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Solo Riformisti

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Le sardine, una speranza

Piaccia o non piaccia le sardine stanno rivitalizzando la sinistra. E non serve spaccare come sempre il capello in quattro. La loro eterogeneità è un punto di forza anche perché sono uniti su pochi punti imprescindibili.

19 Dicembre 2019 da Stefano Bargellini 2 commenti

Un mese fa eravamo decisamente alla “canna del gas”, all’encefalogramma piatto di fronte all’avanzare di Salvini-Meloni come personaggi fisico-politici, ma soprattutto come vessilli di vari “-ismi” collegati tra loro: “razz-“, “popul-“, “sovran-“, “fasc-“.

Gli si opponeva solo un governo che ricorda piuttosto i passeggeri del Titanic, però quelli almeno ballavano insieme, questi si cazzottano fra di loro a due passi dall’iceberg, cioè delle elezioni regionali emiliane.

Gli Ostrogoti sulle sponde del Po, nuova linea del Piave, ancora una volta alla vigilia del “dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”.

Situazione complessiva: un budino in cui Salvini avrebbe potuto infilare le mani e spappolarlo in 4+4=8.

Poi succede che, all’insaputa di tutti gli esperti esegeti di ciò che si muove nella società, senza che si sia percepita la preparazione dell’evento, a Bologna Piazza Maggiore si riempie di persone stipate come “sardine”: sono tutte europeiste, contro Salvini e Meloni, contro le idee della destra.

Non è una fiammata, ma il fenomeno si ripete in numerose altre città con partecipazione crescente.

Esiste un popolo diversificato al proprio interno (per fortuna), ma omogeneo nell’opporsi ai favoriti delle prossime elezioni.

Questo popolo ha voglia di uscire di casa non per andare ad ascoltare il politico di turno in un circolo con altre venti persone, ma per gridare al cielo e alla terra, in migliaia, la propria rabbia contro il dilagare dell’inciviltà razzista, dell’autoritarismo trionfante e “dell’ormai non c’è più niente da fare”.

Ecco però spuntar fuori subito, “da sinistra”, una schiera di inguaribili “grandi maestri”, ne parlo non perché contino qualcosa in se stessi, ma solo come traccia inestirpabile di quel “virus” che da sempre ci uccide: la coazione a dividere l’interno del proprio campo.

Questa sì che è una forza potente “che mai non resta” come dice il Poeta.

In primo luogo, si attacca l’eterogeneità del movimento: chi sono? come la pensano su una serie di temi? come si dividono?

Non ci si rende conto che l’eterogeneità è l’elemento di forza: eterogenei, ma uniti da alcuni pochi punti su cui non si transige.

Quell’unità di valori che ci è sempre mancata: abbiamo idee diverse, ma contro l’autoritarismo, il razzismo, il populismo, il fascismo siamo tutti uguali, sembra poco?

Non lo è affatto.

Esempio: un tempo eravamo comunisti, socialisti, democristiani e quindi poi antifascisti da comunisti, antifascisti da socialisti, antifascisti da democristiani, dovremmo imparare ad essere prima antifascisti tutti allo stesso modo e poi, se necessario, diversificarci dopo.

L’unità nell’eterogeneità dispiegata dalle “sardine” è un elemento di forza, non di debolezza, vuol dire unità su alcuni punti nodali assoluti e irrinunciabili per tutti, poi, le differenze: solo dopo.

Agli occhiuti “di sinistra” cui non piacciono le “sardine” (quelli “di destra” è normale che le disgustino) non piace neanche Greta Thunberg che ha portato in piazza milioni di persone nel mondo intero. Pare che apprezzino di più il locale chiuso, riservato al convegno di esperti che esprima intrinseca coerenza … a divedere semmai ci pensano loro.

Si registra però una inaspettata convergenza nella disamina delle nefaste “sardine” tra l’estrema sinistra (per associare un nome Marco Rizzo segretario del “Partito Comunista”, quello di Rizzo, però) e la sinistra moderata forse di simpatie socialiste.

