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Il tempo stringe, perché Draghi rappresenta certamente una felice parentesi. Ma è pur sempre una anomalia. Nel migliore dei casi nemmeno tra due anni si andrà a votare e non si vede all’orizzonte come gli stessi partiti che sono in crisi possano portarcene fuori.

Governo forte, partiti deboli

Il tempo stringe, perché Draghi rappresenta certamente una felice parentesi. Ma è pur sempre una anomalia. Nel migliore dei casi nemmeno tra due anni si andrà a votare e non si vede all’orizzonte come gli stessi partiti che sono in crisi possano portarcene fuori.

12 Settembre 2021 da Nicola Cariglia Lascia un commento

Ilvo Diamanti, su Repubblica, mentre infuriano le polemiche sull’obbligo delle vaccinazioni e sulla estensione del green pass, ci ha informato di come stanno le cose. Secondo quanto accertato da un sondaggio di Demos, otto  italiani su dieci sono favorevoli all’obbligo del vaccino e altrettanti al green pass. La rilevazione è importante perché ci offre due conferme. La prima è che non bisogna sopravvalutare e lasciarsi influenzare dalle manifestazioni contrarie ai vaccini ed al green pass inscenate da minoranze tanto chiassose quanto impotenti. La seconda è che viviamo un momento nel quale i partiti sono completamente isolati dagli elettori, dei quali non sanno cogliere i veri sentimenti. E se non lo fossero significherebbe che sono pavidi, che è anche peggio. Perché l’80% di favorevoli a vaccini e green pass, significa che lo sono in grandissima parte, anche gli elettori di partiti come la Lega, Cinque Stelle, Fratelli d’Italia, PD nei quali molti dirigenti di rilievo si ingegnano a seminare ostacoli lungo la strada dei vaccini e dei green pass.

Tutto ciò mette ancora più in risalto il paradosso della nostra democrazia: abbiamo un governo forte, ma partiti debolissimi. Tanto che proprio lo stato dei nostri partiti è la causa principale della crisi della nostra democrazia. Anche a non essere inclini al complottismo, viene davvero da pensare che essi siano stati scientificamente distrutti con l’operazione “mani pulite” che decapitò soltanto le forze che avevano governato per quasi mezzo secolo e che, dunque, annoveravano tra le loro file gran parte della classe dirigente del Paese. Rivangare sul passato sarà compito degli storici. Ma è compito della politica porre riparo al più presto a questa anomalia. Il punto di partenza irrinunciabile è noto: ovvero ripristinare la democrazia interna attraverso regole chiare e trasparenti che consentano il formarsi di classi dirigenti e la circolazione delle idee e delle proposte alle quali attingere se chiamati al governo o per farne utile termine di confronto se chiamati all’opposizione.

Il tempo stringe, perché Draghi rappresenta certamente una felice parentesi. Ma è pur sempre una anomalia. Nel migliore dei casi nemmeno tra due anni si andrà a votare e non si vede all’orizzonte come gli stessi partiti che sono in crisi possano portarcene fuori. O, quanto meno, ripristinare una corretta democrazia parlamentare, senza quegli strappi alla Costituzione che negli ultimi trenta anni sono stati compiuti e accettati in nome dello stato di necessità. La prospettiva, purtroppo, è che si ripeta ancora una volta il vecchio canovaccio: gigantismo del ruolo del presidente della repubblica e del governo e irrilevanza del parlamento. Aggiungiamoci che la riduzione del numero di deputati e senatori li porterà a serrare i ranghi per autoconservarsi e dunque non potremo contare nemmeno su un minimo di ricambio. E che ci sarà da realizzare gran parte degli investimenti previsti dal PNRR. In politica i miracoli possono avvenire. A volte.

 

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