L’intervento straordinario nel Mezzogiorno è stato per lo più analizzato dalla letteratura con un focus sulle ragioni, le origini, l’evoluzione e gli esiti di tale politica. La prospettiva abituale considera questa tra le ipotesi che nel tempo sono state proposte per risolvere la principale contraddizione dello sviluppo nazionale italiano, ovvero la “Questione Meridionale”, ovvero il divario storico di condizioni economiche e sociali tra le aree settentrionali e meridionali del Paese. Il dualismo economico italiano e la sua evoluzione di lungo periodo nel corso di oltre un secolo e mezzo di unità nazionale hanno infatti stimolato una prolifica letteratura su questi temi, che tende a considerare la Cassa per il Mezzogiorno come il più importante strumento messo in campo per risolvere la contraddizione interna di un Paese avanzato con una vasta area arretrata. La ricostruzione di queste vicende, che hanno condizionato le politiche economiche italiane per quasi tutta la seconda metà del ‘900, richiede ancora uno sforzo di ricerca impegnativo e prolungato, senza considerare la disponibilità di fonti primarie vaste, per estensione e dimensione, e ancora non sfruttate a livello nazionale, che attualmente si trovano presso l’Archivio Centrale dello Stato (ACS, Archivi dello Sviluppo Economico Territoriale,<https://aset.acs.beniculturali.it/aset-web/>), ma anche in molti altri luoghi non sempre facilmente accessibili ai ricercatori. Le fonti primarie che sono state recentemente rese disponibili all’interno dell’ampia e significativa documentazione interna della Banca Mondiale – la cui divulgazione e consultazione pubblica è stata autorizzata solo pochi anni fa – costituiscono tuttavia un patrimonio informativo di inestimabile valore. Questi documenti riguardano le valutazioni che i Presidenti della Banca e i suoi principali dipartimenti hanno effettuato sulla Cassa per il Mezzogiorno e sullo sviluppo economico del Sud, nonché altri vari aspetti legati ai prestiti richiesti alla Banca Mondiale e agli investimenti pubblici realizzati in Italia. Queste preziose fonti sono utili non solo per comprendere meglio il significato dell’intervento straordinario e le sue tendenze nel corso di almeno 15 anni, ma anche per fornire un punto di vista originale sulla questione. Studiare l’intervento straordinario attraverso la lente della Banca Mondiale può infatti ampliare la portata dell’analisi e mostrare le politiche di sviluppo italiane all’interno di un contesto internazionale. In sintesi, questi rapporti e gli altri documenti della Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS) aprono una nuova frontiera per la ricerca sulla Cassa e sulla crescita economica del Mezzogiorno nella fase propulsiva della “golden age” italiana. Questi documenti dimostrano la “doppia paternità” dell’intervento straordinario: dallo studio di essi emerge che tale politica non fu solo il prodotto di una lungimirante e seria riflessione nazionale, ma dipese anche dal coinvolgimento di diverse istituzioni ed entità economiche estere. Pertanto, attraverso una così ricca serie di fonti primarie contenenti dati, valutazioni e proposte, è ora possibile ricostruire un profilo complessivo di un periodo cruciale, quello che va dalla fine della ricostruzione postbellica ai momenti chiave del “miracolo economico” italiano. Inoltre, attraverso lo studio dei documenti della BIRS, si sostanzia un approccio metodologico che supera l’idea che la Questione Meridionale riguardasse solo il rapporto tra Nord e Sud. L’analisi suggerisce invece lo sviluppo di una prospettiva molto più ampia, all’interno della quale inquadrare e spiegare l’arretratezza del Mezzogiorno, compresa la sua evoluzione e le opportunità di trovare una soluzione in ambito internazionale. In questo modo, dopo un oblio durato più di due decenni, si dà un contributo significativo a una nuova prospettiva meridionalista, che non si limiti a ripercorrere le interpretazioni del