Uno spazio aperto al confronto, civile e concreto, e un’occasione di riflessione. Per restare ancorati alla realtà, senza rinunciare agli ideali, per rifiutare le posizioni ideologiche, per riaffermare i valori democratici.
Germania, semaforo rotto
Dopo le elezioni in Assia e Baviera, forti difficoltà per la coalizione "semaforo" che governa la Germania. Articolo ripreso da: https://katercollettive.com
Le elezioni in Assia e Baviera, tenutesi lo scorso 8 ottobre, sono state molto più che meri test “regionali”.
E ciò non solo per la dimensione dei due Stati, che insieme assommano quasi un quarto dell’intera popolazione tedesca e quindi danno un’idea più che significativa dei suoi sommovimenti. Ma anche perché queste elezioni sono state caricate da più attori del significato di “elezioni di medio termine”, con la precisa intenzione di incidere non tanto e non solo nei due Länder in questione, ma anche e forse soprattutto all’indirizzo del governo centrale guidato da Olaf Scholz.
Tra questi “attori” il più significativo sono stati senz’altro gli elettori stessi: secondo la demoscopia, tanto in Assia quanto in Baviera la maggioranza assoluta dei votanti ha dichiarato di voler utilizzare queste elezioni per “mandare un segnale” a Berlino, un valore certo più alto fra gli elettori di partiti d’opposizione, ma presente e vistoso anche fra chi sostiene il governo Scholz.
Partiamo però dai risultati concreti in Baviera. Qui ha vinto chiaramente la democristiana CSU (37,0%), mentre sono arrivati secondi i civici dei Freie Wähler con un vero e proprio boom (15,8%, +4,2% rispetto al 2018), trainato dalla controversa ma popolarissima figura del leader locale Hubert Aiwanger. Le polemiche degli ultimi mesi, culminate nella scoperta – da parte del quotidiano Süddeutsche Zeitung – che nella cartella di scuola di Aiwanger diciassettenne fu trovato uno scandaloso volantino di tono nazista, non solo non hanno scalfito la popolarità dell’interessato, ma anzi le hanno dato un impulso ulteriore e decisivo. La crescita dei Freie Wähler è però seconda a quella della destra di AfD, che conquista il terzo posto (14,6%, +4,4%). Quarti arrivano i secondi di cinque anni fa, ossia i Verdi, che con un buon 14,4% sì si difendono bene (e forse meglio del previsto), ma al contempo perdono elettori più di chiunque altro (-3,2%). Una catastrofe invece per gli altri due partiti della coalizione “semaforo” rosso-giallo-verde, ovvero i socialdemocratici della SPD, che scendono un ulteriore scalino e arrivano al minimo storico di 8,4% (-1,3% rispetto al 2018), e dei liberali di FDP, che escono dal Parlamento bavarese con un risultato magrissimo del 3% (-2,1% rispetto a cinque anni). I risultati in Assia, con la netta vittoria della CDU e del Primo ministro Boris Rhein ed il secondo posto di AfD, sono già stati ottimamente ricapitolati da Edoardo Toniolatti, a cui si rimanda.
Risultati delle elezioni in Baviera dell’8 ottobre 2023, fonte: Bayerischer Landeswahlleiter.
Al di là dei crudi dati, è guardando ad alcune tendenze un po’ più nel dettaglio che si può intuire perché queste elezioni in Assia e Baviera abbiano un potenziale notevole per cambiamenti di rotta a Berlino e, di riflesso, forse financo in Europa.
