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Solo Riformisti

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Idee per una vera ripresa

Intervista al Presidente di ANCE Toscana, Frangerini. Cosa chiedono i costruttori al prossimo presidente della Regione per fare ripartire l'economia. Una serie di proposte concrete che giriamo a tutti candidati.  Priorità assoluta: semplificare le procedure. L’opzione “consumo suolo zero”.

18 Luglio 2020 da Luciano Pallini Lascia un commento

Le previsioni delle maggiori agenzie economiche preannunciano tempi durissimi per l’economia italiana: -11% il PIL nel 20220, ancora peggio, anche fino a -15% per la Toscana. Sarà un autunno drammatico per il lavoro, per le famiglie per il lavoro, per la ripresa delle scuole e delle università con i timori di una ripresa della pandemia.

Abbiamo rivolto alcune domande a Stefano Frangerini, presidente di ANCE Toscana, l’associazione dei costruttori aderenti a Confindustria, su indirizzi proposte e progetti che l’Associazione intende sottoporre ai   candidati al governo della Toscana.

Servono e serviranno misure rapide ed efficaci, eppure la politica procede con il suo passo lento fatto di mediazioni, di riti stanchi, di scarsa consapevolezza dell’urgenza. Quali misure chiedete per il rilancio, partendo da quelle che non costano, che consentono di lavorare meglio ed accrescere la produttività e la competitività del sistema economico?

 Serve una Toscana con procedure amministrative semplici, chiare e certe, attenta ai temi della legalità. Nella crisi attuale appare più che mai necessario un grande progetto di semplificazione normativa e amministrativa, che a livello nazionale e locale, liberi cittadini ed imprese da procedure autorizzative ripetitive e complesse, razionalizzi i procedimenti riducendo la lunghezza dei tempi di rilascio delle autorizzazioni amministrative in generale con particolare attenzione a quelle collegate all’avvio dell’attività di impresa e per realizzazione degli investimenti.

La prossima legislatura regionale dovrebbe essere occasione per un ripensamento ed una riscrittura di tutta la legislazione di carattere tecnico amministrativo che parta dalla consapevolezza che maggiori adempimenti amministrativi non comportano necessariamente maggiore efficacia dell’azione amministrativa e di controllo, o maggiore qualità dell’investimento.

Un minor carico burocratico non vuol dire, in un’ottica di sviluppo imprenditoriale e di competitività di un territorio, abbassare l’attenzione sul tema della trasparenza e della legalità sia nei grandi investimenti pubblici ma anche nella concorrenza tra privati.

In particolare, cosa servirebbe al settore delle costruzioni?

Serve un mercato dei lavori pubblici efficace ed efficiente che tuteli amministrazioni ed imprese legate al territorio.

La lunghezza dei tempi di realizzazione delle opere pubbliche è causata non dalla carenza di risorse finanziarie quanto dalla complessità procedurale sia in fase di autorizzazione dell’opera che, successivamente, di procedura di appalto vero e proprio mentre il tempo fisico di realizzazione dell’opera è spesso inferiore al tempo amministrativo che la precede. La Regione può comunque svolgere un ruolo fondamentale sul versante delle risorse finanziarie e del monitoraggio degli investimenti attraverso l’Osservatorio Regionale sui Contratti Pubblici. Rimane aperto rispetto alla legislazione sui lavori pubblici, il tema della possibilità per le Regioni di intervenire su alcuni aspetti del Codice dei Contratti quale la procedura di scelta del contraente.

Al momento aspettiamo comunque i dettagli del  c.d decreto semplificazione approvato pochi giorni fa, secondo una pessima abitudine italiana, con la clausola “salvo intese”.

  Il settore è spesso accusato di indifferenza alla questione ambientale, di contribuire allo sperpero delle risorse ambientali. Una accusa pesante: cosa rispondete?

 Noi chiediamo con forza un piano di governo del territorio e dell’ambiente che metta al centro le esigenze dei cittadini e delle imprese e contrasti invece  lo sperpero delle risorse ambientali: siamo a favore della opzione strategica “consumo di suolo zero” che nelle intenzioni vuole salvaguardare   una risorsa scarsa ed irriproducibile mettendo al centro   la scelta del recupero del patrimonio edilizio esistente e della riqualificazione e rigenerazione del tessuto urbano già costruito.

