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Solo Riformisti

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Legge elettorale, valzer continuo

Si parla ancora di cambiare la legge elettorale per favorire le convenienze del momento. Ma il modo con cui si scelgono i rappresentanti del popolo dovrebbe essere valutato in modo asettico, guardando agli interessi del Paese.

14 Ottobre 2019 da Stefano Bargellini Lascia un commento

Non esiste evidentemente nella politica italiana il punto e a capo, il senso di qualcosa che finisce, qualcosa di cui non si riparlerà per almeno trent’anni: chiuso, archiviato, cassato.

Chi pensava questo dell’annosa “querelle” sui sistemi elettorali dopo che il 4 dicembre 2016 il treno del maggioritario, anche il mio treno, si schiantò rovinosamente contro la volontà del corpo elettorale forse dovrà ricredersi.

Seppellito l’Italicum maggioritario (si dice dalla Corte Costituzionale, ma questa aveva fatto un rilievo cui si poteva porre facilmente rimedio), varato il Rosatellum, proporzionale al 75%, era ragionevole pensare ad un’archiviazione del problema.

Ma davvero tutto scorre (Parmenide), tutto ritorna (Nietzsche).

Il recente taglio dei parlamentari ha riconsegnato il problema all’attualità: da ogni parte si proclama che sarà necessaria una riforma elettorale per equilibrare gli effetti distorsivi della riforma costituzionale.

Innanzitutto: maggioritario o proporzionale?

Una cosa va detta subito: il maggioritario non è compatibile col bicameralismo “perfetto”, vera rarità quasi solo italiana, e questo non è stato affatto modificato, per cui, pochi o tanti che siano i deputati, basterà ancora riuscire a mettere una “o” al posto di una “e” che si tornerà all’altro ramo del parlamento dove si potrà magari inserire un “tuttavia” e finalmente ricominciare tutto da capo.

Il “baco” vero stava qui, ma non è stato toccato.

Inoltre non occorre certo Machiavelli, basta Cencelli, per rendersi conto che in genere la classe politica propone il sistema elettorale con cui reputa di vincere le prossime elezioni.

Con Renzi attorno al 40% si parlava di maggioritario a doppio turno, poi quando si è temuto l’arrembaggio grillino è uscito un bel proporzionale, con penalizzazione di chi corre da solo, detto Rosatellum, in modo che non vincesse decisamente nessuno (infatti sono risultate possibili per ora almeno due maggioranze opposte con “ago della bilancia”: un classico). Poi Salvini annusa l’odore dei voti in crescita e voilà, da acerrimo nemico del maggioritario, subito diventa suo acceso fautore con la Meloni dietro, ma senza il Cavalier Berlusca che invece dal proporzionale avrebbe da guadagnare un utile potere di interdizione, per far sentire che c’è ancora.

Si dice da parte di molti che la riduzione dei parlamentari imporrà un proporzionale puro per riequilibrare la rappresentanza fortemente compromessa ed inoltre depotenziare Salvini, ma c’è anche chi ha scritto di un possibile doppio turno per segare Renzi che avrebbe bisogno del proporzionale e, nemesi, non potrebbe dire che proprio il sistema che aveva proposto lui ora fa schifo.

Che dietro una proposta politica ci sia spesso un orwelliano “bis-pensiero” non è certo una grande scoperta: dico pubblicamente che voglio andare a Parigi perché spero (anche se i mie calcoli ovviamente possono rivelarsi sbagliati) che se parto subito con Parigi finirò per essere pregato di andare a Londra dove effettivamente volevo andare, ma se lo avessi detto subito chiaramente …. col cavolo che ci sarei arrivato.

Tuttavia anche se voglio un dato sistema elettorale per scopi indicibili, questo di per sé non rende quel sistema cattivo e nemmeno buono: io posso aiutare una vecchietta ad attraversare la strada per commuovere e conquistare una ragazza che mi sta a cuore o per sfuggire alla polizia che sta cercando di individuare uno scippatore, resta però indiscutibile che aiutare le vecchiette ad attraversa la strada è una cosa buona in sé.

Considerazioni di questo tipo dovrebbero spingerci a valutare un sistema elettorale per quello che è, con i suoi pregi e difetti oggettivi e considerare che tutti gli indicibili moventi sotterranei svaniscono nel momento dell’approvazione, quando cioè il nuovo sistema diventa legge ed esercita vita propria.

Quindi bisognerebbe valutare un sistema elettorale indipendentemente da ogni dietrologia e da chi ne possa essere avvantaggiato o danneggiato al momento.

Vorrei provare a farlo affrontando un unico tema, quello della “rappresentanza”.