L’Union democristiana vince e perde al tempo stesso. Da tempo ormai in Europa i partiti che un tempo si sarebbero detti “di massa” hanno vita dura, perché alla prova dei fatti appare sempre più difficile conciliare in una sola forza politica tendenze ed interessi fra loro diversi. In una società liquida, frammentata e con punti di riferimento ed incontro variamente vacillanti i partiti (già) di massa ancora superstiti sono fra i pochi attori sul campo a conservare l’ambizione di interiorizzare i conflitti sociali e politici, cercando di dar loro una soluzione ampia e capace di parlare ad una maggioranza, anziché esplicitarli nella durezza e nella alternatività delle rispettive posizioni. Un partito che, poniamo, riesca a tenere assieme tanto la professoressa universitaria quanto l’artigiano ha sulla carta senz’altro più chances di elaborare per la tematica delle migrazioni una risposta che renda conto della complessità del fenomeno, degli interessi e delle differenti sensibilità ed emozioni, senza scaricare l’arduo compito della composizione dei diversi interessi ai parlamenti ed alle coalizioni di governo. Quando questo non accade, o accade sempre meno, va da sé che i parlamenti diventino luoghi di scontro aspro e le coalizioni di governo luoghi di perenne lite. Da liti e scontri si può certamente uscire, anche con soluzioni brillanti magari, ma è impossibile negare che sia un’impresa difficile ed alla quale molti non sono neppure abituati. Perché è evidente che molti fra gli elettori si auspichino partiti che la pensino come loro nel modo più aderente possibile e parlamenti e coalizioni che lavorino con concordia e celerità. Una contraddizione in termini, ovviamente. La CSU bavarese è uno dei pochi partiti di massa superstiti in Europa. Anche il risultato di domenica scorsa, un solido 37% che per la storia del partito è il peggiore dal 1950, senza dubbio viene guardato con invidia da tanti nel continente. Il problema (della CSU e per la democrazia in Germania in generale) è la CSU riesce sempre meno ad essere davvero “di massa”, a comporre cioè in sé interessi diversi, attutendo le difficoltà che il processo democratico cela ed in un certo modo impone. Lo testimonia ad esempio questo grafico sui flussi elettorali.
Flussi elettorali da e per la CSU in Baviera. Fonte: ARD.
Il risultato 2023 della CSU, pressoché identico a quello del 2018 nella somma, dimostra che la CSU vince e perde al tempo stesso. Una vittoria sì, ma con amplissime ombre. Il partitone bavarese riesce con successo ad attrarre una quota importante, possiamo anche dire imponente di elettori della Ampel, in primo luogo ex elettori dei Verdi, e anche diversi dal non-voto, ma contemporaneamente perde in altrettanta misura voti alla sua destra, a favore di Freie Wähler ed AfD. E anche in Assia la democristiana CDU riesce a guadagnare da tutti, in particolare da delusi della Ampel e persino dall’angolo più a sinistra dello spettro politico, ma perde a favore della destra di AfD.
Flussi elettorali da e per la CDU in Assia. AfD è l’unico partito verso cui la CDU perde consensi anziché migliorarli. Fonte: ARD.
Di fronte al populismo, quello civico e “dal basso” dei Freie Wähler o quello apertamente reazionario della AfD, la CSU e neppure una vittoriosa CDU riescono a trattenere i propri elettori o addirittura a guadagnarne. Così il populismo – di colori e da prospettive differenti – erode e travolge anche in Germania la storia e la geografia politiche consolidate da decenni se non secoli. Una constatazione che il compianto Giorgio Napolitano fece per l’Italia del 2018, in apertura della XVIII legislatura repubblicana, e che ora si dimostra vera anche a nord delle Alpi. Di fronte a questa forza erosiva e travolgente i partiti tradizionali non riescono ad opporre un granché. E ben si badi dal cadere nella fin troppo facile tentazione – diffusa nella sinistra tedesca – di dire che debbano essere specialmente i partiti di centro-destra, quindi CDU e CSU, a mettere a freno il populismo ed AfD in particolare. Primo perché è ovvio che un’impresa politica di questa portata non possa essere compito solamente di qualcuno, ma semmai di tutti. E secondo perché i consensi di AfD non vengono certo solamente da destra o centro-destra, bensì in misura determinante anche da elettori delusi da partiti di sinistra e centro-sinistra. Come i dati freschissimi di Assia e Baviera dimostrano.
In Baviera circa 80.000 elettori hanno lasciato la CSU per AfD, ma altrettanti hanno fatto lo stesso dai partiti della coalizione-semaforo, i quali sommati hanno nel Land un consenso molto inferiore a quello della CSU e quindi hanno perso in misura proporzionalmente maggiore a favore della destra reazionaria. Fonte: ARD.
In Assia il flusso più significativo a vantaggio di AfD, dopo quello dal non-voto, è stato da ex elettori della Socialdemocrazia. Fonte: ARD.
Ma cosa motiva così tante persone a rivolgersi alla destra reazionaria di AfD, portandola ad essere nei sondaggi il secondo partito di Germania e nelle urne, quelle vere, il secondo partito d’Assia ed il terzo in Baviera?