Al solito, un obiettivo condivisibile e condiviso si è tuttavia tradotto  a livello regionale  in legislazione e pratiche esasperatamente vincolistiche che hanno di fatto bloccato o quanto meno rallentato l’attività edilizia e reso complicato soddisfare le legittime aspettative ed esigenze di cittadini e imprese, ignorando i mutamenti negli stili di vita e dei modelli abitativi ma anche delle trasformazioni della domanda di spazi collettivi, anche indotti dalla recente esperienza di lockdown per la pandemia.

Ma in sostanza quale è la vostra idea di  recupero dell’esistente?

 Le città storiche come le conosciamo sono il risultato di una somma di addizioni, redistribuzioni e di modifiche di ogni tipo che le hanno adattate alle esigenze dei residenti: fotografare la situazione ad oggi ed impedire ogni cambiamento vuol dire condannarle all’abbandono ed al degrado.

Lo stesso vale per i grandi contenitori pubblici e privati che un tempo ospitavano importanti funzioni collettive (ospedali, caserme, scuole,) o produttive; questi sono giunti fino a noi solo in virtù della loro resilienza passando attraverso successivi riadattamenti che li hanno consegnati al nostro tempo perché se ne faccia un nuovo uso senza cristallizzarli nell’ultima configurazione assunta, come la cenere di Pompei che lascia una realtà immota ed immutabile.

Se Regione, comuni e sovrintendenze non pongono al centro delle politiche per il recupero le esigenze dei cittadini e della collettività, il recupero e la riqualificazione urbana resterà una mera enunciazione che non inciderà nella realtà anche perché gli investitori privati rivolgeranno la loro attenzione ad altri contesti, come testimoniato da tante esperienze vissute anche in Toscana.

Ed in termini di strumenti cosa servirebbe?

 Servirebbero strumenti urbanistici attuativi che consentano un processo di semplificazione nella progettazione e nel procedimento amministrativo affinché i progetti possano concretizzarsi in tempi compatibili e con percorsi preferenziali non limitati al periodo emergenziale post Covid e comunque per almeno 4 anni.

Servono strumenti idonei a  consentire un rapido cambio di destinazione d’uso urbanistico e un abbattimento di almeno il 50% degli oneri di urbanizzazione, la possibilità di effettuare la demolizione e ricostruzione con un incremento del 20% delle superfici, la dimostrazione dell’efficientamento energetico, con modelli di simulazione energetica dinamica, l’adeguamento sismico. Le costruzioni dovranno contenere i concetti LCA, Life Cycle Assessment, ovvero l’analisi del ciclo di vita, per quantificare i potenziali impatti sull’ambiente e sulla salute umana,  attraverso un quadro di strumenti che consentono di superare  la valutazione di impatto ambientale del singolo intervento a fronte della certa e coerente progettazione conforme ai parametri sopraindicati.

Un disegno complesso, assai impegnativo cui c’è altro da aggiungere?

 Ulteriore strumento che potrebbe incentivare la riqualificazione-rigenerazione è Il trasferimento di indice anche in una visione intercomunale che potrebbe  consentire all’amministrazione di beneficiare del recupero delle aree urbane compromesse a fronte di nuove strutture riqualificate con operazioni immediatamente cantierabili, che superano o comunque attenuano interessi potenzialmente conflittuali: bisogna per questo superare la difficoltà di individuazione delle c.d “aree di atterraggio”

Un generalizzato utilizzo di strumenti quali il trasferimento di indici, la demolizione/ricostruzione la diminuzione del carico finanziario degli oneri garantirebbero il perseguimento di un interesse pubblico insito nella nuova qualità di progettazione, nella sicurezza sismica e nella riduzione dei consumi, il tutto per rendere fruibile urbanisticamente la città, perseguendo un interesse pubblico in una ottica, de facto, perequativa.

Sempre in questo quadro di attenzione estrema alla riqualificazione urbana occorre valutare, pur nei limiti della legislazione nazionale, le possibilità di incentivare la demolizione con ricostruzione dell’esistente e il trasferimento di potenzialità edificatoria tra comuni in una visione di pianificazione intercomunale.

