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Quale sviluppo per la Toscana?

L’economia toscana, da sempre, è la prima ad andare in crisi quando cambia la dinamica di mercato ed è fra le ultime a ripartire. E anche questa volta è così, come ci ricorda l’ultimo Rapporto dell’Irpet.

24 Giugno 2022 da Ambrogio Brenna Lascia un commento

Nonostante la diminuzione del peso del comparto sul totale delle attività economiche registrato negli ultimi decenni, l’industria manifatturiera continua ad essere funzionale allo sviluppo e resta il cuore del sistema innovativo in tutti i paesi avanzati.

In Toscana, dopo due anni di pandemia, i dati confermano che alla tenuta e alla vitalità del sistema produttivo hanno contribuito in larga parte le produzioni manifatturiere. Non il sistema moda, che stenta a riprendersi e a ritornare ai livelli precrisi, quanto, per dirla con l’ultimo rapporto Irpet, “le altre specializzazioni del sistema industriale regionale, che hanno tutte recuperato i valori di produzione del 2019”.

La lesson learned insegna, dunque, che dobbiamo abbandonare il vecchio dilemma ‘quale manifatturiero in Toscana’ e smettere di appassionarsi al dibattito sui settori maturi e sulla loro vetustà: quelli a basso valore, con quote di mercato in regresso, sono già stati giustiziati dal mercato prima della pandemia. Dobbiamo piuttosto raccogliere la sfida per rafforzare il comparto manifatturiero in Toscana provando, se possibile, a vincerla.

Rafforzare il settore significa in primo luogo invertire la logica delle delocalizzazioni del passato e procedere a forti processi di reinternalizzazione. La pandemia e l’interruzione dei processi di fornitura delle catene lunghe ha mostrato la debolezza e le pesanti dipendenze che si sono create. Blocchi parziali o totali delle forniture si evidenziano in particolare modo in alcuni settori, blocchi che hanno causato grave nocumento ai lavoratori e alle aziende, con pagamento di penali per mancata consegna, cassa integrazione e rescissione dei contratti.

Re-internalizzare i processi produttivi significa da un lato dotarsi di nuove tecnologie con impronta ambientale (energetica e sostenibile) tendente allo zero, dall’altro innalzare il livello delle competenze professionali, sia per i white collar che per i blu collar.

L’avvio di forti processi di ri-professionalizzazione, approfittando di quanto previsto da alcuni contratti sul diritto alla formazione soggettiva, insieme al coinvolgimento convinto dei gruppi dirigenti aziendali, sono le precondizioni per un’inversione di rotta e per un nuovo posizionamento strategico del comparto manifatturiero della regione.

Occorrerà vincere anche la resistenza alla crescita patrimoniale e dimensionale del nostro sistema. Il vecchio schema “impresa povera-famiglia ricca” ha generato nel medio e lungo periodo crisi aziendali e/o cambi di proprietà a favore di chi disponeva di capitali, la concezione “padroni a casa propria” ha impedito la nascita di concentrazioni minime, rappresentando un vincolo nell’accesso a nuovi mercati e a nuovi capitali.  E se per anni “il paradosso del calabrone” ha funzionato, oggi anche in Toscana i protagonisti sono le multinazionali tascabili, quelle imprese che si trasformano, che innovano i prodotti, che si professionalizzano e si patrimonializzano.

Occorre un rinnovato impegno da parte del Governo nazionale e locale nella definizione di una strategia industriale che mobiliti le migliori forze del mercato e definisca delle doti temporanee per agevolare il rilancio. Torna utile la vecchia teoria della infrastrutturazione materiale e immateriale dei territori, la creazione di servizi qualificati per le imprese e per i cittadini.

L’economia toscana, da sempre, è la prima ad andare in crisi quando cambia la dinamica di mercato ed è fra le ultime a ripartire. Anche questa volta, sempre per citare l’ultimo Rapporto Irpet, “la traiettoria di rientro verso valori pre-covid è avvenuta in misura meno marcata” rispetto alle altre regioni, con la conseguenza di veder crescere la “distanza dal gruppo delle regioni europee economicamente più forti”.

Ma la Toscana dispone oggi di una grande occasione. Non le risorse del Pnrr, ma l’opportunità di definire una strategia per il rilancio che utilizzi il Pnrr per affrontare i nodi strategici e per ritrovare una classe dirigente che guardi al futuro senza tradire la propria storia.

Per approfondire

  • Fra guerra e crisi energetica: come cambia lo scenario nel 2022? Bilancio e prospettive, Irpet 2022.
  • Verso il 2020. Per una Toscana forte e solidale, Istel 2015.

(questo articolo con il consenso dell’autore è ripreso da SPUNTItel, notiziario dell’istituto di Studi Toscani di Economia e del lavoro)

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