Il sistema aeroportuale toscano è stata una scommessa dopo decenni di dibattiti politici e accademici. Il Master plan aeroportuale riportava nel 2005 la strategia della Regione Toscana per la realizzazione del Sistema Aeroportuale Toscano, nel quadro degli indirizzi del PRS del PIT. Alla base c’era un analisi di fondo tutta politica, ovvero che la Toscana non poteva più cullarsi esclusivamente nella “rendita“ delle proprie bellezze storiche e paesaggistiche ma dovesse affrontare un processo di ulteriore modernizzazione. Nella Consiliatura Regionale 2010-2015 c’è stata la vera svolta sotto il profilo urbanistico con la modifica del PIT e l’adeguamento dello scalo fiorentino dentro un disegno di integrazione gestionale con Pisa. Un passaggio di fondo che aveva alla base un disegno strategico regionale costruito, tra l’altro, all’interno di una discussione tutt’altro che semplice sull’assetto urbanistico della piana fiorentina. Questa scelta ha consentito al polo toscano di stare nel novero degli scali nazionali cosa che non sarebbe accaduta con le società separate. Nella strategia della Regione si ricordava il basso peso della Toscana nel traffico aereo, il 3.0% nel 2000, e si puntava a recuperare tale peso attraverso una sinergia fra i due scali tesa a specializzare Pisa nel traffico turistico generale mentre Firenze nel traffico businness e del turismo di più alta fascia. Dopo decenni di inutile e dannosa, per l’economia regionale, lotta fra i due campanili il Master Plan e poi la variante al PIT ha dato un percorso credibile all’interno di un quadro di rafforzamento generalizzato del sistema regionale. D’altronde più volte nella discussione sulla scelta di avere un solo scalo aeroportuale regionale a Pisa è stato sottolineato che per la tipologia di “city airport” sul modello fiorentino la distanza media fra la città e gli scali non supera, nel mondo, i 30 Kilometri. E quindi si è messa da parte la strada dell’unico scalo in Toscana per cominciare a costruire un sistema pluriscalo fondato sui due principali nodi di Firenze e Pisa.
Nel 2019, il peso del traffico aereo in Toscana sta intorno al 4,3%. Quindi una percentuale ancora al di sotto del peso regionale e ancor di più del peso turistico in generale ma che dà l’idea di un processo di rafforzamento del ruolo aeroportuale della Regione. Certo il passaggio da quasi 8,3 milioni di passeggeri nel 2019 ai meno di 2 milioni del 2020 è un dato che fa drizzare i capelli in testa. E’ partendo da questo disastro che il polo toscano deve impegnare le proprie forze, in termini di risorse e di strategie, per trovare una nuova strada di sviluppo. Lasciando da parte posizioni campanilistiche oramai superate e evitando di innescare di nuovo una lotta antistorica fra le città di Firenze e di Pisa che avrebbe il risultato di spostare flussi di traffico verso Bologna o Roma, che con il nuovo servizio di Alta velocità ferroviaria hanno ritrovato una rinnovata centralità attrattiva nei confronti dell’Italia centrale. In Toscana oramai è chiaro un punto. Che il sistema di alta velocità ha creato in Italia un asse Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli di forte collegamento che tende a sviluppare una dinamica di integrazione, di cooperazione e di rafforzamento reciproco fra queste città saltando in qualche caso le interazioni orizzontali del singolo capoluogo con il resto della regione. Tale dinamica può avere esiti positivi, laddove il polo centrale fa da “punta avanzata” del sistema regionale non indebolendo i legami orizzontali, oppure esiti negativi per il resto della regione, laddove i legami verticali nazionali diventano prevalenti. In questo contesto strutturale che è nazionale ma con forti proiezioni a livello europeo riportare la discussione sul sistema aeroportuale toscano sulla dicotomia Firenze e Pisa può essere un errore strategico che genera esiti negativi.
Il sistema della costa ha una sua forte potenzialità che si gioca su due direttrici. La prima è quella costiera che richiede una sinergia forte principalmente fra Pisa-Livorno e Piombino giocata sul rafforzamento della portualità e sulla costruzione, questa sì da chiedere con forza e una giusta dose di impazienza, della dorsale stradale tirrenica. La seconda è quella della costa con il sistema della Toscana centrale che non può giocarsi se non sull’integrazione fra sistema produttivo e sistema logistico e fra i sistemi della conoscenza e della ricerca universitaria e delle istituzioni pubbliche e private. La terza il rafforzamento ferroviario veloce lungo la dorsale costiera e nei collegamenti con il centro della Toscana. Sono queste le scommesse della Toscana per i prossimi anni. E sono queste le priorità strutturali da sostenere nel RRF plan che dovrà puntare a rafforzare le potenzialità regionali con investimenti infrastrutturali e attività di innovazione tecnologica e formativa.
E’ lo stato dello sviluppo regionale e nazionale, è la crisi da Covid che richiama tutti i soggetti ad uno sforzo di riprogrammazione strategica. E’ la nuova geopolitica mondiale che suona la campana. I campanili sono un tratto distintivo della Toscana, ma guai a farli rivivere fuori del tempo come simboli di una chiusura e di un arroccamento in una confort zone che non esiste più. Per questo l’inchiesta del Tirreno può svolgere un ruolo positivo solo per il fatto di aver aperto una discussione seria sul futuro della Regione. Certo l’approdo non può essere un ritorno indietro perché non ci sarà un rafforzamento della costa a prescindere dall’intero contesto regionale.
(L’intervento di Grassi e Tortolini, a nome di Italia Viva, è stato pubblicato sul Tirreno del 21/12/2020 a pag. 27)
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