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I governi precari e deboli non sono neutri. Sono la condizione ideale perché ne traggano vantaggio i potentati economici. E basti riflettere sul grande impegno profuso da molti media per alimentare e orientare le tensioni.

20 Febbraio 2021 da Nicola Cariglia Lascia un commento

Il governo Draghi ha cominciato il suo percorso e la prima cosa che colpisce è il silenzio e la compostezza del nuovo presidente del Consiglio paragonato alla loquacità non solo del suo predecessore ma anche del consueto circo mediatico e partitico che ci affligge oltre ogni limite di sopportazione. Si ironizza perché al governo si ritrovano assieme tutti quelli che si erano giurati inimicizia eterna: PD e Leghisti, leghisti e 5Stelle; 5Stelle e resto del mondo. Mai andare a sindacare chi si ritrova con chi, fu esercizio più sterile. Il governo, secondo le indicazioni del presidente della repubblica Mattarella è nato proprio a questo scopo: consentire una tregua alle forze politiche per fronteggiare uniti le emergenze sanitaria ed economica. Perciò il ricorso ad una personalità come Draghi. Non cercare un larghissimo consenso per sostenere queste due emergenze è stato il più grave errore di Giuseppe Conte. Non avere realizzato una intesa con le opposizioni, lo ha costretto ad una decretazione che ha esautorato il Parlamento e irritato le opposizioni. E, come se non bastasse, non gli ha consentito quel rapporto con Regioni che è indispensabile in materia sanitaria.

Ma questo errore, è giusto riconoscerlo, Conte non lo ha compiuto da solo. Il Conte 2, infatti, nacque come opportunità individuata da 5Stelle, PD, LeU e Italia Viva per evitare il voto in modo da non consentire la vittoria di Salvini e del centrodestra. Nessuno immaginava che dopo pochi mesi saremmo stati in piena pandemia. E quando ci siamo entrati, né Conte né i due maggiori azionisti del suo governo hanno saputo o voluto cambiare schema di gioco. Anzi, si sono fissati ancora di più sulla idea di fare di Conte l’uomo su cui puntare per la sfida al centrodestra, sicuri di sfruttare la popolarità che gli derivava dalla lotta al coronavirus.

Le cose, come si sa, tra pasticci di zone a colori, acquisti strampalati di banchi a rotelle, difficoltà nella campagna di vaccinazione (non certo imputabili a Conte) sono andate diversamente. E, insuccesso dopo insuccesso, dopo che il ministro Speranza aveva dovuto persino ritirare precipitosamente il suo libro della vittoria sul Coronavirus, siamo al fin giunti al governo Draghi. Per una tregua alla guerra civile che rende impossibile il funzionamento efficace del nostro sistema politico e delle stesse istituzioni.

Ora, sarà bene che vadano in pensione tutti coloro che hanno fomentato questa guerra civile (politica). I governi precari e deboli non sono neutri. Sono la condizione ideale perché ne traggano vantaggio i potentati economici. E basti riflettere sul grande impegno profuso da molti media per alimentare le tensioni. Draghi non è l’uomo che può risolvere tutto. E nemmeno gli compete. Sarebbe già un enorme successo se il governo riuscisse a varare un Recovery Plan efficace, sfrondato dai pegni da pagare ai rivoli di spesa per assecondare interessi corporativi. E in parallelo una veloce campagna di vaccinazione. Alle forze politiche, e solo a loro, il compito di rimodellarsi, con regole di trasparenza interna, per fornire una classe dirigente nuova e di qualità. Ci sono le condizioni perché  dopo Draghi la politica sia radicalmente diversa.  I partiti, dopo essere stati assieme al governo torneranno a dividersi, giustamente. Ma con il dovere e la convenienza di rispettarsi e vicendevolmente legittimarsi. Auspicabilmente più forti perché più trasparenti. E non consentendo che poteri opachi prendano il loro posto, come successo troppe volte.

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