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Solo Riformisti

Uno spazio aperto al confronto, civile e concreto, e un’occasione di riflessione. Per restare ancorati alla realtà, senza rinunciare agli ideali, per rifiutare le posizioni ideologiche, per riaffermare i valori democratici.

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Re Eugenio tornando dalla guerra…

Giani ha vinto grazie a Firenze e la sua provincia. Nel resto della Toscana la partita è stata più equilibrata. Ha influito la rivolta dei territori che si trovano fuori dall’asse della crescita che si polarizza attorno ai collegamenti veloci che attraversano il centro della regione tra nord e sud. Prendere appunti.

3 Ottobre 2020 da Luciano Pallini 2 commenti

“Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, e la gallina, Tornata in su la via, Che ripete il suo verso”.

A leggere i commenti dei dirigenti e di intellettuali organici oltre che dei media, tutti  sempre pronti a fiutare il mutar del vento,  sembra che le elezioni regionali siano state un netto e chiaro successo del centrosinistra: si è persa una regione sola! Poteva andare molto peggio!!

E’ una tecnica ben nota: basta abbassare il livello delle aspettative ed un risultato che sia appena meno grave  del disastro temuto  trasforma sconfitte in mezzi successi, se non vere e proprie vittorie, è  l’elitropia della politica   che trasforma le pietre in oro.

Succede così che appena scampato il pericolo  i commentatori tornino  a ripetere il loro verso di sempre  piuttosto che a riflettere su quello che è successo, sia dove si è vinto che dove si è perso.

La battaglia più accesa è stata in Toscana, una regione in bilico secondo i sondaggi ormai divenuti strumenti di mobilitazione del proprio elettorato cui viene prospettata una invasione di barbari contro i quali, abbandonando le più o meno giustificate divisioni, bisogna opporsi per salvare la civiltà. La contendibilità e la possibile alternanza non sono essenza della democrazia ma un vulnus ad una investitura della storia in base al quale uno schieramento ritiene di essere per sempre chiamato a governare una comunità, piuttosto che un giudizio laico su risultati e proposte pe ril futuro.

Per questo appaiono utili queste considerazioni di un impolitico alle quali altri, ben più attrezzati, vorranno obiettare per suscitare un dibattito che eviti la noia del politicamente corretto.

IL CANDIDATO

Partiamo dal candidato: chi scrive ben prima della scelta  –  lunga e tortuosa oltre il lecito – da parte della coalizione aveva indicato senza se e senza ma Eugenio Giani quale candidato naturale alla Presidenza della Regione, segnalandone le qualità e evidenziando un oggettivo handicap.

Le qualità sono ben note, il curriculum da  riformista da lunga data, la dote abbondante di equilibrio e di moderazione, la passione per la politica bella ne facevano il candidato ideale per un progetto ed una coalizione progressista per la Toscana, ad alto tasso di riformismo. L’alternativa sarebbero state primarie all’ultimo sangue che avrebbero la cerato irrimediabilmente il PD ed il centrosinistra.

Ovviamente c’è stata una forte pressione su candidato Giani perché dicesse “qualcosa di sinistra” giustamente e prontamente soddisfatti perché il riformismo rappresenta la risposa reale ai bisogni ed alle aspettative degli ultimi dei più deboli e fragili. Resta la visione politica di fondo di un leader riformista verso il quale qualcuno approdato ad esiti senza sbocchi della propria idea politica e ispirato da nostalgia canaglia rivolge la richiesta di tornare alle origini di sinistra socialista che e  rinnegare l’eresia renziana.

Dopo qualche contraddittoria dichiarazione Giani, cui non c’è bisogno di ricordare chi l’ha proposto e sostenuto agli inizi –  ha riconfermato la sua scelta riformista che dovrà essere confermata nelle linee politiche della nuova giunta che dovrà fondarsi sul pieno sviluppo delle capacità individuali, sul  sostegno al sistema delle imprese che in un contesto di libertà dovranno perseguire obiettivi di crescita creando lavoro sano, di piena applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale consentendo ai corpi intermedi di svolgere i loro compiti senza cedimenti alle sirene dell’intervento pubblico come panacea di tutti i mali.

L’handicap di Eugenio Giani era ed è il suo profondo essere e sentirsi fiorentino: un sentimento ammirevole, l’amore per una delle più belle città del mondo,  ma che ha aperto un conflitto con la costituzione materiale della Toscana, secondo la quale il presidente della Regione non deve essere un fiorentino perché la Regione è vista come una istituzione in grado di assicurare l’equilibrio tra la naturale tendenza di Firenze da un lato  a rafforzare anche a scapito del resto della regione  il suo ruolo, nella competizione con altre realtà metropolitane e dall’altro a promuovere   il sostegno allo sviluppo dell’intero territorio regionale. Una eccessiva concentrazione di potere su Firenze  è stata letta, a torto o a ragione,  come una minaccia per la regione.