passato, ma individui nello scenario dell’integrazione internazionale nuovi strumenti per interpretare l’arretratezza del Mezzogiorno e proporre possibili risposte alla necessità di una ripresa economica e di un’accelerazione produttiva sia per il Mezzogiorno che per l’intero Paese. D’altra parte, nel valutare l’esperienza della Cassa non si possono trascurare le valutazioni di una certa storiografia che condivide con il senso comune e il sentimento politico prevalente una visione negativa dell’intervento straordinario. Tali opinioni hanno teso a sottovalutare, criticare o screditare il tessuto generale dell’intervento straordinario nel suo complesso o in buona parte. Il giudizio complessivamente negativo su questa esperienza è dipeso da diverse ragioni, che vanno dalla scarsa considerazione dell’intervento straordinario come strategia generale, alla preferenza per la promozione di politiche di sviluppo locale. Tuttavia, la scelta di negare le strategie nazionali ha portato alla frammentazione dell’interesse nazionale, oltre che a uno spreco di risorse pubbliche da parte delle istituzioni locali, e alla rinuncia a una visione unitaria per le due macroaree italiane. Eppure, considerando anche i documenti e le informazioni rese disponibili dalla Banca Mondiale, è possibile smascherare il pregiudizio ideologico che caratterizza alcune delle interpretazioni più distruttive sul tema, e riconsiderare questo approccio prevalente ma errato. In effetti, se si guarda alla storia senza pregiudizi, si può osservare come la Cassa per il Mezzogiorno sia stata, fino ai primi anni Settanta, un’iniziativa di indubbio successo e di grande utilità per il progresso economico italiano. È solo con la fine dell'”età dell’oro” e l’avvio di politiche più invasive, soprattutto dopo l’istituzione delle Regioni italiane, che l’intervento straordinario perde definitivamente il suo carattere di strumento cruciale per la modernizzazione produttiva del Mezzogiorno, per trasformarsi invece sempre più in una pratica “di routine”, per lo più afflitta da forme eccessive di assistenza. Del resto, la polemica sulla cosiddetta scelta politica tra “macchine o maccheroni” – anch’essa emblematica della fase precedente l’istituzione della Cassa – si è ripetuta fino a tempi più recenti. Con l’espressione citata, il ministro Roberto Tremelloni definiva le due visioni alternative che hanno caratterizzato il dibattito sulla politica economica italiana dal secondo dopoguerra in poi. Nel 1950, in un articolo intitolato “Tempi Lunghi”, Luigi Einaudi sosteneva che favorire frettolosamente l’industrializzazione del Sud, anziché concentrare l’intervento sulla costruzione di infrastrutture fisiche e civili come priorità per rafforzarne il tessuto economico, sarebbe stato un grave errore. Su questa idea, Guido Carli ha giustamente osservato, con un’affermazione straordinaria, lungimirante, ma controversa, che: “Sviluppando le idee di Giustino Fortunato, Einaudi sosteneva che il processo di sviluppo non poteva essere promosso in assenza di un più alto livello di istruzione e di educazione civica, e quindi di una più diretta partecipazione alla gestione delle amministrazioni locali. Lo Stato italiano doveva costruire lo Stato dove era cronicamente assente” (G. Carli, Cinquant’anni di vita italiana, in collaborazione con P. Peluffo, Roma-Bari, Laterza, 1996, p. 126). Contro una posizione così rigida, il governo guidato dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi scelse di istituire la Cassa. Probabilmente, questa decisione fu suggerita anche dai pareri favorevoli dei partner internazionali, che propendevano per politiche economiche espansive nel Mezzogiorno. Tuttavia, il confronto di idee più aspro avvenne tra chi, come Donato Menichella, avrebbe preferito utilizzare gli aiuti del Piano Marshall per rafforzare le riserve valutarie, coprendo il deficit della bilancia dei pagamenti attraverso la fornitura di derrate alimentari e beni di consumo, e