E per il piano paesaggistico, vanto della Regione cosa chiedete, ovviamente nella condivisione della volontà di preservare una straordinaria ricchezza della Toscana?

 Per ridurre i tempi della pianificazione urbanistica bisogna intervenire – ma questa è competenza nazionale –   nell’intreccio con il piano paesaggistico attraverso una radicale revisione delle procedure   di verifica della conformazione degli strumenti comunali di pianificazione, al fine di abbatterne drasticamente le tempistiche. Per questo appare utile che il coinvolgimento del MiBACT nel procedimento di conformazione dei piani comunali (obbligatorio ai sensi del Codice) possa e debba essere integrato nell’iter ordinario di formazione e verifica istruttoria degli strumenti pianificazione, superando il pesante modello fondato Conferenze Paesaggistiche, riconoscendo un premio alle regioni “virtuose” che hanno approvato il Piano Paesaggistico Regionale, come la Toscana,  ed esonerando gli interventi minori  dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica, dando atto che nel PIT-PPR sono contenute “le specifiche prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione e la tutela del bene paesaggistico”.

Le periferie: un tema al centro delle ricerche di studiosi di diverse discipline, per tutte si ricorda l’arch. Renzo Piano. Ma anche la politica ha dichiarato la priorità del tema: il Governo Renzi lanciò alcuni anni fa il bando per la riqualificazione delle periferie per Città metropolitane e comuni capoluoghi. A che punto siamo?

 Procedono troppo lentamente: responsabilità dei comuni e dei vincoli sopra richiamati. Servono risorse ed investimenti per la riqualificazione delle periferie attraverso il rilancio dell’edilizia pubblica, la promozione del social housing, la dotazione di attrezzature, verde  e servizi e mobilità sostenibile  oltre che per la riqualificazione energetica degli edifici e per l’adeguamento antisismico.

L’esperienza dei PIUSS della Toscana  e dei piani delle periferie  deve diventare pratica corrente con il concorso decisivo degli operatori privati, profit e non profit attraverso una adeguata normativa urbanistica ed edilizia superando un’impostazione esasperatamente vincolistica che negli anni trascorsi ha agito solo come freno anche per gli investimenti pubblici.

 Ma la Toscana è fatta di colline interne, borghi e centri minori. Cosa serve per impedire che questo territorio

 Assieme alle periferie deve essere approntata una coerente ed integrata proposta per le aree interne della regione che devono rappresentare un’opportunità di crescita attraverso la loro valorizzazione a funzioni di residenza, per le attività agricole ed il turismo sostenibile, per attività economiche svincolate da funzioni di prossimità che utilizzino connessioni ad alta velocità ma anche per le funzioni di presidio del territorio e di prevenzione del dissesto idrogeologico.

Nel contesto socio economico e culturale della nostra regione assume un ruolo centrale il paesaggio agrario e, quindi, il regime urbanistico dell’azienda agricola che deve essere posta nelle condizioni di rispondere prontamente a nuove esigenze produttive.

Lo strumento centrale per le attività agricole è il Programma Aziendale di Miglioramento Agricolo Ambientale per il quale è urgente intervenire sulla  semplificazione di eventuali  varianti, sugli annessi agricoli, sulle superfici minime fondiarie, sui trasferimenti dei fondi agricoli.

Tutti i salmi, come si dice, finiscono in gloria: poi alla fine ci sono gli oneri di urbanizzazione da pagare e son dolori, spesso

 Quello degli oneri è un tema che da meramente tecnico diviene strumento di politica urbanistica, ovverosia gli oneri di urbanizzazione,  nati e pensati per una politica urbanistica di espansione della “città esistente”,  si calano  ora in un processo di riqualificazione e riuso dell’esistente finendo  con il diventare un elemento di appesantimento e freno; ferme restando le esigenze finanziarie delle amministrazioni locali suggeriamo la costituzione di un fondo regionale che consenta alle amministrazioni di abbattere in maniera significativa l’ammontare degli oneri di urbanizzazione in presenza di interventi di riqualificazione estesi a significativi comparti urbani e di elevato standard ambientale .

Sempre in questo quadro di attenzione estrema alla riqualificazione urbana occorre valutare, pur nei limiti della legislazione nazionale, le possibilità di incentivare la demolizione con ricostruzione dell’esistente e il trasferimento di potenzialità edificatoria tra comuni in una visione di pianificazione intercomunale.

