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Solo Riformisti

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La partita di Renzi

Con un guizzo alla Ronaldo Renzi esce dal PD e scompagina il quadro politico. Ora inizia una nuova partita. Sono in gioco due visioni del Paese, una statica, rivolta al passato, l’altra dinamica che guarda al futuro.

18 Settembre 2019 da Giancarlo Magni 1 commento

Allo stato attuale non è possibile dire con certezza se la mossa di Renzi di uscire dal PD e dar vita ad un nuovo soggetto avrà o no successo. L’unica cosa certa era che la mossa era nell’aria da tempo perché da tempo mancava in Italia un soggetto politico riformista, liberaldemocratico, saldamente ancorato all’Europa, che puntasse su crescita e sviluppo e non su statalismo e assistenzialismo. Renzi, fin da quando diventò per la prima volta segretario del PD nel dicembre del 2013, aveva tentato di costruire qualcosa di simile ma molte parti del suo partito opposero resistenza e il progetto piano piano perse forza propulsiva. Il punto di non ritorno arrivò tre anni dopo nel dicembre del 2016 quando la maggioranza degli italiani bocciò il referendum costituzionale che doveva modernizzare le istituzioni dando la possibilità  ad un soggetto di quel genere di crescere e svilupparsi.  Da quel momento il PD iniziò il percorso inverso e piano piano si incamminò verso il suo vecchio modo di essere. La segreteria Zingaretti è stato il segnale visibile di quella svolta.

Allo stato attuale, nel quadro politico italiano, quelle istanze riformiste e liberaldemocratiche non hanno rappresentanza. Non l’hanno sul versante del centrodestra perché Forza Italia è ormai ridotta al lumicino ed è succube di Salvini e non l’hanno sul versante del centro sinistra perché su quel fronte le nuove parole d’ordine sono ancora una volta, o almeno danno proprio l’impressione di essere, statalismo e assistenzialismo.

Renzi ha preso atto di questo stato di cose e ha mosso i suoi pezzi sulla scacchiera della politica per sparigliare il gioco. Vedremo, in progresso di tempo, se ci riuscirà. Sia come sia ci sta tentando e, a giudizio di chi scrive, ha fatto bene. Nel PD ormai convivevano due linee e due strategie e quella diciamo così modernizzatrice stava progressivamente perdendo terreno.

Molti criticano la spregiudicatezza e i tempi della manovra. Ma quando lanci un attacco lo devi fare nel momento in cui gli avversari meno se lo aspettano.

Ora è importante che tutte le forze piccole o grandi, spontanee o istituzionalizzate, che si ritrovarono insieme nella battaglia referendaria per avviare il percorso di modernizzazione dell’Italia facciano fronte comune. Se questo avverrà Renzi avrà vinto la sua partita e l’Italia potrà stare in Europa da pari a pari con Francia e Germania in caso contrario avremo davanti a noi solo due strade: uscire o restare ai margini.

 

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Archiviato in:Politica

Info Giancarlo Magni

Giancarlo Magni, giornalista professionista, ha seguito per anni, a Roma, la vita politico-parlamentare. Ha lavorato nella carta stampata, nelle radio e nelle TV. In RAI è’ stato vice-caporedattore del TGR della Toscana. Dal 2012 al 2017 è stato Vice-Presidente del Comitato Regionale per le Comunicazioni della Regione Toscana. Fa parte del Comitato Direttivo della Fondazione "F. Turati", una Onlus che gestisce Centri di Riabilitazione, Rsa e Centri per disabili. E' Presidente dell'ETS Raggio Verde che assiste minori e adulti affetti da autismo.

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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Fausto Antonio Gonfiantini dice

    18 Settembre 2019 alle 17:25

    Giancarlo, è vero: Forza Italia è ridotta al lumicino (per sua colpa e insipienza politica e organizzativa), ma mi risulta che non tutti (dovrei dire quei pochi) coloro che sono rimasti sono succubi di Salvini: purtroppo i veri liberaldemocratici non hanno mai avuto la possibilità di incidere. Vediamo quello che succederà con la mossa di Renzi. Per quanto mi riguarda sono stato, sono e sarò sempre un liberaldemocratico, disposto a seguire chi professa certi valori e soprattutto li realizza (o tenta seriamente e concretamente di realizzarli). Il dramma dell’Italia è proprio quello, a mio avviso, di non aver mai avuto un’efficace azione politica ispirata a questi principi e valori.

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