chi, come Giovanni Malagodi, riteneva che gli investimenti in iniziative industriali, attraverso l’acquisto di beni strumentali, fossero il modo migliore per riavviare un processo di sviluppo virtuoso dell’economia italiana nel suo complesso. Come è stato sottolineato nell’illustrare una mozione parlamentare relativa all’utilizzo dei fondi dell’European Recovery Program: “Venne un momento in cui il Consiglio dei Ministri […] si trovò di fronte a un problema del genere: se la scelta fosse tra importare macchinari o maccheroni. Cioè, scegliere se importare le materie prime, che avrebbero consentito immediatamente la creazione di un fondo dedicato in lire, e quindi i mezzi per investire nel Mezzogiorno, o se, invece, scegliere di importare i macchinari. E l’On. Tremelloni scelse la seconda, proprio in quel momento. Ma perché scelse il programma di importazione di macchinari? Perché non eravamo più in grado di importare beni e materie prime. E perché? Perché avevamo accumulato il famoso fondo di dollari che il ministro Lombardo si sforza di spendere oggi, e di farlo rapidamente. La questione aveva queste precise caratteristiche ed era un problema complessivo, che toccava profondamente la struttura e il nucleo dell’economia italiana” (Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Discussioni, Assemblea pomeridiana del 17 maggio 1950, Intervento di M. Zagari, p. 18310). Un’analoga valenza generale caratterizzò la decisione di intervenire a favore dell’area più arretrata d’Italia, non solo attraverso fondi interni e con la realizzazione di passi graduali all’interno del disegno dell’intervento straordinario, ma anche attraverso il ricorso a “prestiti d’impatto”, cioè a forme particolari di prestiti erogati dalla Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, che avrebbero inciso sull’economia nel suo complesso e non su progetti specifici. Tuttavia, la radicale contrapposizione di approcci su quale strategia economica dovesse essere attuata – culminata nella già citata diatriba tra “macchine o maccheroni” – perse un po’ di vigore e alla fine scomparve. Si trovò infine una soluzione originale che, come si vedrà in questo volume, poggiava sull’amalgama pragmatica degli obiettivi che si concretizzò nell’esperienza della Cassa per il Mezzogiorno, e si fondava sulla complementarità tra i due indirizzi strategici e le dotazioni di risorse finanziarie per il Sud, che facevano riferimento rispettivamente allo Stato italiano e alla Banca Mondiale. Come è stato notato: “La controversia su “macchine o maccheroni” si risolse alla fine in un modo peculiare, che caratterizzò l’uscita dell’Italia dalla crisi politica ed economica della ricostruzione postbellica. Il ruolo della Banca Mondiale fu cruciale in questa contesa, in quanto presentò un compromesso accettabile (considerando non solo il programma, ma anche le istituzioni) sia per i “keynesiani” d’oltreoceano sia per i “conservatori” italiani in patria” (L. Paganetto, P.L. Scandizzo, La Banca mondiale e l’Italia: dalla ricostruzione allo sviluppo, Bologna, il Mulino, 2000, p. 95). Inoltre, l’impegno a lungo termine per lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno ha creato la necessità di un modello articolato e innovativo. Il risultato è nato dalle opportunità offerte dal sostegno alla crescita in un contesto in rapida evoluzione, piuttosto che dalle teorie e dalle culture che si sono confrontate nell’epoca della ricostruzione postbellica. La loro cooperazione si basava su tre tipi di opportunità: l’opportunità di agire nell’interesse del Mezzogiorno e di affrontare il divario territoriale; l’opportunità di sostenere la modernizzazione produttiva e la competitività dell’Italia nel suo complesso; l’opportunità di attenersi al ruolo di guida degli alleati d’oltremare e al vantaggio che la loro economia avrebbe acquisito da uno sviluppo economico diffuso in Europa. Il rapporto tra intervento pubblico e iniziativa di mercato in Italia non