Cambiamo argomento: cosa serve per superare il ritardo infrastrutturale della Toscana, segnalato da tutte le ricerche sulla competitività della regione?

 E’ una lista di richieste che da troppo tempo aspettano di essere risolte, vuoi per vincoli finanziari ma più spesso per opposizione ideologica, secondo la logica NIMBY.

La Toscana manca intanto di  adeguati collegamenti interni  che consentano di sviluppare le potenzialità dei diversi territori rispetto alla  progressiva polarizzazione dello sviluppo regionale sull’area fiorentina e lungo la valle dell’Arno: per questo vanno rafforzati i collegamenti interni sia stradali sulla viabilità regionale, che ferroviari accelerando gli interventi programmati sulla tratta Pistoia-Lucca-Viareggio ed Empoli Siena, proprio nell’ottica di costruire una rete tra la dorsale centrale della regione attraversata dall’ AV e le aree a questa contermini.

Sulle grandi infrastrutture di collegamento le priorità sono il potenziamento del sistema aeroportuale toscano con gli investimenti su Pisa e la nuova pista di Peretola, la realizzazione del sotto-attraversamento dell’AV a Firenze con la nuova stazione, il rafforzamento della piattaforma logistica costiera con la Darsena Europa, l’incremento dei collegamenti ferroviari veloci sia sulla costa che tra la costa e l’alta velocità a Firenze.

È importante individuare una soluzione effettiva e velocemente attuabile per il completamento del corridoio tirrenico da Rosignano a Capalbio, per la realizzazione della terza corsia sulla A1 e sulla A11, per il potenziamento della FI-PI-LI, del raccordo autostradale per Siena e per l‘ultimazione della superstrada Arezzo Siena Grosseto, quest’ultima esempio paradigmatico della complessità delle procedure autorizzative.

Per I nodi logistici che  insieme alle reti  rappresentano le strutture portanti del sistema infrastrutturale regionale per la mobilità delle merci  è importante il potenziamento del sistema degli interporti,  da quello di Guasticce con la realizzazione dello scavalco ferroviario, a quello della Toscana Centrale per il quale è opportuno incrementare gli spazi per gli operatori logistici unitamente ad un potenziamento del servizio ferroviario   ed ai collegamenti con gli altri interporti o porti nazionali; a questo proposito è da valutare con interesse l’investimento già programmato sull’adeguamento delle gallerie della linea Prato-Bologna.

Nel decreto semplificazioni risulterebbero commissariate l’ Autostrada Tirrenica, il tratto toscana della Grosseto Fano, da Grosseto ad Arezzo, la Darsena Europa, il ponte ANAS sul Magra ad Albiano, tutte opere tranne evidentemente l’ultima, quasi “leggendarie” e per le quali i prossimi mesi saranno fondamentali; l’alternativa è tra la effettiva cantierizzazione o, temo, la definitiva scomparsa.

Ma non è che siete indifferenti alle grandi tematiche della salvaguardia dell’ambiente e del contrasto agli effetti del cambiamento climatico?

 L’adattamento al cambiamento climatico e la mitigazione del suo impatto non si contrastano fermando il mondo ma richiedono  rilevanti investimenti prima di tutto per la difesa del suolo, dal contrasto all’erosione delle coste alla prevenzione ed alla riparazione dei danni del dissesto idrogeologico, dalla messa in sicurezza del bacino dell’Arno e degli altri corsi d’acqua alla sistemazione idraulico forestale delle aree collinari e montane interne

Piani e progetti non mancano e neppure le risorse, ancorché insufficienti: quello che preoccupa è la capacità di spendere queste risorse, di realizzare questi progetti ed è su questa criticità che deve impegnarsi la Regione nella prossima legislatura.

Per le città sono urgenti  politiche ed interventi per l’adattamento ai cambiamenti climatici che si manifestano in concentrazioni di precipitazioni (bombe d’acqua) con in ondate di calore mettendo a rischio il funzionamento di infrastrutture, la sicurezza ed il benessere dei cittadini.

Così come devono essere confermati gli impegni e le attenzioni alla risoluzione dei problemi relativi ai SIN/SIR di Piombino, Livorno e Massa Carrara affinché si possa giungere alla restituzione agli usi produttivi dei terreni.

