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La disputa sindacale sul ritorno al lavoro da remoto per i dipendenti pubblici dovrebbe essere risolta sulla base della misurazione rigorosa degli effetti, finora quasi del tutto mancata

Il braccio di ferro sullo smart working

La disputa sindacale sul ritorno al lavoro da remoto per i dipendenti pubblici dovrebbe essere risolta sulla base della misurazione rigorosa degli effetti, finora quasi del tutto mancata

10 Gennaio 2022 da Pietro Ichino Lascia un commento

 È in atto un braccio di ferro fra i sindacati del settore pubblico, che chiedono un ritorno allo smart working su larga scala, e il ministro Brunetta, che cerca di arginare la pressione per il ritorno al regime “tutti a casa”. Al ministro, di cui va apprezzato l’impegno, mi permetto di rivolgere un suggerimento: prenda spunto dal recente rapporto dell’Istat sul lavoro nelle amministrazioni pubbliche per imporre una rilevazione capillare degli effetti del lavoro agile. L’Istat ci informa che “solo una amministrazione su tre [fra quelle in cui è stato praticato] ha analizzato l’impatto dello smart working sui livelli di produttività dell’ente”; e solo nel 27,6% dei casi sono state effettuate rigorose rilevazioni quantitative: complessivamente, dunque, meno di un caso su dieci. Quel che è peggio è che in meno della metà di questi casi effettivamente misurati è stato rilevato un impatto soddisfacente sulla produttività effettiva. Su quello che è accaduto nella parte restante delle amministrazioni, quelle che non hanno effettuato alcuna rilevazione, la percezione esterna è quella di una grave paralisi. Così stando le cose, è giustissimo lasciare alle amministrazioni la massima flessibilità per un ritorno “responsabile e intelligente” allo smart working, come prevede la circolare interministeriale 7 gennaio 2022, purché però si pongano alcuni requisiti indispensabili: 1. che il lavoro da remoto sia materialmente possibile (in particolare, che sussista l’accessibilità da remoto al sistema informatico dell’amministrazione); 2. che l’amministrazione sia in grado di stabilire la quantità del lavoro destinato a essere svolto da remoto e di misurarne il risultato; 3. che entrambi gli aspetti siano oggetto di un monitoraggio costante e di relazione analitica. Solo così si eviterà che il nuovo periodo di lavoro agile emergenziale nelle amministrazioni possa tornare a essere – come troppo diffusamente è stato nel biennio passato – un periodo di non lavoro.

(Questo articolo, con il consenso dell’autore, è ripreso dal sito www.pietroichino.it)

 

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