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Solo Riformisti

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Grilli parlanti?

Tutti invocano Draghi ma in questo Parlamento chi lo voterebbe? La mentalità prevalente va in tutt’altra direzione. Eppure, per evitare il default servirebbero proprio le sue politiche. La speranza, o l’illusione?, è che la situazione possa cambiare con nuove elezioni.

27 Marzo 2020 da Giancarlo Magni Lascia un commento

Si legge e si sente da più parti, addirittura negli interventi in Parlamento di chi fino a ieri contestava l’ex Presidente della BCE, l’auspicio di avere Mario Draghi come Presidente del Consiglio. Certo, a leggere il suo articolo sul Financial Times vengono brividi di rabbia a constatare l’abisso che c’è tra le sue analisi, argomentazioni e ricette e tutto quello che quotidianamente siamo costretti a sorbirci da parte della quasi totalità degli esponenti politici di governo e di opposizione. In momenti come questi non è il caso di fare polemica. Dobbiamo fare quadrato e scollinare.  Possiamo però riflettere su come attrezzarci a combattere la seconda battaglia, quella della recessione economica che sarà molto forte anche perché dovrà essere portata avanti da un Paese, leggere a questo proposito l’articolo illuminante del Prof. Petretto, che dal punto di vista dei conti pubblici è estremamente debole. Cosa serve in questi frangenti? Certo, uomini giusti il cui valore e la cui preparazione sia unanimemente riconosciuta e politiche appropriate ma serve anche un clima culturale, nel Paese, che sia in sintonia con le scelte che devono essere fatte e con il leader che sarà individuato.

Nella situazione attuale Draghi e le sue politiche troverebbero il necessario consenso parlamentare? E nel Paese, oggi, c’è un clima culturale che vada nel senso indicato? Noi crediamo di no. Un esempio. Politici e giornali, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno riportato con enfasi l’articolo di Draghi mettendo l’accento sul fatto che bisogna aumentare il debito pubblico. Non hanno detto niente, o quasi, sulla frase che completa il discorso “la questione chiave non è se, ma come”. L’omissione non è casuale. È il sintomo appunto di un’ opinione comune.

Da sempre in Italia prevale una visione statalista che individua nello Stato il soggetto che “deve” risolvere i problemi di tutti. Corollario di questa concezione il fatto che si parla sempre di diritti e mai di doveri e la convinzione che le imprese siano soggetti economici votati al profitto del padrone e non, anche, al benessere e allo sviluppo generale. Da qui la necessità di lacci e lacciuoli che tengano a freno l’individualismo egoistico degli imprenditori, l’alto livello delle tasse e l’asfissiante controllo burocratico sulla vita di ognuno di noi. La responsabilità non è mai individuale ma sempre di “qualcuno”, i poteri forti o  l’Europa, che impediscono lo sviluppo e il progresso del Paese.

Gli ultimi due governi e l’ascesa dei 5Stelle, si pensi a Quota100 o al reddito di cittadinanza, hanno ancora aumentato questo comune sentire. È allora pensabile che questa impostazione culturale, che non è solo del governo ma anche dell’opposizione e di gran parte della stampa, possa sostenere la politica di Draghi?

Inutile nascondersi dietro un dito. In questa legislatura, con la maggioranza giallorossa o con una di unità nazionale, non c’è la minima possibilità di avere un premier come Draghi.

Quindi se partiamo dall’assunto che per salvare l’Italia dalla crisi economica post-virus servirebbero una personalità come quella dell’ex Presidente della BCE e una politica come quella indicata (vedasi in altro articolo i 10 punti di Draghi) c’è una sola strada davanti a noi: mandare a casa questo Parlamento e tenere nuove elezioni. L’obiezione è scontata. Non c’è nessuna garanzia che votando si avrebbe un quadro politico diverso. Perfettamente vero. Ma qui la speranza è che la crisi del coronavirus faccia entrare in campo fattori nuovi e diversi: la consapevolezza che uno non vale uno e che al governo ci vogliono persone competenti, la convinzione che le forze politiche affini devono stare insieme al di là del protagonismo di capi e capetti, la necessità di avere candidature di persone di valore, l’indispensabilità di un forte impegno personale di tutti.

Se poi nemmeno la lezione coronavirus è servita e se l’elettorato preferisce ancora i venditori di fumo, allora sia quel che sia.

Anche se grilli parlanti, avremo almeno la soddisfazione di aver fatto tutto il possibile.

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Info Giancarlo Magni

Giancarlo Magni, giornalista professionista, ha seguito per anni, a Roma, la vita politico-parlamentare. Ha lavorato nella carta stampata, nelle radio e nelle TV. In RAI è’ stato vice-caporedattore del TGR della Toscana. Dal 2012 al 2017 è stato Vice-Presidente del Comitato Regionale per le Comunicazioni della Regione Toscana. Fa parte del Comitato Direttivo della Fondazione "F. Turati", una Onlus che gestisce Centri di Riabilitazione, Rsa e Centri per disabili. E' Presidente dell'ETS Raggio Verde che assiste minori e adulti affetti da autismo.

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