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Solo Riformisti

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Non si può vivere a debito

Il DEF 2022 è ancora ispirato alla logica dell’emergenza. Ma quanto prima va messo a punto un piano di rientro dal debito. Purtroppo partiti e sindacati hanno perso il senso del bene comune. Luciano Pallini ha intervistato il Prof. Petretto sulla situazione economica del Paese.

6 Maggio 2022 da Alessandro Petretto Lascia un commento

Tra pandemia e guerra, recessione  e inflazione si susseguono intrecciandosi nello spettro della stagflazione? Qual è la tua valutazione sullo stato dell’economia in generale ed in Italia in particolare? Quali scenari possiamo attenderci?

Seppur incerottato e con qualche lacuna (alcune gravi), il sistema capitalistico internazionale ha retto a questa serie di crisi sistemiche esogene, tutte concentrate in un decennio. Per quanto attiene la guerra, escludendo gli scenari apocalittici, la grande capacità di sostituzione dei fattori produttivi del sistema supererà anche la necessaria riconversione delle fonti di energia, liberando dal vincolo del gas russo i paesi dell’UE. Vedo nero il futuro della Russia, anche se la parte asiatica del sistema economico cercherà di sostenerla. E alla fine lo faremo anche noi occidentali.

Il PNRR avanza  faticosamente scontando l’arretratezza della pubblica amministrazione (nella quale non basta inserire qualche migliaio di esperti) e la  farraginosità normativa: eppure sulle riforme per modernizzarla, pure parte integrante del PNRR, ci sono resistenze di partiti, sindacati,  lobby varie e numerose : ce la farà l’Italia a portare a casa  gli obiettivi cui si è impegnata? Quali misure potrebbero aiutare?

E’ molto difficile ma occorrerà un salto di qualità della parte sana della nostra società. Purtroppo è una fase molto nera delle istituzioni di rappresentanza (partiti e sindacati) che hanno perduto totalmente il senso del bene comune, puntando a traguardi settoriali e delle specifiche costituency. Due esempi: il balletto inverecondo sulla delega fiscale e sulla giustizia. L’esito modesto e di basso profilo di queste riforme cruciali potrebbe mettere in discussione il via libera sulle prossime rate del NGEU. Non invidio chi dovrà spiegare a Bruxelles la cervellotica soluzione raggiunta sulla riforma del catasto: mappatura senza riferimento ai valori di mercato!?. La prospettiva di fallimento del PNRR avrebbe conseguenze tragiche che sono ampiamente sottovalutate dalla politica.

L’ impatto della pandemia prima, gli effetti della guerra sull’economia sia per i maggiori costi energetici che per il blocco di mercati e forniture hanno prodotto serie difficoltà a parte le imprese sia a lavoratori mentre le famiglie sono sotto schiaffo per l’aumento dei prezzi. C’è voglia di ritorno alla scala mobile: che effetti produrrebbe una indicizzazione automatica dei salari?

L’inflazione che è emersa a partire dalla fine del 2020 (ben prima della guerra che l’ha poi accentuata) potrà essere messa sotto controllo se le aspettative dei mercati non saranno invertite. Per adesso i mercati finanziari sembrano fidarsi della forward guidance delle Banche centrali che hanno annunciato gradualità nell’inversione della politica accomodante. Stesso atteggiamento dovrebbe prevalere nel mercato del lavoro. Il problema del basso livello dei salari potrà essere affrontato solo con l’aumento della produttività che certamente il PNRR  garantirà. Tutto si tiene!

L’altro effetto è il congelamento del sistema economico, con le relazioni industriali che portano a lunghe ed inconcludenti rappresentazioni sul palcoscenico dei tavoli di trattativa nazionali e regionali? Ma è solo congelando com’era dov’era il sistema produttivo che si difende il lavoro e si assicura il futuro dei giovani?

L’Italia non ha mai sperimentato gli effetti della “distruzione creatrice” che se ben pilotata con interventi con misure attive può far approssimare il sistema alla frontiera dell’efficienza senza penalizzare i lavoratori. Bisogna però che tutti  (lavoratori e datori di lavoro) siano disposti ad adattarsi alle condizioni della concorrenza, abbandonando le posizione monopolistiche su cui tendono a collocarsi con gli accordi centralizzati. E ci vuole un nuovo welfare del lavoro garantendo servizi assistenziali e sanitari anche per il tramite delle imprese.

