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Gli Stati Generali delle Corporazioni

Il ruolo del Parlamento viene da tempo costantemente e con metodo ignorato (qualcuno direbbe negato) dal Presidente Conte. Stiamo assistendo alla riedizione della Camera se non dei fasci certo delle corporazioni. E’ un disegno inquietante.

20 Giugno 2020 da Pepito Sbazzeguti Lascia un commento

È buona creanza in genere ammettere il beneficio del dubbio, anche se in qualche caso specifico non pare ci siano le condizioni. Questo è uno di quei casi.

Parliamo degli Stati Generali dell’Economia indetti a sorpresa dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ancora in corso di svolgimento.
Il dubbio è il seguente: era inconsapevole l’ideatore di questa kermesse o non lo era nel prefigurare una riedizione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni di mussoliniana memoria?
Nel primo caso, dovremmo riflettere attentamente sull’attentato al sistema democratico parlamentare realizzato con tale iniziativa.
Nel secondo caso, dovremmo solo parlare di ignoranza storica. I segnali di questo fenomeno (anche di ignoranza geografica), i nostri governanti ne forniscono spesso e volentieri.
Eppure…
Eppure, il ruolo del Parlamento viene da tempo costantemente e con metodo ignorato (qualcuno direbbe negato) dal Presidente Conte che preferisce proclami televisivi, conferenze stampa in stile Eliseo, Casa Bianca o Downing Street, kermesse a porte chiuse al democratico e costituzionale confronto parlamentare.

Ecco, allora, che l’iniziativa degli Stati Generali dell’Economia ricordano nella loro formulazione e nel loro svolgimento proprio quell’istituzione pre-repubblicana, voluta da Benito Mussolini alla vigilia della seconda Guerra Mondiale, nel 1939, e che costituiva un simulacro di organo legislativo poiché svuotato di fatto di ogni potere e funzione effettiva dalla produzione normativa per decreti della Presidenza del Consiglio.

La nostra Costituzione conserva traccia del tentativo e della volontà di coinvolgere i soggetti interessati nella formulazione di politiche economiche e sociali nel CNEL (Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro), la cui funzione peraltro non si è mai manifestata e di cui è ormai ampiamente riconosciuta l’inutilità tanto da ritenersi doverosa e non solo opportuna l’abolizione.

La sede deputata per definire e decidere le politiche in materia di economia è il Parlamento che ha strumenti idonei, conoscitivi e deliberativi, per farlo come conseguenza di un processo di confronto democratico, trasparente e, se ben gestito, anche efficace.

Ogni tentativo per ignorarne la funzione storica e costituzionale del Parlamento e sostituirla con procedimenti o iniziative direttive o di mera rappresentazione mediatica ha il sapore di vecchie memorie, che ciò sia consapevole o frutto dell’ignoranza.

Ne facciamo una questione di metodo e una di sostanza.

La questione di metodo: gli incontri avvengono a porte chiuse (solo qualche ripresa televisiva e qualche foto per la cronaca), nulla si sa di quel che viene detto se non per le sintesi per la stampa elargite dal portavoce presidenziale.

La questione di sostanza: il “dialogo” diretto, punto a punto si direbbe, tra Governo e attori sociali, privo di interazioni strategiche tra gli stessi attori, ha un precedente inquietante.

Nella cultura politica fascista il conflitto di classe, in particolare il conflitto capitale/lavoro, non aveva ragione di esistere e pertanto i vari attori del sistema economico e sociale, le Corporazioni interclassiste, appunto, avevano il dovere di collaborare per la tenuta del sistema medesimo.

Se si vuole riesumare la Camera delle Corporazioni (lasciamo pure stare i Fasci, al momento) lo si dica. Altrimenti si torni in Parlamento e si lavori per ricostruirne la centralità che è fondamento di ogni sistema politico democratico.

Ma il PD non ha proprio niente da dire?

(questo articolo è stato ripreso dal sito http://www.ilmigliorista.eu con il consenso dell’amministratore del sito)

 

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