Risparmiandoci per questa volta i grafici – perché i risultati son pressoché identici in ogni Land – la risposta è molto concreta: una stragrande maggioranza di persone è perfettamente consapevole che AfD sia un partito di destra estremista, ma lo ritiene comunque utile affinché il governo federale e quelli dei Länder cambino il loro corso in materia di migrazione. È questo uno dei temi che ha motivato al voto oltre il 90% degli elettori di AfD tanto in Assia ed in Baviera ora quanto nel recente passato anche in altri Bundesländer. Quanto più questo flusso di elettori, questo fiume in piena s’ingrossa, tanto più si alza la pressione nella politica tedesca perché su migrazioni ed asilo si cambi rotta. La domanda che sempre più fortemente emerge è: se AfD raggiunge un impressionante 18% nell’occidentalissima Assia, quanto prenderà nei tre Länder dell’Est dove si voterà l’anno prossimo e da tempo è data da tutti i sondaggi intorno al 30%? E dove già ora il leader più estremo di AfD, Björn Höcke, accarezza la soglia del 33% in grado di garantire al suo partito nei parlamenti dei Länder una “minoranza di blocco”, ovvero le leve per tenere in scacco i regolamenti parlamentari o le elezioni dei giudici costituzionali e di pressoché tutti gli organi istituzionali indipendenti.
Se la politica berlinese vorrà sgonfiare questo fiume in piena, la strada passa inevitabilmente da un cambio di rotta su migrazione e asilo. Che chi voti a AfD si auspichi politiche più restrittive su questo tema è evidente. Non meno chiaro è anche che la somma di tutti gli elettori che, con gradazioni ed intensità diverse, vogliono una politica migratoria meno liberale e più selettiva ormai raggiunge la maggioranza del corpo elettorale. E questo in tutti i Länder dove via via si vota.
Non è dunque un caso che la sera del voto, commentando a caldo i risultati, il Primo ministro bavarese Markus Söder abbia citato il caso dei Republikaner, partito di destra estrema tedesco degli anni Ottanta, con un ovvio e voluto accostamento fra gli estremisti di allora e gli “alternativi” d’oggi. Ciò che Söder non ha detto, ma inteso far capire: dopo il successo dei Republikaner alle elezioni europee del 1989 (7,1% nell’allora Germania Ovest) ed a quelle in Baden-Württemberg del 1992 (10,9%) le forze politiche di tutto l’arco costituzionale (l’allora governo di Helmut Kohl insieme alla SPD ed ai Bundesländer d’ogni colore) si misero d’accordo per una svolta più restrittiva, ma non inumana né antidemocratica, nella politica migratoria e dell’asilo, riuscendo così a togliere acqua al mulino degli estremisti, che di lì a pochissimo si sgonfiarono, scomparendo pressoché del tutto.
Il ragionamento della CDU e della CSU è dunque chiaro. Ed è un appello al governo Scholz: facciamo come nel 1993 con un compromesso di tutte le forze democratiche che dia una nuova direzione, più selettiva, alle politiche su migrazioni ed asilo, così dimostrando unità e capacità di azione di tutto l’arco costituzionale e togliendo di mezzo il principale catalizzatore di consensi per la destra estrema, facendo così un servizio alla democrazia ed ai suoi attori. Questo appello sembra suonare bene, ma i problemi della realtà sono fondamentalmente due: il fatto che CDU e CSU diversamente dal 1993 oggi non siano al governo nazionale, ma all’opposizione (e quindi possono sì proporre, ma non certo dettare l’agenda), e quello che al governo ci siano i Verdi, i quali si caratterizzano quasi costitutivamente per la richiesta di politiche migratorie ancora più liberali e meno restrittive. È dunque l’offerta di CDU e CSU una mela avvelenata, tesa a portare ulteriore conflitto nella già di suo litigiosissima coalizione a tre fra Verdi, Socialdemocratici e Liberali? O è un’offerta seria, volta a salvare e salvarsi da una svolta estremista che, se arrivasse al potere nei Länder orientali, potrebbe segnare un punto di non ritorno per la cultura politica tedesca? Sarà possibile un compromesso sulla migrazione in grado di togliere acqua ai mulini di AfD con i Verdi o solo uno contro i Verdi? O vedrà piuttosto la luce l’ennesimo compromesso al ribasso, in cui tutti perdono qualcosa senza che nessuno (tranne AfD) vinca davvero? Ai prossimi mesi l’ardua sentenza.
(questo articolo, con autorizzazione del blog, è ripreso da Kater – https://katercollettive.com)
Lascia un commento