C’è un bonus per tutto e per tutti: questa sembra la strada intrapresa dal governo e dal Parlamento con la volontà convergente di tutte le forze politiche per affrontare le difficoltà delle famiglie, incentivare consumi ritenuti virtuosi? Ma davvero non esiste alternativa a questa strada che appare come un vero e proprio assalto al bilancio dello stato? E tutto a debito?

Il bonus ha l’effetto di un analgesico. Quando il dolore è forte qualche sollievo è indispensabile. Quando il dolore è passato e la causa rimossa l’analgesico va abbandonato. Ma non è facile convincere chi ne ha beneficiato 

Tutto dallo stato, niente allo stato: così pare il rapporto tra cittadini: benefici, sussidi e sinecure e no a tasse, razionalizzazione ed aumento? Può durare?

Non vi è dubbio che con le crisi sistemiche dell’ultimo decennio in Italia è venuta meno la relazione contrattuale Stato/cittadini che disciplina lo scambio tra quantità e qualità di servizi pubblici (indivisibili e alla persona) e le risorse che i beneficiari devono trasferire sotto forma di tassazione. Non è solo una questione legata all’evasione (un atto illecito che l’evasore sa di effettuare), è soprattutto la pretesa che si è diffusa di godere di diritti senza contribuire, rivendicando una sorta di porto franco generalizzato. Si cominciano a vedere i primi effetti di questa decadenza della democrazia: i bilanci pubblici  si destabilizzano e tutti si rivolgono a qualcuno al di sopra per superare gli squilibri, i comuni e le regioni allo Stato centrale e quest’ultimo ai cittadini privi di diritto al voto, cioè le nuove generazioni di domani.

Che giudizio si può dare sulla recente approvazione del DEF che di fatto scardina la norma costituzionale del pareggio di bilancio e del ricorso all’indebitamento solo in circostanze eccezionali? Di fatto il DEF  si può considerare come   una autorizzazione pluriennale programmata  allo sforamento di bilancio?

La Risoluzione votata dalle Camere per l’approvazione del DEF 2022 assomiglia al bigliettino che mia moglie mi dà quando mi spedisce al supermercato. La Nutella per il figlio goloso quando viene a trovarci, i biscotti alla marmellata per la nipotina, la bistecca per il pranzo domenicale che i figli adorano, il profumo che la figlia gradisce di più, ecc. La differenza è che questo mio bigliettino è coperto dalla mia carta di credito, mentre la risoluzione al DEF è fondata su l’auspicio pressante di uno sforamento di bilancio. Se ci pensiamo bene, programmare una fitta rete di spese ad personam e una riduzione di imposte finanziate a debito è un modo molto facile di governare, che non giustifica un’accurata selezione della classe politica. Chiunque è in grado di deliberare con questa logica, anche Giuseppe Conte, il più sollecito a richiedere lo sforamento. I grandi nemici dell’austerity lamentano il quasi “colpo di stato” che nel 2012 ha riformulato l’articolo della Costituzione su l’obbligo del pareggio, introducendo una  formula apparentemente più rigorosa di quella timida a suo tempo introdotta da Einaudi. In realtà, la norma indica l’obiettivo dell’equilibrio di bilancio strutturale, prevedendo però la violazione in casi eccezionali votati dalla maggioranza assoluta del Parlamento, quindi previo accordo con la minoranza. L’Italia ha fatto uso di questa deroga, praticamente ogni anno, dal 2014, con votazione quasi unanime. Quando c’è da deliberare a debito la Meloni va d’accordo con Conte e Fratoianni e i sindacati e Confindustria sono sempre d’accordo. La perfida Commissione europea ha sempre accolto questa deroga. L’auspicio di sforamento si accompagna nella Risoluzione dell’asserzione che non vi sarà più il Patto di stabilità e crescita da ottemperare per cui la rimozione del vincolo potrà essere strutturale. Quindi non vi è nel documento nessuna indicazione di strategia di riduzione del debito. Ma non potrà essere così perché regole di controllo della dinamica del debito verranno comunque reintrodotte nel 2023, più flessibili e sensibili al ciclo, ma sempre regole….. Intanto lo spread è arrivato a 200 punti base…….

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Info Alessandro Petretto

Professore emerito dell’Università degli studi di Firenze. Insegna Politica economica alla Scuola di economia e management di Firenze. E’ stato presidente della Commissione tecnica per la spesa pubblica del Tesoro e presidente della Società italiana di economia pubblica. E’ membro del Comitato scientifico dell’Ufficio Parlamentare del Bilancio.

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