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Dibattito aperto sul clima

Gli scienziati sono divisi sull’attribuzione all’uomo dei cambiamenti climatici, anche se la maggioranza sembra orientata favorevolmente. Ma le valutazioni del prof. Prodi pongono riflessioni serie sia per la necessità di adeguarsi a cambiamenti che sono oggettivi sia per il consumo del territorio.

5 Novembre 2020 da Mauro Grassi Lascia un commento

Bella l’intervista di Luciano Pallini a Franco Prodi uno scienziato metereologo che parla di “cambiamenti climatici”. Ne ha diritto e competenza. Bella ma impossibile si potrebbe dire. Perché in un linguaggio non sempre comprensibile a noi profani, ribalta l’interpretazione “main stream” sul riscaldamento della terra. Intendiamoci, non con il negazionismo cialtrone di chi dice che in effetti non c’è questo fenomeno. Quanto in quello più profondo che ne nega, di fatto, la natura antropica. Sì, forse l’uomo con l’immissione di anidride carbonica nell’aria in maniera eccessiva può aver favorito il cambiamento climatico. Ma solo in parte e, forse, anche molto piccola. È interessante l’affermazione, buttata lì di passaggio, che nella storia della terra l’aumento di anidride carbonica è venuto sempre dopo il cambiamento di clima e non viceversa. Non è una affermazione da poco. Ma diciamo che, per quanto riguarda il dibattito scientifico, mi fermo qui. L’amico Mario Tozzi mi ha sempre detto che chi nega il cambiamento climatico per causa antropica è una sparuta minoranza di scienziati nel mondo. E che nella letteratura scientifica c’è quasi unanimità su questa interpretazione. E allora?

Per noi cittadini, interessati alla politica è un bel dilemma. Anche perché scienziati come Franco Prodi non sono le macchiette negazioniste che girano i “teatrini social” del mondo. In cerca di notorietà. Ma rappresentano studiosi seri e competenti nella loro materia. Una materia molto complessa come la meteorologia, che ha certamente necessita di forti approfondimenti, data la natura molto casuale e multivariata dei fenomeni studiati, ma che sembrava per molti di noi che seguono gli esiti del dibattito scientifico, approdata negli ultimi anni ad una qualche certezza.

I programmi che prevedono impegni ingenti per la mitigazione “dell’effetto serra” discendono dall’aver preso sul serio queste certezze.

La valutazione del professor Prodi, mi pare di capire, ci indirizza invece su altre priorità. La prima, connessa al cambiamento climatico ma non alla sua origine, ci spinge a spendere risorse e ricerca sui temi dell’adattamento. Il cambiamento climatico c’è. Non impegniamoci inutilmente a fermarlo, visto che il nostro contributo non è rilevante, ma piuttosto interveniamo con investimenti per adattarci a quello che verrà. In questa ottica il tema dell’acqua, della siccità e delle alluvioni appare come uno dei temi centrali.

La seconda priorità è quella di smettere di distruggere il territorio e l’ambiente, di consumare in maniera imprevidente le risorse naturali non rinnovabili e di inquinare terre, fiumi, mari e aria come se il mondo fosse una pattumiera a cielo aperto.

Queste due priorità sono ritenute importanti anche per quanti credono alla natura antropica del cambiamento climatico. Solo che si aggiungono, ovviamente in maniera subordinata, a tutti gli interventi di decarbonizzazione e di cattura della C02 nella nostra atmosfera. L’obiettivo primario è quello di attaccare la concentrazione di CO2 non espandendone di nuova e togliendo in qualche modo quella esistente.

La lettura che dà il professor Prodi del fenomeno è certamente in linea con l’approccio al problema di capi di Stato come Trump e, in parte, anche Xi Jin Ping. Molto restii a cambiare abitudini e metodi di produzione e consumo energetico per far posto ad una decarbonizzazione tempestiva e diffusa nell’intero mondo. Ma so di certo che non è possibile valutare una impostazione scientifica dal successo che nutre fra capi di Stato né simpatici, né democratici e né ambientalisti. E quindi non resta che nutrire, laicamente, il dubbio. Stare con Tozzi o con Prodi? Non sono uno scienziato e quindi non ho strumenti per definire la mia posizione. Posso solo dire che il tema trattato è troppo importante per lasciare ombre di dubbio. Non tanto sull’interpretazione del fenomeno. La scienza non è “esatta” si sa. Quanto sulla “non volontà” di discutere e approfondire le diverse posizioni. In fondo anche uno scienziato come Einstein non credeva alla fisica quantistica. È celebre la sua battuta “Dio non gioca a dadi con l’universo”. Ma poi la scienza scoprì che “talvolta lo fa”.

Ecco vorremmo sperare che anche sul tema del cambiamento climatico continui la ricerca e continui con essa la voglia di scoprire problemi e cure tenendo lontani anatemi e ideologie. Che non servono a niente. Se non a coltivare una discussione senza senso fra negazionisti e realisti. Utile solo a nutrire di nullità i talk show.

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Info Mauro Grassi

Mauro Grassi. Nato e residente a Firenze 68 anni. Laureato in statistica e in economia a pieni voti. E' stato Direttore di ricerca all'Irpet (Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana) fino al 2000. Quindi Direttore Generale della Regione Toscana fino al 2011. Dopo una breve esperienza di Assessore all'Ambiente e all'Urbanistica al Comune di Livorno ha svolto dal 2013 incarichi di direzione presso il Ministero delle Infrastrutture e la Presidenza del Consiglio (Direttore di #Italiasicura). Attualmente svolge attività di Consulenza in campo ambientale.

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