi, è vero, si può guadagnare, e tanto, occupandosi degli aspetti “esterni” alla produzione. Dalla finanza alla illegalità (tributi, rifiuti, lavoro, vendita), dalla gestione dei contributi pubblici al rapporto con le Banche. Rilanciare il paese significa “ri-centrarlo” sulla produzione e sulla efficiente organizzazione dei fattori produttivi. E allora più attenzione al lavoro di qualità, alla tecnologia e ad una finanza legata allo sviluppo dell’impresa e non ai giochi “à la roulette”.

Il Sindacato conta ancora. Ed è un soggetto che agisce sia nel mondo pubblico che in quello privato. Bene, smetta una buona volta di difendere i “posti di lavoro”, sempre più indifendibili in questa fase dell’economia, e difenda con ancora più forza i lavoratori. Chiedendo un sistema di “transizione” al lavoro che sostenga il singolo lavoratore in maniera completa, anche al 100% nei primi due anni e con forte immissione di formazione, e che punti decisamente alle carriere dentro l’organizzazione. Combattendo privilegi, favoritismi e privilegiando il merito e l’impegno.

Ed infine i Consumatori. Difendere la qualità significa anche ricercarla nei prodotti e nei servizi che vengono richiesti. E’ difficile abbandonare il privilegio dell’acquisto a prezzi bassi che mantiene il potere di acquisto e consente di sostenere il piacere dello shopping compulsivo. Ma un po’ di cultura della qualità andrebbe recuperata. Se vuoi cibo a casa con un servizio di maggior qualità forse puoi metterci qualche euro in più. Se vuoi un abito meno anonimo puoi puntare su qualche produzione italiana. Insomma riconvertirsi un po’ sul comprare meno ma comprare meglio può essere di valido aiuto all’economia del paese.

Insomma, parliamo più di economia. Apriamo un dibattito pubblico sulle cose da fare. Facciamo sentire alla comunità nazionale che la crescita economica è un “bene pubblico” e che tutti siamo chiamati a fare qualcosa per ottenerlo e mantenerlo su livelli adeguati per un paese come l’Italia. Se no che abbiamo vinto a fare i Campionati Europei di calcio?

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Archiviato in:Redazionale

Info Mauro Grassi

Mauro Grassi. Nato e residente a Firenze 68 anni. Laureato in statistica e in economia a pieni voti. E' stato Direttore di ricerca all'Irpet (Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana) fino al 2000. Quindi Direttore Generale della Regione Toscana fino al 2011. Dopo una breve esperienza di Assessore all'Ambiente e all'Urbanistica al Comune di Livorno ha svolto dal 2013 incarichi di direzione presso il Ministero delle Infrastrutture e la Presidenza del Consiglio (Direttore di #Italiasicura). Attualmente svolge attività di Consulenza in campo ambientale.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Marco dice

    11 Agosto 2021 alle 08:32

    Purtroppo l’argomento giustizia è diventato un braccio di ferro tra le due anime che compongono l’attuale governo, ciò nonostante lo ritengo comunque importante in quanto parte del pnrr. Quanto alla PA è vero in parte quello che dici, ci sono molti “doppioni”, la semplificazione non sarà facile e neppure indolore; avendola vissuta di persona, potrebbe essere un giudizio di parte, posso affermare che recentemente c’è già stata una mini rivoluzione con un occhio di riguardo all’anticorruzione, poi si sa, purtroppo il “marcio” esiste dappertutto.
    Infine, sì l’Italia paese principalmente della piccola impresa, però non dimentichiamoci di alcuni settori come i cantieri navali, le infrastrutture portuali, l’industria chimica, le macchine utensili, l’acciaio, ecc. ….

    Rispondi

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