Ma  per il riciclo di materiali,  i consumi energetici, i rifiuti  cosa proponete ?

 L’affermazione nel concreto dell’economia circolare  richiede che siano rimossi quegli ostacoli normativi ed amministrativi che al di là delle affermazioni di principio, rendono difficile il riuso di materiali che la capacità delle imprese mostrano essere tecnicamente possibile, come è avvenuto ad esempio con l’industria cartaria e con quella tessile e che è altrettanto possibile, utile ed opportuno per i materiali del settore edile derivanti da demolizioni o scavi.

Il settore delle costruzioni si presenta come quello che più di ogni altro potrebbe contribuire ad un precesso di economia circolare; in proposito ricordiamo come la Regione Toscana si sia posta in passato all’avanguardia approvando uno dei primi, se non il primo, capitolato speciale prestazionale sui materiali edili ottenuti da riciclo, a questa attenzione non è poi seguito un successivo impegno per l’incentivazione nell’uso di questi materiali .

La riduzione dei consumi energetici delle abitazioni e delle imprese richiede, unitamente alle politiche di incentivazione adottate a livello nazionale, l’adozione di procedure semplificate per l’autorizzazione degli interventi necessari sui fabbricati, anche per favorire l’utilizzo  del c.d. super bonus 110%

Insieme al tema della riqualificazione energetica del patrimonio abitativo, privato od ERP, troviamo quello del patrimonio pubblico non abitativo (scuole, ospedali, uffici) laddove un ruolo fondamentale potrebbe trovarsi in forme di collaborazione pubblico privato quali project financing.

In una logica di sostenibilità, si deve proseguire nel sostegno alla produzione ed al ricorso a fonti energetiche rinnovabili, a partire dalla geotermia che rappresenta per la Toscana una risorsa di fondamentale importanza: la geotermia, che ad oggi copra un terzo dei fabbisogni elettrici della nostra regione è un’occasione di crescita che va colta in tutti i suoi aspetti.

 E sulla ricorrente voglia di ripubblicizzare la gestione delle risorse idriche, cosa mi dice?

 Prima di tutto serve mettere un grande impegno  nella riduzione del consumo dell’acqua, sia per quanto riguarda i consumi civili che per quelli agricoli ed industriali, attraverso tecnologie di ricircolo.

Importante appare l’eliminazione delle perdite degli acquedotti attraverso consistenti programmi di rinnovo delle reti da parte delle aziende che gestiscono il servizio idrico: i ricorrenti annunci di “ripubblicizzazione” del servizio frenano gli investimenti mentre sarebbe più utile concentrarsi sulla programmazione di questi ultimi con definizione di obiettivi e procedure di affidamento a privati dotati di risorse e competenze, il tutto in un sistema dotato di adeguati meccanismi di controllo.

In termini generali la Toscana deve rafforzare il tessuto delle proprie aziende di servizi pubblici, società miste sotto il controllo degli enti locali, ma che beneficiano dell’apporto manageriale dei soci privati: si tratta di pronunciarsi chiaramente contro le spinte municipalistiche e anti-industriali che puntano a riportare il servizio alla gestione diretta pubblica, eliminando la concorrenza e sostituendo la regolazione indipendente.

Serve attrarre capitali per investimenti importanti e per questo serve chiarezza della volontà politica e certezza del quadro normativo.

 

 

 

 

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Info Luciano Pallini

Laureato in Economia e commercio all’università di Firenze con il massimo dei voti e la lode, Luciano Pallini è stato dal 1970 al 1975 responsabile dell’Ufficio studi del Comune di Pistoia. Qui, dal 1975 al 1988, ha ricoperto diverse cariche elettive. Già componente del consiglio di amministrazione dell’Irpet e della S.a.t. “Galileo Galilei” di Pisa, svolge da trent'anni attività di consulenza alle imprese e di ricerca economica. Attualmente svolge attività di coordinamento del Centro studi Ance Toscana e del Centro studi della Fondazione Filippo Turati. Presiede inoltre l’associazione E.s.t. (Economia società territorio) con la quale realizza progetti di sviluppo basati sulle risorse locali, in particolare i beni culturali.

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