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Solo Riformisti

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La degenerazione della democrazia

Spettacolo avvilente il faccia a faccia televisivo fra Trump e Biden. È il segno, valido per tanti Paesi, che la storia dell’umanità non è un progresso continuo. E ne risentono anche i valori democratici.

1 Ottobre 2020 da Lorenzo Colovini Lascia un commento

Il faccia a faccia televisivo Biden – Trump è stato coralmente giudicato uno spettacolo desolante e un pessimo servizio all’informazione e alla consapevolezza degli elettori statunitensi (tanto da indurre addirittura la Commissione preposta a considerare di modificare il format dei prossimi eventi). Si è stigmatizzato il clima da bagarre, l’inconcludenza del dibattito e l’attenzione si è al solito concentrata su chi ha vinto e chi ha perso.

Meno attenzione ha suscitato un accadimento mostruoso che avrebbe meritato, a mio parere, un’eco ben maggiore. Alla richiesta del moderatore di condannare i suprematisti bianchi, the Donald non ha nemmeno preso in considerazione l’invito e anzi si è idealmente rivolto agli interessati e ha detto “stand back, stand by”.

Per inquadrare la genìa di cui si parla, i cosiddetti Proud Boys sono dei tipini armati fino ai denti (ça va sans dire) che ce l’hanno con i neri, i gay, gli islamici, gli ebrei, gli immigrati di ogni risma… sono protagonisti di marce neonaziste, di scontri di piazza.. roba insomma che al confronto i nostrani Casa Pound sono dei boy scout. E a proposito di Casa Pound, vi ricordate la sensazione di fastidio quasi fisico, da gesso che striscia sulla lavagna, a casa nostra, quando Salvini si arrampicava sugli specchi per negare qualsiasi contiguità con, appunto, Casa Pound e insieme strizzare l’occhio a quel mondo? Quel tergiversare, quel fingere di non sapere, di non conoscere.. ebbene, proviamo a pensare se anziché fare ipocritamente il pesce in barile, Salvini se ne fosse uscito con un “dico loro di stare calmi e stare pronti..” si sarebbe scatenato (giustamente!) il pandemonio. Ma poi, che dico Salvini, Trump è il Presidente, il Commander in Chief.. è come se le frasi di cui sopra in Italia le avessero pronunciate Conte e Mattarella con un comunicato congiunto.. roba per noi da fantascienza (per fortuna). Per ritrovare qualcosa di anche lontanamente simile dobbiamo risalire a Mussolini e alle sue squadracce che scorrazzavano impunite in Padania.

Ora, una cosa del genere avrebbe dovuto oscurare qualsiasi altra considerazione, sia sulla qualità del dibattito, sia su chi se l’è cavata meglio, financo far passare in secondo piano addirittura la minaccia (di per sé gravissima) di Trump di non riconoscere l’eventuale vittoria di Biden se il voto postale risultasse determinante. Nel Paese che, a torto o a ragione (a questo punto direi a torto..) viene considerato il campione delle democrazia mondiale, dove il Presidente non deve (non doveva?..) mentire mai pena la perdita totale di credibilità, che per mesi e mesi ha inflitto al mondo intero lo strazio di stabilire se Monica Lewinsky aveva o no fatto un pompino a Clinton… una uscita clamorosamente eversiva come quella di Trump è di fatto scivolata via come una nota di colore. E peraltro definitivamente sepolta dall’incalzare dell’attualità, coperta comprensibilmente dalla positività di Trump al Covid19 che è presumibile terrà banco per le prossime settimane.

Resta il fatto che la vicenda la dice lunga sullo stato miserevole della democrazia e del senso di Stato, di comunità negli Stati Uniti d’America ma anche suscita amare riflessioni sul dibattito di casa nostra. Siamo un Paese in cui si grida alla minaccia democratica, al vulnus se Conte proroga lo stato di emergenza per il Covid ma anche nel dibattito politico di casa nostra io non ho sentito nemmeno stigmatizzare il comportamento di Trump. La Meloni, così preoccupata per le sorti della democrazia in Italia, non ha davvero trovato nulla da dire? Ma neppure gli intellettuali di sinistra, nemmeno i molti indignati in servizio permanente effettivi.. quelli che sono inclusivi, sostenibili, green, quelli che ascoltano, che condividono, che accettano.. neppure un post, neppure un soffio, neppure un “ma”..

Se ci pensiamo su, ci sono almeno due elementi veramente scoraggianti.

Il primo è che dobbiamo rassegnarci amaramente al fatto che è fallace la visione, tra l’illuminista e il vichiano, di molti della nostra generazione che hanno sempre immaginato lo sviluppo della storia dell’umanità come un progresso continuo – ancorché irregolare – del pensiero e conseguentemente percepiscono come irreversibili certe conquiste dell’umanità. Non è affatto così, anche la democrazia negli USA si è evidentemente mitridatizzata al punto da digerire uscite mostruose come quella di the Donald che sarebbero oggettivamente da impeachment (altro che la fellatio della Lewinsky). E gli esempi, anche recenti, di oggettiva regressione per esempio della condizione delle donne, delle minoranze, la restrizione sempre crescente degli spazi di reale democrazia in moltissimi Paesi del nostro pianeta sarebbero moltissimi.

Il secondo, e chiudo, è relativo al nostro Paese. Diciamo la verità: quello che è avvenuto nel Debate non viene percepito (molto a torto) come un problema nostro. Più importanti appunto le miserrime vicende nostrane che quello che potrebbe succedere a novembre negli States. Ci stiamo sempre più rinchiudendo nel nostro particolare, nell’interesse prossimo e immediato. Per molti anche l’Europa è lontana e ostile, figurarsi l’America. Chissenefrega. Chissà, forse anche i nostri nonni quando i nazisti cominciarono a spaccare le vetrine degli ebrei, avranno pensato “non è un problema mio”.

Eh, si è visto..

 

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Archiviato in:Esteri, Redazionale

Info Lorenzo Colovini

Nato a Venezia nel 1959, vi ha sempre risieduto tranne alcuni periodi per lavoro. Laureato in ingegneria elettrotecnica nel 1984 all’Università di Padova, sposato con due figli gemelli (ormai 25enni) lavora all’Enel, settore Distribuzione, da 1987. Ha svolto per circa 20 anni incarichi nel territorio per poi passare ad attività di carattere nazionale nel International Business Development, lavoro che lo porta a passare molto tempo all’estero. Sempre come business developer di Enel, ha vissuto a Pechino per circa un anno e mezzo (2008-2009). Collaboratore fisso della testata on line Luminosi Giorni, rivista di cultura politica con particolare attenzione a temi dell’area veneziana. Fa parte del Direttorio di UNAeUNICA, associazione trasversale nata per contrastare l’ipotesi di divisione del Comune di Venezia nelle due parti di acqua e di terra.

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