Volete la prova provata? Sicuramente a Firenze non sono mancate per 30 anni  personalità di elevata caratura personale, politica e culturale cui sarebbe stato anche naturale affidare il governo della regione dopo le prime legislature con i fiorentini Lagorio, Leone e Bartolini: eppure dal 1991 i presidenti sono stati espressioni di altri territori.

Ancorché inconscia, la consapevolezza di questo handicap ha prodotto  il frenetico aggirarsi di Giani in tutti gli angoli della Toscana, soprattutto in quelli che più si sentono abbandonati, e questo certo non per sua responsabilità.

LA CAMPAGNA ELETTORALE ED I RISULTATI

Il conflitto con Firenze  in particolare è stato colto da un centrodestra che ha condotta la campagna elettorale sotto la guida di Matteo Salvini con uno stile che ricordava il Diego Abatantuono di Attila flagello di Dio, sgangherato e urlato con una candidata di fatto silenziata.

Si è di fatto alimentato nel resto della regione una campagna contro Firenze, contro i suoi progetti e le sue presunte prevaricazioni ed indifferenze in conflitto con le rivendicazioni dei territori: in preda ad evidente disturbo bipolare, lo stesso centrodestra attaccava per quelle stesse opere mancate.

Non è che le risposte nel programma del candidato di centrosinistra fossero esaltanti, troppi MA ANCHE ma sicuramente aveva una sua qualche coerenza interna.

Gli elettori come hanno risposto? Le tematiche dei territori  hanno avuto un qualche peso nei risultato finale?

Giani ha vinto la guerra di Toscana prevalendo con 864.310 voti (48,62%)  sulla Ceccardi che ha ottenuto 719.266 voti     (40,46%): un margine soddisfacente ancorché non esaltante, direte voi.

Se scendiamo nella geografia del voto emerge con chiarezza un dato: la guerra di Toscana è stata vinta da Giani nella battaglia di Firenze: il contributo della provincia al successo del suo figlio è stato netto e chiaro con quasi 284.000 voti ed il 57,4% contro 155.000 voti ed il 31,5% della Ceccardi, sconfitta ancor più netta e senza attenuanti nel Comune di Firenze dove si è fermata sotto il 30% contro il 60% di Giani.

Non altrettanto bene è andato il candidato del centrosinistra nel resto della regione, dove ha vinto per una incollatura   con 580.737 (45,25) contro i 563.807 voti ( 43,9%) della Ceccardi: forse quella sensazione di incertezza del risultato, di elezioni che si sarebbero risolte sul filo di lana non era solo una impressione, ma la percezione di una realtà in essere che ormai sfugge. a troppi politici distanti dai territori e impegnati  nell’ascolto solo nella valle dell’eco.

Se facciamo un ulteriore passaggio e andiamo a guardare come in queste nove province abbiano votato i capoluoghi e come hanno votato gli altri comuni si vede che i capoluoghi sono più orientati verso il centrosinistra ed assicurano a Giani il 40,7% dei voti contro il 36,6% della Ceccardi. Mentre nei comuni non capoluogo di provincia la Ceccardi, seppur di un soffio, supera Giani, 48,4% contro 48%.

I territori marginali – usiamo in senso lato – puniscono l’attuale governo della regione, avvertono una sensazione di abbandono e vivono una condizione di frustrazione. E’ un problema geografico ma anche economico e sociale che altri, in primis il neo presidente eletto, approfondire.

È la rivolta dei non garantiti contro i garantiti del pubblico impiego o dei lavoratori stabili tutelati dai sindacati, di chi ha attraversato la pandemia senza nessuna tutela e nessuno che si preoccupasse di loro se non con modesti sussidi

E’ la rivolta dei territori che si trovano fuori dall’asse della crescita che si polarizza attorno ai collegamenti veloci che attraversano il centro della regione tra nord e sud..

Non sprechiamo l’opportunità che il voto ci offre di riflettere – al di fuori di riti e miti – sul futuro della Toscana: migliorerà la capacità di chi professandosi riformista vuol meglio rispondere alle attese della povera gente.

 

 

 

 

 

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Archiviato in:Politica

Info Luciano Pallini

Laureato in Economia e commercio all’università di Firenze con il massimo dei voti e la lode, Luciano Pallini è stato dal 1970 al 1975 responsabile dell’Ufficio studi del Comune di Pistoia. Qui, dal 1975 al 1988, ha ricoperto diverse cariche elettive. Già componente del consiglio di amministrazione dell’Irpet e della S.a.t. “Galileo Galilei” di Pisa, svolge da trent'anni attività di consulenza alle imprese e di ricerca economica. Attualmente svolge attività di coordinamento del Centro studi Ance Toscana e del Centro studi della Fondazione Filippo Turati. Presiede inoltre l’associazione E.s.t. (Economia società territorio) con la quale realizza progetti di sviluppo basati sulle risorse locali, in particolare i beni culturali.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Roberto dice

    3 Ottobre 2020 alle 23:50

    BRAVO Luciano analisi e lettura perfetta…

    Rispondi
    • Pallini Luciano dice

      16 Ottobre 2020 alle 14:33

      Grazie!!

      Rispondi

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