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Solo Riformisti

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Sono 20 anni che un arsenale mediatico e culturale ci insegna a diffidare di tutto ciò che è istituzionale. La cultura del sospetto e del dubbio, che era cultura critica, si è trasformata in atto di fede.  

Leopardi, Povia, i no-vax e la scomparsa della critica

Sono 20 anni che un arsenale mediatico e culturale ci insegna a diffidare di tutto ciò che è istituzionale. La cultura del sospetto e del dubbio, che era cultura critica, si è trasformata in atto di fede.  

26 Agosto 2021 da Massimo Baldi 1 commento

La comunità scientifica ha i suoi limiti. La scienza ha i suoi limiti. La conoscenza umana ha i suoi limiti. L’ignoranza invece – soprattutto se si crede sapienza alternativa e libera (a chi e da chi non si è ancora ben capito) – è illimitata. L’angelo più sapiente, d’altronde, quello che vuole essere più sapiente di Dio, quello che non sopporta limiti, si chiama Lucifero. Ed è condannato a cadere illimitatamente, ovvero ad allontanarsi infinitamente dal vero.

Detto ciò e assunta questa premessa, non possiamo certo far servire il tè con i pasticcini. Le istituzioni non sono cenacoli o salotti per disquisizioni. Sono soggetti cui in qualche modo viene conferito il potere (e con esso anche il diritto esclusivo all’uso della violenza). Questo, a mio avviso, va sottolineato ancora di più quando quel conferimento avviene in forma democratica, quando cioè il controllo delle istituzioni viene assegnato secondo il principio della rappresentanza del demos.

Ebbene, a questi ignoranti illimitatamente sfoggianti una sapienza che non hanno, le istituzioni devono porre un limite. Al loro ‘illimitato’ va posto un limite terrestre, quello del «verace saper» leopardiano che gli uomini non possono attendersi da un qualche processo destinale, naturale o fisiologico ma che può valere nel mondo solo a seguito di un agire comune, di un’azione che resiste e infine si afferma. Un’azione che si pone su un limite e che pone un limite.

Lo hanno posto, d’altronde, a tutti noi per settimane, per mesi, chiudendoci in casa, impedendo a molti di lavorare e dunque, anzitutto nel caso dei piccoli imprenditori e dei professionisti, di sostentarsi. Non si capisce proprio perché adesso, adesso che possiamo in qualche modo uscirne, adesso che «insieme ce la stiamo facendo», possa esistere anche solo come ipotesi formulabile il diritto di questi altrimenti sapienti a ricacciarci indietro nel nome di non si capisce quale ius d’eccezione.

Sospensione dal lavoro, serrande abbassate, DAD… sono state a lungo qualcosa che tutti (senz’altro molti) hanno dovuto accettare. Se pochi li dovranno subire ancora per un po’ – non obbligatoriamente: per fortuna (che) c’è Pic… – credo che nessun uomo nobile d’animo e di spirito ne possa trarre motivo di vero turbamento.

E i loro figli? La domanda è comprensibilmente allarmante e allarmata. Questa sì, non può non turbare. L’istruzione (insieme alla sicurezza, alla giustizia, all’assistenza socio-sanitaria) è un diritto essenziale dell’uomo prima che del cittadino. Non credo che possa essere negato ad alcuno. Nemmeno al figlio del figlio dei fiori (di Bach). Suggerirei però, per questi piccoli che non hanno fatto nulla di male, qualche ora di lezione in più in cui un docente – a differenza di Red Ronnie e d’er Pomata (aka Enrico Montesano) – davvero qualificato spiega loro che la verità esiste; la scienza certo non la possiede, ma la contempla e la cerca. La scienza è fatta da tanti, con tanti metodi e tanti strumenti, spesso anche confliggenti, ma è tutta racchiusa entro un perimetro: quello della ricerca, della verifica dei dati, della statistica (della statistica!) e della falsificabilità/falsificazione (requisito che manca a tutte le teorie alternative: d’altro canto come lettura Karl Popper – come anche i suoi detrattori – è un po’ più complicato della pagina FB di Povia).

Questa diffidenza verso la scienza istituzionalizzata, diffidenza che non ha nulla di critico ma che al contrario contiene qualcosa di inquietantemente dogmatico e fideistico, non è una novità, purtroppo. Semmai si sperava che una catastrofe come la pandemia l’avesse messa in ghiaccio in modo duraturo. E invece si è decongelata in un lampo.

Sono almeno 20 anni che un arsenale mediatico, culturale, giornalistico, artistico, intellettuale, moralistico ci insegna a diffidare di tutto ciò che è istituzionale e di riconoscere veridicità alla leggera al primo amico-di-tuo-cugino, attivista con kefia, prete dissidente, opinionista dissidente, cronista dissidente, reporter dissidente con barba incolta e camicia stropicciata che parla attraverso una camera tremolante, geometra con sandali e borsello scopertosi ingegnere aeronautico i giorni dispari ed epidemiologo i giorni pari. La cultura del sospetto e del dubbio, che era cultura critica, si è trasformata progressivamente in atto di fede e di disamore per l’approfondimento e lo studio.

Quello che dimentichiamo in questo modo – e che invece la scienza, l’imperfetta e limitata scienza, ci insegna – è che la prima cosa di cui, per esser critici, si deve dubitare non è altrove da noi: è l’immediato della nostra certezza e della nostra sicumera. È il famigerato ‘essere se stessi’, che è dalla notte dei tempi che fa danni.

«Omai disprezza / Te, la natura, il brutto / Poter che, ascoso, a comun danno impera. / E l’infinita vanità del tutto», leggiamo ancora nel Leopardi degli ultimi anni. Solo dopo questa iniziale, illuminata e sincera premessa, solo dopo questo azzeramento può darsi senso, sapere, conoscenza. Tutto il resto è Povia.

 

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Archiviato in:Redazionale

Info Massimo Baldi

Nato nel 1981 a Pistoia, dove vive. Dottore di ricerca e abilitato come professore associato in estetica e filosofia de linguaggio. È stato dirigente del Partito Democratico e Consigliere Regionale. Dal novembre del 2019 è iscritto a ItaliaViva.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Massimo Pizzingrilli dice

    27 Agosto 2021 alle 11:06

    Applauso corale per Massimo Baldi, sempre numero uno e attento riflettitore!!

    Rispondi

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