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Miti e realtà del colosso cinese. Il PIL pro-capite dimostra che il Paese resta povero. La disuguaglianza è come quella degli USA e dell’India.  Il regime distrae il popolo con la retorica del “nemico esterno”. Ma il basso tenore di vita di tanti può diventare un problema.

Dietro il PIL della Cina

Miti e realtà del colosso cinese. Il PIL pro-capite dimostra che il Paese resta povero. La disuguaglianza è come quella degli USA e dell’India.  Il regime distrae il popolo con la retorica del “nemico esterno”. Ma il basso tenore di vita di tanti può diventare un problema.

7 Giugno 2021 da Luciano Pallini Lascia un commento

Tante analisi dedicate alla Cina tendono a concentrare la loro attenzione sul PIL totale piuttosto che sul PIL pro-capite, una scelta  che non è neutra perché dai due indicatori vengono restituite due immagini assai  diverse dell’attuale situazione economica e politica della Cina:  un recente articolo sul tema, per dire,  ha contato oltre 20.000 articoli dedicati al PIL totale mentre poco più di 1.000 hanno concentrato l’analisi sul pil pro-capite.

PIL totale o pro capite: due immagini diverse

Nel 2019, il PIL totale della Cina, al cambio di mercato, è stato di $ 14 trilioni (miliardi di miliardi) ed è  il secondo più grande del mondo, dopo quello degli Stati Uniti ($ 21 trilioni),mentre il Giappone con $ 5 trilioni si colloca al  terzo posto. Ovviamente il PIL totale esprime  le risorse totali, e quindi  la base imponibile, a disposizione di un governo, in grado di influenzare la massa delle risorse disponibili per gli investimenti pubblici cinesi, così come per il  suo programma spaziale o per rafforzare la capacità militare. Tuttavia il valore totale, aggregato ha una influenza minore sulle condizioni della vita quotidiana dei cinesi: sono gli economisti a dedicare maggiore attenzione al PIL pro capite della Cina e quel che ne concludono è che la Cina rimane un paese povero, nonostante che la sua economia abbia avuto una eccezionale crescita negli ultimi quaranta anni.“Il PIL pro capite della Cina nel 2019 è stato di $ 8.242, posizionandosi tra il Montenegro ($ 8.591) e il Botswana ($ 8.093). Il suo PIL pro capite in termini di parità di potere d’acquisto (PPA), per tenere conto del costo della vita, era di $ 16.800:  questo lo colloca al di sotto della media globale di $ 17.811,  all’86 ° posto nel mondo, tra Suriname ($ 17.256) e Bosnia ed Erzegovina ($ 16.289). Al contrario, il PIL pro capite in termini di PPA negli Stati Uniti e nell’Unione Europea è rispettivamente di $ 65.298 e $ 47.828” [1]

