Un anno dopo le ultime elezioni politiche e il conseguente spostamento degli equilibri politici del Paese, e ad un anno dalle elezioni regionali in Toscana, i servizi pubblici locali restano un argomento centrale, fatto di tanti nodi da sciogliere perché possano confermarsi quale asse portante dell’economia italiana. Un vero e proprio motore per lo sviluppo che ha però ancora bisogno di rodaggio per funzionare a pieni giri. Vediamo come, partendo proprio da uno degli argomenti principali per una regione quale la nostra, considerata una vera e propria terra dei servizi: il futuro delle multiutility.
Partiamo con il dire che la Toscana non è terra di multiutility e tanto meno di multiutility quotate come nel caso di A2A, Hera, Iren e Acea. Da noi è prevalso il modello di società monoservizio a capitale misto o pubblico, ma di area vasta (ambito territoriale ottimale). Una scelta che ha avuto vantaggi e svantaggi. I vantaggi sono stati la specializzazione settoriale, la mancanza di sussidi fra le attività e la trasparenza. Gli svantaggi sono stati invece la mancanza di sinergie e di condivisione di costi comuni (sviluppo, innovazione, ricerca), una certa fragilità finanziaria e la difficoltà a sviluppare investimenti in altri settori e diversificazione. Siamo adesso ad una svolta. L’azienda di gestione del ciclo integrato dei rifiuti dell’area Firenze-Prato-Pistoia Alia dopo aver vinto la gara per la concessione della gestione dei rifiuti nell’Ato Centro, ha emesso obbligazioni sul mercato regolato. Estra, azienda leader nel settore dell’energia e del gas, ha avviato la procedura per la quotazione sul mercato ristretto. Entrambe queste società hanno annunciato una strategia di diversificazione in altre aree territoriali e nel settore impiantistico (Alia) ed in settori limitrofi (Estra). Un’ipotesi che potrebbe far crescere uno o più nuclei di multiutility in Toscana, con effetti benefici sulle imprese e sull’economia toscana.
Un altro settore centrale per lo sviluppo dei servizi è quello dell’innovazione e del digital divide, un modello già visto con risultati proficui a Firenze e che adesso è in via di sviluppo in fase laboratoriale a Prato. In generale, le imprese di gestione di servizi pubblici locali hanno colto la sfida di Industria 4.0 e della rivoluzione digitale. Una sfida che non riguarda solo la manifattura, ma anche le società a contatto con cittadini ed imprese nell’erogare servizi primari. L’obiettivo è quello di rendere più semplici e veloci i contatti con gli utenti e di perseguire efficienza nella gestione utilizzando le nuove tecnologie. Una sfida legata ai progetti di smart city, avviati con successo nella città di Firenze e di Prato, dove Comuni e imprese del territorio stanno condividendo la progettazione della città del futuro, puntando a servizi smart: control room della mobilità, contact center integrati, videosorveglianza, smart parking, competenze digitali. A seguito delle attività a Firenze e Prato, è stato sottoscritto un accordo con la Regione Toscana per diffondere queste buone pratiche alle altre città toscane e ai territori non urbani. Un protocollo che ha già prodotto gli incontri di Toscana Digitale in tutti i capoluoghi di provincia negli scorsi mesi. Grazie al progetto “Firenze digitale”, il capoluogo toscano è passato dal terzo al secondo posto nella classifica delle smart city di Forum PA.
Relativamente allo sviluppo delle infrastrutture e alle relative ricadute economiche sul territorio, i servizi pubblici locali da sempre sostengono una grande mole di investimenti in Toscana, circa 400 milioni l’anno. Un valore enorme che si è mantenuto stabile anche negli anni della crisi economica. Ma quel che è più importante è che le aziende dei diversi settori potrebbero investire una cifra doppia, fino a quasi 1 miliardo l’anno, per garantire l’adeguamento infrastrutturale necessario e urgente: reti idriche, impianti di depurazione, impianti di gestione rifiuti e riciclaggio, reti energetiche, edilizia residenziale pubblica, autobus tramvie e treni, parcheggi, smart city. Una politica di rilancio degli investimenti pubblici, a livello regionale e nazionale, è quello che serve all’economia per uscire da una fase di recessione strisciante.
Riguardo invece alla tematica ambientale in Toscana, deve essere anch’essa al centro delle politiche nazionali e locali. La Toscana è uno dei principali distretti del riciclaggio d’Europa con le sue cartiere, vetrerie, acciaierie, industrie della plastica e del tessile. Puntare sull’economia circolare è una sfida centrale per la nostra regione, che è sempre stata leader in questo settore. La nuova direttiva europea sull’economia circolare indica la strada per i prossimi anni, fino al 2035: riciclaggio al 65% dei rifiuti urbani (siamo al 45%) discarica al massimo al 10% (siamo al 35%), incenerimento e recupero energetico al 25% (siamo al 15%). Anche per i rifiuti speciali, che sono tre volte quelli urbani, la strada dell’economia circolare è obbligatoria, ma qui partiamo da una realtà già più avanzata, con due terzi dei rifiuti già oggi avviati a recupero. I gestori toscani lanceranno nei prossimi mesi il loro piano industriale chiedendo a tutti gli attori della filiera di fare la loro parte e assumendosi le proprie responsabilità. Serve un forte investimento in comunicazione ma soprattutto servono impianti (digestori anaerobici, termovalorizzatori, volumi di discarica), semplificazione per chi vuole investire, incentivi al riciclo e sostegno a ricerca e innovazione. Una buona parte dei prodotti in commercio sono difficilmente riciclabili e occorre una forte spinta alla innovazione di prodotto.
Un flash infine sul social housing, alla luce degli ultimi dati del rapporto di Nomisma, recentemente presentato a Firenze, facendo luce sull’emergenza abitativa nella nostra regione. In Toscana il 66% dei nuclei familiari – 143 mila circa – in affitto al di fuori del sistema ERP, ha difficoltà più o meno acute nel pagare regolarmente il proprio canone mensile. La povertà in continua crescita, secondo i dati Istat, non aiuta, e in questo quadro la domanda di Edilizia Residenziale Pubblica aumenta e cambia al tempo stesso aspetto. Non più un intervento pubblico destinato a rispondere a fasce di marginalità o casi straordinari, ma un intervento strutturale di offerta di alloggi a basso prezzo ad una fetta di popolazione in crescita, composita e non sempre duratura. Il comparto “industriale” dell’ERP toscano appare in buona salute. Uno dei modelli più avanzati in Italia (società di capitali che gestiscono, patrimonio di proprietà dei Comuni, scala provinciale di gestione ottimale). Un settore che ha margini di miglioramento e di efficientamento ma che soprattutto deve avere una missione nuova, più chiara e coerente: fare una buona manutenzione degli alloggi esistenti (molti dei quali molto vecchi), realizzare nuovi alloggi, diversificare l’offerta, gestire non solo l’ERP ma tutti gli immobili pubblici destinati a politiche sociali, gestire il complesso di misure di contrasto al disagio abitativo. Insomma un attore a 360 gradi delle politiche per la casa. Per fare questo occorrono risorse da investire (a scala regionale e nazionale), un quadro normativo più ampio nel definire i compiti delle aziende ERP, una riorganizzazione gestionale finalizzata alla nuova strategia.
Alfredo De Girolamo (@degirolamoa) – Presidente Confservizi Cispel Toscana
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