Si tratta dell’argomento “forte” dei fautori del proporzionale. Sostengono infatti che principale compito delle elezioni sia quello di rendere una immagine il più possibile fedele delle forze politiche che hanno partecipato alla competizione e quindi per loro tramite del corpo elettorale. Il parlamento deve soprattutto rappresentare più fedelmente possibile tutte le forze politiche che hanno spinto gli elettori ad andare a votare.

A questo punto però bisognerebbe chiarire meglio rappresentanza rispetto a che cosa: se rispetto ai destini di ogni singola forza politica che, come tale, si sente in diritto di essere rappresentata oppure se, e non è la stessa cosa, rappresentanza rispetto al sistema nel suo complesso, cioè all’intero paese che è andato a votare, all’intero corpo elettorale. Si dovrebbe convenire che da questo secondo punto di vista garantire la rappresentanza dovrebbe voler dire, in primo luogo, essere governati da chi ha preso più voti e solo in subordine avere un parlamento con dentro tutte le sfaccettature.

Rappresentanza di chi? del paese che ha votato? o di ciascuna singola forza politica?

Nel primo caso il sistema, per dare rappresentanza, deve soprattutto garantire un governo espressione del raggruppamento politico che ha preso più voti, nel secondo caso basterà che si produca una rappresentazione fedele delle forze politiche in campo, questo certo potrà far felice qualche partito, ma non c’entra nulla con la rappresentanza del sistema complessivo rispetto all’intero corpo elettorale.

Ma a mio avviso c’è un altro aspetto, molto più significativo e sempre sottaciuto, collegato al tema della rappresentanza. E’ chiaro che anche questo è un valore che  tuttavia deve essere contemperato con la necessità per un sistema elettorale di garantire anche la governabilità. Si dovrebbe constatare ictu oculi, proprio in nome del principio di rappresentanza, una stridente contraddizione quando la vita e la durata del governo si trovano in mano a forze di gran lunga minoritarie che però hanno il potere di farlo saltare.

Quando nel gennaio 2008 il Gip di Santa Maria Capua Vetere dispose gli arresti domiciliari per la signora Sandra Lonardo il marito Clemente Mastella leader dell’UDEUR che alle elezioni politiche del 2006 aveva raccolto l’1,40% a livello nazionale (!!!) fece cadere il secondo governo Prodi nel giro di pochi giorni. A questo punto una domanda che per me è cruciale: “Un rapporto governo parlamento che funziona così è retto da un sistema maggioritario o proporzionale?” Chiedo: “In quale sistema maggioritario una forza politica con l’1,40% decide sulla vita o sulla morte del governo?”

Appare abbastanza evidente che in questo caso la garanzia della rappresentanza “quisque pro domo sua” era stata potenziata fino a creare un effetto distorsivo in primo luogo proprio del concetto stesso di rappresentanza per sua natura basato sul fatto che i voti si contano ed il mio vale uno esattamente come quello del presidente della repubblica … è no!  Se una forza ultra minoritaria può far cadere il governo vuol dire che i voti si “PESANO”. Qual è appunto il “PESO” specifico dei voti attribuiti al partito che fa “l’ago della bilancia”, o a quello marginale ma determinante, entrambi orpelli irrinunciabili di ogni sistema elettorale proporzionale?

Non si tratta di scegliere il sistema buono e privo di difetti perché non esiste.

Se è giusto garantire la rappresentanza questa esigenza non può arrivare fino a consegnare la governabilità al beneplacito di ciascun rappresentante altrimenti dietro il conteggio dei voti farà aggio il loro “PESO” che sarà tanto maggiore quanto più piccola è la forza politica, fino al valore massimo del parlamentare che, in corso d’opera, cambia casacca.

Sempre in nome della rappresentanza c’è da chiedersi se un paese sia meglio rappresentato dalla forza politica che ha preso più voti e che quindi per questo governa anche, piuttosto che da una minoranza con in mano le sorti del governo.

Ergo è solo con un sano sistema maggioritario, dotato di opportuni contrappesi, che è possibile garantire in modo adeguato quella rappresentanza che sta tanto a cuore dei sostenitori del proporzionale: quest’ultimo non può essere di certo il sistema in cui è la minoranza ad avere l’ultima parola e a decidere le sorti del governo.

 

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Info Stefano Bargellini

Stefano Bargellini, anni sessantotto, si è laureato nel 1976, con il massimo dei voti e lode, alla facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze. Dopo un breve periodo di insegnamento, è stato dirigente amministrativo presso il comune di Pescia e funzionario in quello di Pistoia. E’ da alcuni anni in pensione, ma non ha mai smesso di studiare né di interessarsi ai problemi politici e sociali

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