La povertà in Cina

Ma, direte voi, in un regime comunista la povertà misurata da questi dati troverà una qualche consolazione in una maggiore equità nella  distribuzione del reddito: l’attuale livello di disuguaglianza di reddito della Cina (misurato dal coefficiente di Gini) è in linea con quello degli USA e dell’India. Questa disuguaglianza comporta che, su una popolazione di 1,4 miliardi di persone, ci siano ancora centinaia di milioni di cinesi in condizioni di povertà. Lo stesso governo cinese ha dichiarato che 600 milioni di persone hanno un reddito mensile di appena CN ¥ 1.000 ($ 155), equivalente a un reddito annuo di $ 1.860:  il 75,6%  di queste vive nelle zone rurali.Per uscire dal gruppo dei paesi più poveri del mondo La Cina deve aumentare i redditi di una popolazione che ha dimensioni analoghe a quelle dell’Africa subsahariana e che riceve  un reddito medio dello stesso livello,  attorno ai 1.657 dollari. È un obiettivo essenziale se il governo se vuole mantenere il sostegno popolare: a parità di condizioni, servirà almeno un’altra generazione per centrare l’obiettivo. L’imperialismo cinese Ma come è ben noto il sostegno ai governi può aumentare anche a prescindere dalla crescita economica: il governo cinese, ad esempio, fa ampio ricorso al sistema del nemico esterno da respingere o alla sua capacità di gestire eventi eccezionali, dai terremoti alla pandemia COVID-19 (anche se Ai Wei Wei per il terremoto ed il medico eroe di Wuhan raccontano storie diverse). Più di recente il governo agita  sia i successi nella esplorazione spaziale che  la bandiera delle controversie territoriali nel Mar Cinese Meridionale e lungo il confine tra Cina e India.  Come hanno risposto a queste iniziative gli occidentali?  Gli Stati Uniti stanno intensificando la loro presenza militare nel Mar Cinese Meridionale anche attraverso il  Quad (Quadrilateral Security Dialogue) che lega USA, Giappone, India e Australia  in funzione di  contrappeso alle azioni sempre più aggressive della Cina in tutta la regione rafforzando il sostegno all’autogoverno di Taiwan, che Pechino rivendica come suo territorio sovrano.La Cina deve anche affrontare la minaccia di sanzioni economiche e un boicottaggio delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 a causa delle preoccupazioni occidentali relative ai diritti umani, come nel caso degli Uiguri, o dei diritti di libertà e democrazia a Hong Kong.La Cina si rifiuta poi di contribuire a fare chiarezza sulle origini della pandemia da COVID- 19, se causato da errore di laboratorio o, come qualcuno suggerisce senza tuttavia portare prove, primo atto di guerra batteriologica globale, condotto per testare la capacità di risposta dell’Occidente. Tra contenimento e sanzioni E’ improbabile che sanzioni, boicottaggi e pressioni militari raggiungano gli obiettivi prefissati: ad esempio la Russia – nonostante le subite sanzioni economiche occidentali dal 2014  e contro la quale  l’amministrazione  Biden ha recentemente annunciato ulteriori misure punitive -ha persistito nella sua politica di occupazione nella regione del Donbas, nell’Ucraina orientale. Analogamente i boicottaggi delle Olimpiadi di Mosca del 1980 e dei Giochi di Los Angeles del 1984 hanno avuto scarso effetto su entrambe le parti durante la Guerra Fredda.La minaccia di risposta militare spesso provoca un contraccolpo politico nel paese preso di mira e rafforza il sostegno al  governo Questo contraccolpo si percepisce facilmente in Cina al giorno d’oggi. Molti cinesi pensano che l’Occidente stia cercando di riaffermare il proprio dominio politico e avvertono i ricordi del colonialismo e della seconda guerra mondiale (dimenticando la politica neocoloniale che la Cina sta attuando oggi  nei confronti dei paesi dell’Africa subsahariana.). Ma non sono solo i paesi occidentali a temere le azioni della Cina: della sua  volontà di potenza hanno timore paesi come il Vietnam e l’Indonesia.  Queste reazioni emotive servono al regime a distrarre l’attenzione dei propri cittadini da importanti questioni interne, in primis la necessità di aumentare i redditi. I poveri della Cina, la maggior parte dei quali probabilmente si preoccupano poco delle controversie di confine o degli eventi sportivi internazionali, sopporteranno il peso maggiore di eventuali danni collaterali.Per impegnarsi efficacemente al contenimento della Cina, altri paesi dovrebbero essere consapevoli   che, contrariamente alle prime impressioni, questa non è un monolite economico: dietro il secondo PIL totale  più alto del mondo,   ci sono centinaia di milioni di persone che vogliono semplicemente smettere di essere povere, aumentando il loro pil pro-capite. A questa domanda il regime è in grado di dare risposte? Il potere politico nelle mani di Xi Jinping  è senza crepe?

(1) N. Qian The Two Sides al Chinese GDP, Project Syndacate Apr 30, 2021

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Info Luciano Pallini

Laureato in Economia e commercio all’università di Firenze con il massimo dei voti e la lode, Luciano Pallini è stato dal 1970 al 1975 responsabile dell’Ufficio studi del Comune di Pistoia. Qui, dal 1975 al 1988, ha ricoperto diverse cariche elettive. Già componente del consiglio di amministrazione dell’Irpet e della S.a.t. “Galileo Galilei” di Pisa, svolge da trent'anni attività di consulenza alle imprese e di ricerca economica. Attualmente svolge attività di coordinamento del Centro studi Ance Toscana e del Centro studi della Fondazione Filippo Turati. Presiede inoltre l’associazione E.s.t. (Economia società territorio) con la quale realizza progetti di sviluppo basati sulle risorse locali, in particolare i beni culturali.

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