seguì quindi le consuete regole del passato, ma percorse invece una strada inedita. In un contributo ancora molto importante per comprendere i tratti essenziali della questione meridionale, Adriano Giannola e Alfredo Del Monte, richiamando le posizioni del “nuovo meridionalismo” di Pasquale Saraceno e Rodolfo Morandi, hanno osservato che “il ruolo dello Stato non deve sostituirsi all’iniziativa privata nel Mezzogiorno, ma piuttosto aiutarla e sostenerla, per superare alcuni svantaggi iniziali”, e che “lo Stato italiano doveva creare e attivare quei “fattori di agglomerazione” utili a innescare un flusso spontaneo di risparmio privato da investire in attività produttive”; comunque: “L’intervento diretto dello Stato nell’industrializzazione del Mezzogiorno era escluso” (A. Del Monte, A. Giannola, Il Mezzogiorno nell’economia italiana, Bologna, il Mulino, 1978, p. 121). Il volume può aiutare a comprendere quanto del nucleo originario del pensiero meridionalista sia stato concretizzato e quali altri tipi di condizioni e scelte vi abbiano contribuito, a partire dall’attuazione degli accordi stipulati con la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo nell’attuazione di un modello di sviluppo economico dell’Italia. I principali temi legati all’evoluzione della “Questione meridionale” – ovvero il divario tra Nord e Sud dalla sua nascita ai giorni nostri, l’andamento delle spese per l’intervento straordinario e delle politiche di sviluppo, nonché la valutazione dell’azione della Cassa e il ruolo strategico di questo ente a favore dell’economia italiana – sono già stati descritti in dettaglio in precedenti lavori. Si è prestata molta attenzione a una rappresentazione unitaria di questa esperienza storica, affinché non si perdesse nella pletora di singoli episodi l’intero disegno di una politica unitaria nella storia del Mezzogiorno. Questi lavori hanno dimostrato la validità di un modello così originale, che ha favorito lo sviluppo economico del Mezzogiorno per venticinque anni, contribuendo in modo sostanziale a colmare il divario con il resto del Paese. L’obiettivo principale di questo nuovo lavoro sulla Cassa per il Mezzogiorno e la Banca Mondiale è quello di far luce su uno scenario significativamente più ampio e sulle connessioni strategiche tra una delle organizzazioni internazionali istituite dagli accordi di Bretton Woods e le vicende del dualismo economico italiano. Pertanto, per la ricchezza di informazioni in essi contenute, i documenti della BIRS sono stati considerati nella loro progressione cronologica e senza collegamenti sistematici con altre fonti analoghe, nazionali o estere. La valutazione critica delle fonti ha permesso di esaminare e interpretare materiali unici, che saranno sicuramente di interesse per tutti gli studiosi che hanno analizzato – come alcuni hanno fatto in direzioni analoghe o comparabili – il rapporto tra la Cassa e le organizzazioni internazionali, nonché tra l’Italia e i suoi partner esteri, durante una nuova era di sviluppo economico e sociale, iniziata proprio nel territorio italiano più arretrato, cioè il Mezzogiorno. I quattro capitoli del volume seguono un percorso che va dall’esame del ruolo della Banca Mondiale nella prima fase dell’intervento straordinario, all’analisi dell’evoluzione dei finanziamenti che la Banca Mondiale ha messo a disposizione per lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno, fino alla valutazione del periodo di maggiore fioritura dell’iniziativa della BIRS, corrispondente a un più significativo dinamismo dell’economia del Mezzogiorno, e infine all’osservazione dell’ultima fase di finanziamento effettuata dalla Banca Mondiale e degli esiti di tale intervento “di sistema” nel Mezzogiorno. Inoltre, un’ampia appendice al volume, con le fonti primarie e i documenti utilizzati per la ricerca, è stata resa disponibile sui siti della SVIMEZ e dell’Archivio storico dello Stato italiano. Al raggiungimento di un così