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Le atrocità degli ayatollah

Il mondo scoprire solo ora le atrocità degli ayatollah. Il regime, con le sue Guardie della Rivoluzione, non cederà mai alla richiesta di deviare dal suo scopo finale. Quello che può cambiare le cose all'interno dell'Iran è solo un mutamento della scena internazionale.

28 Novembre 2022 da Fiamma Nirenstein Lascia un commento

Adesso finalmente ci si accorge che in Iran siede un governo oppressore, violento, che odia donne, dissidenti, persino i bambini uccisi in piazza a decine, che considera la sopravvivenza del regime più importante del suo popolo. Ma se è giunta, e menomale, l’attenzione internazionale, non è detto che questa attenzione morderà nel punto giusto. Chi in questi anni ha seguitato a denunciare, a occuparsi delle alterne vicende del regime, sa quanto dal 1979, anno della rivoluzione khomeinista, esso consideri spregevole al confronto col suo orizzonte ideologico (l’avvento apocalittico del Mahdi e la dominazione del mondo) la libertà, la democrazia, l’occidente e tutto il suo mondo. La sua visione sociale interna e del ruolo imperialista dell’Islam sciita, salvo alleanze episodiche col mondo sunnita, mette a ferro e fuoco il mondo e tutta l’area, deve soggioga l’Occidente. Il suo primario odio antisemita ne ha fatto l’unico Paese che siede all’ONU e minaccia di genocidio sistematicamente e senza tregua un’altro Paese membro, Israele. L’ambizione imperialistica e nucleare è la polizza per poter gestire il dominio interno senza freni.

E’ un tutt’uno. L’Iran è un Paese meraviglioso, la sua gente è antica, colta, i Persiani hanno una storia imperiale millenaria. E’ una sofferenza vederlo drizzare le forche in piazza: fra i quattro e i seimila omosessuali sono stati giustiziati mentre anche su altre decine di migliaia si abbatteva la pena di morte. Ibrahim Raisi da presidente ha confermato con un numero aumentato del 25 per cento la fama del tempo in cui era capo del giudiziario iraniano. Mentre scriviamo, almeno 21 aspettano l’esecuzione. Questo potente regime, con le sue Guardie della Rivoluzione in testa, dentro e fuori i confini, con i suoi proxy Hamas,, Hezbollah, Houty, non cederà mai alla richiesta di deviare dal suo scopo finale, e lo sosterrà con tutto il suo sistema. Quello che può cambiare le cose all’interno dell’Iran è un mutamento della scena internazionale: quando Raisi salì al potere seduto davanti a lui fra gli invitati c’erano i rappresentanti di Hamas e di Hezbollah seduti con quelli dell’Unione Europea e con i dignitari religiosi e militari.

Gli Stati Uniti, che Khamenei riempie di maledizioni e di condanne mentre condiziona il patteggiamento sul nucleare a che tolgano dalla lista delle organizzazione terroriste la Guardie della Rivoluzione, sono di fatto oggi quelli che possono cambiare le carte in tavola, con l’aiuto anche di un atteggiamento più chiaro dell’UE. Biden non vuole scendere dalla fantasia obamiana che un accordo sul nucleare con l’Iran possa portare pace e stabilità, e trascura invece gli spazi realistici apertisi con i paesi sunniti. La critica a Trump per essersi ritirato dall’accordo nel 2015 è stata accompagnata da Biden e dal suo inviato per l’Iran Robert Malley con una politica di sollievo da sanzioni, scongelamento di beni, proscioglimento dall’uso ristretto di fondi che ammonta a un valore di parecchi miliardi (da 7 a 12, secondo stime di esperti). Non sono denari che andranno a sollevare il popolo iraniano nè dalla miseria nè dalla mancanza di libertà. Aumenterà invece l’accumulo di materiale fissile per raggiungere lo scopo della bomba atomica in breve tempo, diventa sempre più consistente la fornitura di droni iraniani alla Russia di Putin. E’ proprio utilizzando lo spauracchio di conflitti diffusi (per questo sono frequenti gli attacchi missilistici e di droni iraniani nel Golfo) e di uso internazionale del terrorismo (i recenti attentati di Gerusalemme sono stati hackerati e riprodotti su schermo da un gruppo iraniano) che il regime iraniano si sente immune. Ma ricordiamo: decenni di pazienza con la Cina e la Russia ne incrementarono i programmi militari, solo una svolta internazionale può bloccare il regime.

 

(questo articolo, già uscito sul quotidiano Il Giornale, è ripreso con il consenso dell’autrice)

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