Per i veterocomunisti le sardine innanzitutto non fanno un’analisi marxista della società (e questo già basta e avanza), sono piuttosto un’emanazione di Prodi e del PD (nemico principale), “un’arma di distrazione di massa” per distogliere l’attenzione dal MES sul quale Rizzo fa però gli stessi discorsi di Salvini e Meloni (https://youtu.be/xo.IUoCGhwug)

Per questi signori la politica si farebbe anche all’aperto, nella lotta di piazza, peccato che dietro non gli ci vada più nessuno, di qui una sorta di sdegno beffardo: noi che veniamo da lontano e vediamo più lontano degli altri … noi, sempre senza popolo.

Per la sinistra moderata che considera “Politica” solo quella che si fa tra i partiti in luoghi chiusi ad essa riservati, tra esperti, nei ministeri e giù “per li rami” negli assessorati e via e via, certo questa invasione di popolo eterogeneo e orientato in modo generico è fronte di inquietudine.

Intanto se ne critica l’assenza di organizzazione, lo spontaneismo e quindi l’agglomerato senza esperienze né coerenza di obiettivi, ma subito, se appena, appena si intravede l’intento di un minimo di ossatura, di organismo, di programma (vedi i sei punti lanciati a Roma) allora parte la critica opposta: anatema, vogliono farsi partito, presentarsi alle elezioni (anche se dicono di no) e portare via voti ai partiti soprattutto di sinistra, che, stupidi, non se ne accorgono nemmeno e anziché attaccarli li osannano (Umberto Minopoli https://www.facebook.com/1523217782/posts/10221254399739209/). Ma l’apice, in questi casi, lo raggiunge sempre la filosofia: per Corrado Occone “le Sardine sono un prodotto dell’incultura di massa e non sanno di esserlo” (… in quel “e non sanno di esserlo” si sente davvero sprecata “La fenomenologia dello spirito” di Hegel) e soprattutto non hanno “sicuramente mai letto” Gramsci (lo ha scritto davvero), anche se lo citano, persino falsari quindi

(https://www.centromachiavelli.com/2019/12/16/ocone-sardine-incultura/).

Anziché chiedersi come mai i partiti non portano più nessuno, o quasi, in piazza, tutti questi sommelier della sinistra, pronti a distillare i vari gradi di purezza dei movimenti, questi radiologi sempre muniti di TAC e risonanza magnetica, dissezionano chi in piazza ci va e gli fanno anche le critiche.

Consapevole che c’è una bella differenza tra piazze piene ed urne piene (di voti per te), dal dopoguerra infatti non si sono mai visti “democristiani” (da intendere in senso lato come “filistei” o “benpensanti”) in piazza, ma poi vincevano sempre le lezioni, tuttavia piazze vuote non ha mai portato urne piene, per noi.

Non so quale sarà il destino delle “sardine”, spero non si trasformino in un partito, ma che restino un movimento. Il movimento del minimo comun denominatore che, come tale, esprima però il massimo di unità.

Unità permanete a presidio dei principi basilari di quella civiltà che in fondo è il presupposto di tutto il resto.

Se crolla quella crolla tutto.

 

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Info Stefano Bargellini

Stefano Bargellini, anni sessantotto, si è laureato nel 1976, con il massimo dei voti e lode, alla facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze. Dopo un breve periodo di insegnamento, è stato dirigente amministrativo presso il comune di Pescia e funzionario in quello di Pistoia. E’ da alcuni anni in pensione, ma non ha mai smesso di studiare né di interessarsi ai problemi politici e sociali

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Gian piero dice

    21 Dicembre 2019 alle 03:03

    Non c’è la faccio mai ad arrivare fino in fondo. Nel dire cose ovvie sino alla banalità e buonsensaie sino al parossismo puoi almeno essere un po’ più stringato? Eppoi basta con l’ossessione di Marco Rizzo che non é il nemico principale. Infine delicato e datato é il dilemma di quale rapporti coi movimenti. Dilemma però ineludibile. Di fronte a movimenti vitali e impetuosi ma volatili e caduchi rimane il tema di quale partito o movimento politico ci serve e con quale ipotesi di paese. E qui purtroppo con tutta la buona volontà poco ci sorreggono le sardine.

    Rispondi
  2. Stefano dice

    21 Dicembre 2019 alle 10:55

    Grazie Piero
    so come la pensi ed anche che non siamo mai stati d’accordo su nulla soprattutto negli ultimi tempi. Auguri.

    Rispondi

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