impegnativo livello di ricerca hanno contribuito, oltre ad alcuni esperti, diverse persone sia della SVIMEZ che della Storia economica, alle quali l’Autore desidera rivolgere la sua più profonda e sentita gratitudine. Va da sé che gli errori e i limiti che possono essere contenuti in questo libro sono dovuti all’Autore, in quanto unico responsabile delle idee, delle elaborazioni e degli altri contenuti di questo volume. L’Autore desidera ringraziare Adriano Giannola, Presidente della SVIMEZ, economista e studioso di fama, che ha offerto i suoi preziosi consigli per la ricerca. Il compianto Nino Novacco, già presidente emerito della SVIMEZ, ha generosamente stimolato e aiutato tali sforzi dell’Autore, discutendone a fondo e offrendo costanti indicazioni e saggi suggerimenti, fino alla fine dei suoi giorni. Riccardo Padovani è stato generoso sia durante le nostre interazioni, soprattutto sui temi di politica industriale, sia con il suo supporto organizzativo. Luca Bianchi ha fornito spunti di riflessione e di riflessione molto interessanti. La struttura di ricerca e operativa della SVIMEZ, alla quale l’Autore desidera esprimere la propria gratitudine, gli è stata molto vicina nelle persone di: Susanna Greco, che ha fornito preziosi materiali e riferimenti bibliografici; Agnese Claroni, che ha accompagnato la verifica di alcune parti di questo lavoro con la sua consueta gentilezza; Sandro Gattei che, insieme ad Alessandra Stanca, ha contribuito alla prima fase di impostazione editoriale di questo volume; Fabrizio Greggi per la predisposizione dell’appendice in formato elettronico, comprensiva dei documenti utilizzati per la ricerca; Delio Miotti, Grazia Servidio, Stefano Prezioso, Franca Moro, Giuseppe Goffredo e il compianto Gianni Comodi, che hanno dato, in misura diversa, ma tutti con la stessa disponibilità, un importante contributo e preziosi elementi di discussione, a partire dalle elaborazioni statistiche sul divario Nord-Sud Italia, pubblicate in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. L’autore desidera inoltre esprimere la sua sincera amicizia a tutti i membri del Consiglio di Amministrazione della SVIMEZ, per tutti i riscontri e i dialoghi sui temi meridionalisti e le iniziative di approfondimento promosse in questi anni. Un pensiero particolarmente grato va al compianto Antonio Di Vittorio, mio mentore e già Presidente, poi Presidente Emerito, della Società Italiana degli Storici Economici (SISE), l’associazione scientifica italiana degli storici economici, per la sua paziente e lungimirante guida nei complessi percorsi della Storia Economica, nonché per i preziosi sproni e consigli nel portare a termine questo lavoro, attraverso la sua consueta vicinanza e gli impagabili insegnamenti. Claudio De Vincenti ha condiviso con l’autore le passioni e i temi della storia del Sud da valente economista qual è; Leandra D’Antone ha permesso di chiarire alcuni punti chiave attraverso i suoi lavori sugli “interessi straordinari” per il Mezzogiorno. Andrea Pomella, Valentina Sgro e Keti Lelo hanno collaborato efficacemente e gentilmente alla revisione di questo testo. Andrea Ramazzotti ha dato un contributo generoso e intenso rileggendo e controllando l’intero testo. Erika Basile ha accompagnato e aiutato questo libro fin dall’inizio, con competenza e affetto. Inoltre, l’Autore desidera rivolgere un ringraziamento particolare a Elisa Liberatori Prati, Archivista Capo del Gruppo Banca Mondiale durante la stesura di questo libro, per la sua cortese disponibilità, e a Sherrine M. Thompson, archivista della Banca Mondiale, per le sue indicazioni sui documenti disponibili. Infine, Antonio Enrico Buonocore ha tradotto, con particolare gusto narrativo, e corretto il testo finale in inglese. A tutti coloro che sono stati citati, così come a quelli che potrebbero essere stati dimenticati, l’Autore desidera esprimere la sua più profonda gratitudine.
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